La Turchia è diventata il paradiso fiscale degli oligarchi russi per sfuggire al peso delle sanzioni occidentali a causa della guerra in Ucraina. Nei giorni immediatamente successivi all’invasione russa, un’alleanza composta da Unione Europea, Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Giappone ha adottato sanzioni senza precedenti non solo contro entità statali russe e istituzioni finanziarie ma anche contro la cerchia che ruota attorno a Putin e coloro ritenuti responsabili di azioni che hanno facilitato l’invasione dell’Ucraina. Motivo per cui gli oligarchi russi parcheggiano i loro beni in Turchia.
Ma non solo. I paperoni russi – che hanno perso decine di miliardi di euro dopo lo scoppio del conflitto – hanno iniziato a investire i loro soldi nel settore immobiliare in Turchia e negli Emirati Arabi. Chi cerca una casa per le loro famiglie, chi invece compra case, ville o terreni per mettere al sicuro i propri beni. Ad affermarlo sono diversi broker immobiliari di Dubai, che hanno mostrato proprietà a rappresentanti dei miliardari russi.
Una posizione ambigua, quella turca, che ha suscitato le critiche di diversi Paesi che stanno applicando severe sanzioni alla Russia nonostante gli effetti collaterali all’interno della propria economia.
Gli oligarchi russi e i loro super yacht
Mentre in Ucraina i civili fuggono per sopravvivere, i miliardari russi fuggono su yacht di lusso e jet privati verso un’altra destinazione: la Turchia. Ad avvalorare questa tesi sono gli stessi oligarchi russi sanzionati, i quali già vedono la Turchia come un rifugio sicuro. Per esempio, secondo l’agenzia di stampa britannica Reuters, lo yacht Clio di 73 metri (239,5 piedi) dell’oligarca Oleg Deripaska, fondatore del gigante russo dell’alluminio Rusal, è stato avvistato al largo della costa di Göcek nella provincia costiera egea di Mugla. L’imbarcazione battente bandiera delle Isole Cayman è rimasta in una baia al largo di Göcek.
Nelle acque dell’ex impero ottomano hanno fatto capolino anche due super yacht legati al multimiliardario russo-israeliano Roman Abramovich, uno a Marmaris e l’altro a Bodrum, mentre il mese scorso sarebbe stato visto a Istanbul anche il suo jet privato.
Anche lo yacht Universe dell’ex presidente della Russia, Dmitrij Medvedev, battente bandiera delle isole di Cayman, è attraccato a Marmaris, mentre il Polaris battente bandiera delle isole Cook, di Maxim Shubaev, presidente del consiglio di amministrazione della holding dell’edilizia, Setl Group, è all’ancora nella baia turistica dell’Egeo, Skopea di Göcek.
Guerra e sanzioni: il ruolo della Turchia
La Turchia, membro della Nato, condivide un confine marittimo sia con l’Ucraina sia con la Russia nel Mar Nero, e ha buoni legami con entrambi e si è posta come mediatore nel continuo conflitto. Ma continua a tenere un atteggiamento “ambiguo”. Se da un lato ha condannato l’attacco russo fornendo droni all’esercito di Kiev, dall’altro non lo ha fatto espressamente per i massacri di civili e si è rifiutata di sanzionare la Russia e i suoi paperoni.
Venerdì 15 Aprile 2022, un diplomatico ucraino ha affermato che il suo Paese sta lavorando con la Turchia per un maggiore sostegno e comprende – anche se non è soddisfatto riferisce Reuters – la realtà dei legami paralleli di Ankara con Mosca.
Uno schema che sta portando una boccata d’ossigeno all’economia turca, messa alle corde dall’inflazione e dalla svalutazione lira turca. Dopotutto, la Turchia ha disperatamente bisogno di valuta estera che per proteggere la moneta locale, ha sperperato le sue riserve, raggiungendo nel dicembre 2021 il livello più basso dal 2002, attestandosi a 8,63 miliardi di dollari. Il governo avendo bisogno di miliardi di dollari entro il 2022 per rimborsare il suo debito estero, lo accoglie indipendentemente dalla fonte al fine di attirare valuta estera e aumentare la quantità di denaro nel sistema finanziario del Paese.