Il 30 agosto, in anticipo di 24 ore sulla tabella di marcia, gli Stati Uniti hanno completato il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Gli ultimi americani a lasciare il Paese sono stati l’ambasciatore Ross Wilson e il generale Chris Donahue. Si conclude così un’occupazione iniziata per stanare l’Isis all’indomani degli attentati dell’11 settembre e poi proseguita per vent’anni.
Il presidente Joe Biden ha annunciato che questa sera interverrà in televisione per spiegare come si è arrivati alla decisione di abbandonare l’Afghanistan nelle mani dei talebani. “Spiegherò al popolo americano – ha promesso – per quale motivo non ho prolungato la nostra presenza oltre il 31 agosto”.
A questo punto, i talebani hanno il controllo dell’aeroporto di Kabul e possono gestire a proprio piacimento il flusso degli espatri. Tuttavia, Biden ha detto di aspettarsi che il regime lasci partire chiunque voglia abbandonare il Paese: “La comunità internazionale si aspetta che i talebani mantengano le promesse – ha concluso il numero uno della Casa Bianca – Si sono impegnati a garantire un passaggio sicuro e il mondo rispetterà gli impegni”.
Intanto, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione in cui si chiede la protezione dei civili afghani e dell’aeroporto di Kabul. Un testo a dir poco debole, in cui – per la contrarietà di Cina e Russia, che alla fine si sono astenute – non è nemmeno menzionata la “zona sicura” proposta da Francia e Germania per garantire ai profughi di poter uscire in sicurezza dal Paese.
Le Nazioni Unite si limitano a ribadire “l’importanza di sostenere i diritti umani, compresi quelli delle donne”, e a chiedere ai talebani di rafforzare gli sforzi per fornire assistenza umanitaria, consentendo un’uscita “sicura” dall’Afghanistan. Buoni auspici, ma nessuna azione concreta.
“Revisioneremo i programmi di cooperazione per convogliare quante più risorse possibili verso gli aiuti umanitari, in particolare verso i Paesi bisognosi della regione”, ha detto il ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio, collegato dall’Unità di crisi della Farnesina.