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Golf, al via il primo Masters senza Tiger e l’Ike’s tree

Il golf è buono: è uno sport educativo, meritocratico, sano. Il golf è brutto: è un gioco umiliante, classista, esclusivo. Il golf è il Masters, il primo Major dell’anno, che comincia giovedì e finisce domenica, un torneo bellissimo, cattivo e difficile. 

Giocare all’Augusta National vuol dire misurarsi con i pregi e i difetti di questo sport: con la bellezza, la natura ribelle e al tempo stesso addomesticata, con il privilegio e il pregiudizio. Chi vi accede o è un golfista straordinario o è una persona molto ricca e potente. Seguire il Masters da spettatori è già una fortuna: in diretta, perché un biglietto è raro e costa moltissimo; in tv perché è l’unica occasione per dare un’occhiata oltre i cancelli di accesso.

L’edizione 2014 fra l’altro è più che mai caratterizzata da cose buone e cose cattive. 

Per gli italiani di buono ci sono Francesco Molinari e Matteo Manassero, sopravvissuti, come gli altri cento giocatori in campo, alla dura selezione di 18 criteri stabiliti per accedere a quest’appuntamento del Grande Slam. È positivo il fatto che gli esordienti siano 24, più di ogni altra edizione a partire dal1935. 

Poiché si tratta di un Open, è bello sapere che fra i dilettanti in campo c’è persino un 51enne: il nordamericano Michael McCoy, campione mid-amateur, numero 180 del World Amateur Golf Ranking. È una notizia che rinfranca e racconta quanto il golf possa essere generoso con chi lo ama e lo pratica a qualsiasi età. Nessun dilettante, così “anziano” ha mai passato il taglio, quindi facciamo tutti il tifo perché McCoy ce la faccia.

Fra le good news c’è il fatto che molti infortunati di questa stagione si sono rimessi in sesto: da Jason Day, che non gioca da settimane a causa di un problema a un pollice; a Hunther Mahan, bloccato dal mal di schiena; a Phil Mickelson, preda di uno stiramento muscolare. 

È un bene che, in palio, oltre al montepremi, ci sia anche la posizione di numero uno del mondo e che se la giochino in tre, due australiani e uno svedese: il numero due Adam Scott, campione Masters in carica, il numero tre Henrik Stenson e il numero quattro Jason Day. È un fatto positivo, perché aumenta la suspence e il carico di tensione sulle spalle di questi fuoriclasse. Bisogna anche sapere però che Tiger è numero uno per la settimana 678 e se i tre contendenti non andranno bene, resterà in sella pur non giocando. 

Di bello ci sono i fiori, le azalee, i pini, il verde, i ruscelli e i mille colori di Augusta, che sembra diffondere il suo profumo persino dalla tv. C’è il fascino di questo posto, disegnato nel ’34 da Allister MacKenzie e Robert Tyre Jones Jr e risistemato da Tom Fazio nel 2001, costruito per diventare un tempio del golf, l’unico che ospita lo stesso Major ogni anno. 

È una bella notizia sapere che il tempo sarà abbastanza buono, ma che ha piovuto molto nei giorni scorsi, così i green saranno crudeli e veloci, ma non killer assetati di bogey come è successo in qualche edizione.

Di fantastico ci sono Jack Nicklaus, Arnold Palmer e Gary Player che tirano il colpo d’inizio, grandi vecchi cui il golf deve molto della sua fama mondiale e la garetta sui par tre che va in scena oggi, dove si possono vedere mogli, fidanzate e bambini e speculare, per un po’ di gossip. 

Di buono, soprattutto per chi l’ha mangiata, c’è la cena offerta da Scott, come tradizione, che comprendeva aragoste direttamente dall’Australia e dolci della sua mamma. E poi la giacca verde, che forse è brutta, come ha scritto qualcuno, però diventa bella nel passaggio di consegne: perché qualsiasi cosa accada domenica sera Adam Scott, se non sarà lui stesso a vincere di nuovo, dovrà metterla sulle spalle di un altro Masters Champion. 

Di brutto allora non c’è niente?

Calma. C’è il fatto che i pochi biglietti che si trovano costano 900 dollari, anche se il prezzo è crollato per la mancanza di Tiger Woods, se no costerebbero più di mille dollari.

Tutti i paletti posti dal club: per esempio il fatto che per giocare ad Augusta bisogna essere invitati, se no non si entra. E poi ci sono poche donne socie e da poco tempo.  

Infine ci sono, anzi, non ci sono, due grandi assenti: Tiger Woods, convalescente dopo un’operazione alla schiena, che salta il Masters per la prima volta in vent’anni di carriera e l’“Ike’s tree”, il famoso pino centenario che interferiva con la buca 17 e che il presidente Eisenhower, frustrato dall’ostilità dei rami del “nemico”, voleva far tagliare. Il mitico albero, icona regale di tante foto, purtroppo è morto quest’inverno, vinto dal gelo. I paragoni fra i due assenti sono facili, ma si spera non profetici, perché Woods ce la metterà tutta per tornare in forma come prima. Le cassandre profetizzano che il campione dovrà saltare l’intera stagione 2014 e che non lo vedremo neppure in settembre, in Ryder Cup, benché il capitano Tom Watson abbia già pronta una Wilde Card per lui. I più ostili sostengono che la sua carriera finisce qui, insieme al sogno di raggiungere e superare il record di 18 major di Nicklaus. I suoi estimatori però scommettono su una sua ripresa sorprendente, sul fatto che tornerà di nuovo al top, come ha fatto lo scorso anno centrando una stagione straordinaria. Il primo a dire che ce la farà è lo stesso Jack: “sono ancora convinto che sarà lui a battere il mio record”.

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Il Masters intanto resta a guardare, bello, altero, cattivo. Una volta i giocatori potevano essere solo bianchi e i caddie solo di colore. Poi il pregiudizio è stato superato, ma solo Tiger Woods, ancora più orgoglioso e cattivo del Masters, lo ha completamente travolto. In questa occasione potrebbe aggiungere una cosa bella alla sua brutta assenza dal field: la sua presenza in tribuna ad applaudire gli amici-rivali, soprattutto quelli che sono pronti a fargli le scarpe. Questo è lo spirito del golf.

I favoriti sono Scott, Day, Rory McIlory.

La tv: Sky Sport 2, da stasera a partire dalle 21.

Categories: Sport
Tags: Golf