Il golf italiano può innestare il turbo grazie alla Ryder Cup a Roma nel 2022: la Federazione punta infatti a triplicare gli iscritti entro sei anni, arrivando a quota 300mila praticanti. Sembra un obiettivo irrealizzabile, visto che il nostro paese non ha mai superato la soglia dei centomila (e ultimamente arretra), ma quando Franco Chimenti, presidente della Fig, si mette in testa qualcosa bisogna prenderlo sul serio. Nelle mani di questo docente di chimica farmaceutica di 76 anni infatti i miraggi diventano realtà e l’impossibile un fatto.
Raggiungere quota 300mila golfisti è un traguardo credibile, a patto che tutti i circoli e l’intero mondo del golf nostrano si mettano al lavoro. È questo, in sostanza, l’appello che Chimenti ha lanciato in occasione di un’assemblea straordinaria denominata “Gli Stati generali del Golf”, con i presidenti dei club, i consiglieri federali, i rappresentanti dei territori, i giocatori dilettanti e professionisti, uniti da un entusiasmo corale per il futuro di questo sport. “Con la Ryder noi vi abbiamo fornito materia prima squisita – dice Chimenti – ora voi dovete cucinare un gran piatto”. Fuor di metafora: dovete far decollare il golf nel nostro paese.
A sostenere finanziariamente i circoli ci sarà il Credito Sportivo, che dedicherà una sezione speciale al golf, mentre i club dovranno aumentare gli adepti con proposte promozionali e tirarsi a lucido per candidarsi a ospitare una delle prossime edizioni dell’Open d’Italia. La gara non sarà più la Cenerentola d’Europa, ma una delle più ricche del circuito.
Ottanta milioni di euro sono la sontuosa cifra di montepremi dei prossimi Open: 3 milioni nel 2016 e 7 milioni dal 2017 ogni anno, per 11 anni. Una montagna di denaro, che è stata parte della trattativa per ottenere la Ryder. Chimenti ha capito che questo azzardo ci avrebbe dato una spinta in più e si è giocato il tutto per tutto con Keith Pelley, presidente dell’European Tour, che vuole innalzare il campionato europeo a livello di quello americano e che, per farlo, ha bisogno di gare molto più ricche di quelle di oggi.
Un Open da 7 milioni di euro è il più corposo che si possa immaginare: “Ad Abu Dhabi – riferisce Chimenti – i più bravi del mondo, da Jordan Spieth a Rory McIlroy, parlavano solo dell’Italia”. L’open diventerà uno dei momenti clou di entrambi i tour, ma dovrà ottenere anche una data adeguata nel calendario agonistico, in modo da non sovrapporsi alle altre competizioni importanti. I grandi eventi di golf sono seguiti dai media di tutto il mondo, di conseguenza il territorio e il circolo ospitante ne beneficiano in termini turistici, ma devono anche mostrare un volto all’altezza delle aspettative.
Insomma i presupposti per un bellissimo futuro ci sono, ma anche i pericoli e le insidie non mancano, eppure se il golf italiano vuole diventare grande “questa è l’ultima spiaggia”, ammonisce Chimenti. Come una grande impresa in tempo di crisi la FIG ha scelto di investire e innovare, mentre la congiuntura avrebbe suggerito di chiudere bottega.
In questa scommessa hanno creduto Matteo Renzi e ben otto ministri, mentre la Sace ha offerto le garanzie milionarie richieste dai vertici della Ryder a copertura del reale svolgimento delle manifestazione e il Credito Sportivo ha messo quelle a copertura degli Open d’Italia. A pagare, per ora, non saranno i tesserati, visto che la quota resterà invariata almeno quest’anno. Settantacinque euro che, grazie al tesseramento libero, sono il biglietto d’ingresso in questo mondo, senza bisogno dell’intermediazione di un club.
Importante infine il capitolo comunicazione: una cinquantina sono le pagine che i quotidiani sportivi dovrebbero dedicare al golf quest’anno; 1300 le ore che Sky Sport riserverà alle Regioni.