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Golf, senza Tiger il British Open si apre sotto il segno di Rory Mcllroy, l’irlandese terribile

di Maria Teresa Scorzoni – Il British Open, che si apre oggi al Royal St. George’s di Sandwich, è l’unico Major golfistico che si gioca in Europa: senza il mitico Tiger (il più forte giocatore di tutti i tempi) può sancire il declino del golf americano rispetto alla crescente forza del Vecchio continente – Gli scommettitori puntano su McIlroy e su Garcia

Golf, senza Tiger il British Open si apre sotto il segno di Rory Mcllroy, l’irlandese terribile

La guerra Europa-Usa non si gioca solo in Borsa, sulla speculazione monetaria o petrolifera, ma anche sui campi da golf dove gli Stati Uniti, dopo una trentina d’anni di dominio, hanno perso la supremazia. Il terreno di confronto in questi giorni è l’Open Championship, il più importante torneo di golf al mondo, che si disputa (14-17 luglio) al Royal St. George’s di Sandwich, nel Kent e che vede in campo anche la tripletta italiana formata da Francesco Molinari, Edoardo Molinari e Matteo Manassero (18 anni).

Il British Open è l’unico Major golfistico che ha sede in Europa, visto che gli altri tre, il Master, l’Us Open e il Pga Championship, si disputano oltreoceano. All’appuntamento manca lo statunitense Tiger Woods, il più grande giocatore di tutti i tempi, lo sportivo più ricco del mondo, travolto nel 2009 da uno scandalo a luci rosse e letteralmente azzoppato a 36 anni da una serie di problemi al ginocchio sinistro, oltre che dal crollo della sua vita privata.

Il declino dell’impero americano, nel golf, coincide con la crisi di Tiger, un divo che trascina pubblico televisivo e tifosi di tutto il mondo, senza il quale le entrate crollano del 50% insieme agli share televisivi. Tiger in Inghilterra non c’è e comunque da due anni non vince, visto che nel ranking mondiale, dove ha svettato per 15 anni, è sceso al diciannovesimo posto. Oggi la classifica è trainata da ben quattro europei: l’inglese Luke Donald, 34 anni, numero uno al mondo da un paio di mesi; Lee Westood, inglese, 38 anni; Martin Kaymer, tedesco, 28 anni; Rory McIlroy, nordirlandese, 22 anni (gli italiani: Francesco Molinari è 22esimo, Manassero 29esimo, Edoardo Molinari, 35esimo). Solo al quinto posto troviamo l’americano Steve Stricker, 44 anni e al quinto il più famoso connazionale Phil Mickelson, the Lefty (gioca da mancino pur essendo destro), 41 anni. Gli Stati Uniti insomma arrancano e sfoggiano campioni di mezza età in quello che è uno sport praticato da 25 milioni di cittadini americani e nel quale sognano di conquistare una medaglia ai giochi olimpici. Si spera che la battuta d’arresto di Tiger sia provvisoria, intanto però la vecchia Europa e soprattutto la Gran Bretagna, patria originaria del golf, ha ripreso il sopravvento, mentre gli asiatici, ça va sans dire, sono in grande ascesa.

All’Open gli europei sono favoriti anche perché conoscono meglio i temibili links (come il Royal St.George’s), campi senza un albero, con bunker (buche di sabbia) profondissimi e un clima implacabile. Donald e Westood però, pur essendo dei fuoriclasse, pur dominando le classifiche, pur giocando in casa, hanno un handicap: non hanno mai vinto un Major. Così i bookmaker preferiscono loro l’irlandese McIlroy, il ragazzo con la faccia da Pierino la peste, che ha sbaragliato la concorrenza dominando poche settimane fa l’Us Open. McIlroy sembrava precipitato nell’abisso a inizio stagione quando, dopo aver capeggiato il Master per 54 buche, era entrato in confusione l’ultimo giorno per un banale errore, come un qualsiasi dilettante. Il golf è così: un gioco implacabile con chi ha paura di vincere. Per questo i Major sono così affascinanti, perché mettono il giocatore di fronte ai suoi fantasmi. McIloroy dalla lezione di Augusta poteva uscire con le ossa rotte e restare paralizzato da quel ricordo per un bel pezzo, invece ha reagito con la grinta di un grande campione e ha vinto il Major successivo, l’Us Open, segnando il record di 16 colpi sotto il par.

McIlroy all’Open Championship è il favorito e al botteghino viene pagato meno di tutti, seguito da Donald, Westood, Kaymer e, a sorpresa, non l’americano Stricker, come dovrebbe essere in base al ranking, ma lo spagnolo Sergio Garcia, el Niño, 31 anni, promessa mancata del golf spagnolo. Garcia è un fuoriclasse, ovviamente, ma non è mai riuscito a vincere un Major pur trovandosi a un passo da questo risultato. Si lasciò sfuggire l’occasione più importante proprio all’Open Championship del 2007, dove perse all’ultimo giro, lasciando spazio all’irlandese Padraig Harrington. È il putt (il colpo con cui si fa rotolare la pallina in buca) il punto debole di Garcia e senza putt non si vince. Tiger Woods ha portato a casa 14 Major pur sbagliando molti drive (il colpo lungo alla partenza), ma è sempre stato implacabile sui green (l’area verde con la bandierina). Sempre…fino a due anni fa. Nelle ultime apparizioni anche il regale Tiger sembrava incerto proprio quando era a un metro-un metro e mezzo dalla buca, in quel putt che è il vero confine fra il vincitore e il perdente. Sbagliando piccoli putt e non grandi drive sono spariti campioni del calibro di Nick Faldo e si sono diradate le vittorie del figiano Vijai Singh. Anche Francesco Molinari, perfetto come pochi altri nel gioco lungo, ha il suo punto debole nel putt.

Oggi il golf, all’appuntamento con il suo torneo più importante, vuole farsi intrigare da un nuovo divo e da una bella sfida. Si spera in McIlroy, si sogna un riscatto di Garcia, e per il futuro si scommette sul ritorno di Tiger. I bookmaker, quando il campione ha comunicato di non partecipare all’Open, erano pronti a resituire le puntate, eppure molti hanno preferito dirottarle su un nuovo azzardo: il suo prossimo ritorno in campo. Lui lo ha promesso e tutti ci vogliono credere, a partire da Jack Nicklaus (l’Orso d’oro), suo connazionale e predecessore, con un record imbattuto di 18 Major vinti in carriera. Per Nicklaus, il giovane McIlroy ne deve ancora mangiare di pappa, prima di poter dire di aver sostituito Tiger, nel cuore e sulla carta. E’ giusto così. Vale la pena di sperare, di puntare. Perché il declino dell’impero americano, anche nel golf, è un po’ il declino di tutto il sistema e visto che fino ad oggi ci siamo molto divertiti, vorremmo continuare. Anche in vista della Ryder Cup, la sfida ufficiale fra Europa e Usa sui campi da golf. L’Europa l’ultima volta ha vinto, ma la gara è tanto più bella quanto più l’avversario è temibile.

Il primo numnero di Golf People

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