Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti intervenendo alla 100esima edizione della giornata del risparmio, si è ben guardato dall’affrontare il tema del giorno, e cioè la frenata della crescita del nostro Pil nel terzo trimestre, con una performance inferiore a quella europea e più bassa persino di quella di un Paese in recessione come la Germania. Giorgetti che ha sempre di più il portamento e la faccia di un uomo che da solo deve portare ogni giorno sulle proprie spalle il pesante fardello del nostro debito pubblico, ha rivendicato i successi della sua impostazione della politica di bilancio, ma per il resto non ha potuto o voluto indicare obiettivi più ambiziosi, quelli che farebbero davvero pensare ad una “svolta”, come quella rivendicata a parole dalla presidente Meloni.
Il Governatore della Banca d’ Italia, Fabio Panetta, lo ha detto con chiarezza: il primo pilastro della difesa del risparmio è la forza dell’economia reale sottostante. E da noi questa forza non c’è. Siamo andati un po’ meglio negli anni passati, ma ora, finiti gli incentivi straordinari creati prima dal governo Conte II (il superbonus edilizio) e poi dalla necessità di contrastare gli effetti economici della pandemia di Covid, il nostro Paese rischia di tornare ad essere il fanalino di coda del convoglio europeo, che pure non brilla certo per velocità. E del resto quel tipo di incentivi non può essere mantenuto all’infinito perché provoca un aumento insostenibile del debito pubblico e del relativo ammontare di interessi che dobbiamo pagare ogni anno (tra gli 80 ed i 90 miliardi) e che sottraggono preziose risorse al sostegno del welfare e dei servizi ai cittadini.
Certo, Giorgetti può ben ricordare che grazie al contenimento delle spese pubbliche, i tassi d’interesse sono lievemente scesi e la fiducia dei mercati internazionali nelle emissioni del Tesoro è molto forte come dimostra la valanga di richieste alle ultime aste di Bot. Ma non ha voluto affrontare i nodi di fondo che bloccano la nostra economia e che tante volte sono state evocate dagli esperti. Essenzialmente si tratta di evitare di spendere soldi pubblici per fare direttamente regali ai cittadini, per puntare invece sugli incentivi agli investimenti, al miglioramento dell’ambiente giuridico nel quale devono operare le imprese (Giustizia e PA), alla formazione ed alla ricerca scientifica come base delle grandi trasformazioni delle tecnologie produttive che dovremo affrontare.
Per far sì che il risparmio non serva solo a ridurre i rischi degli imprevisti ma venga percepito dalle famiglie come un modo per migliorare le proprie prospettive economiche e sociali e abbia quindi una più elevata propensione all’investimento produttivo, occorre quindi un vero e proprio cambiamento della cultura del nostro sistema politico e anche dei cittadini. Anche il presidente Sergio Mattarella ha ricordato come i bassi salari delle giovani generazioni non consentono di risparmiare e come sarebbe necessario offrire maggiori tutele ai risparmiatori anche di natura fiscale come puntualmente indicato dal presidente dell’Abi Antonio Patuelli.
In altre parole occorre contenere i bonus che pure in quest’ultima legge di Bilancio ci sono e che comunque tutti i gruppi politici in Parlamento continuano a rivendicare e pretendono di reintrodurre con appositi emendamenti. Infatti oltre alla conferma della riduzione del cuneo fiscale dello scorso anno, c’è stato un piccolo ampliamento della riduzione dell’Irpef mentre la flat tax continua a dare benefici in maniera ingiustificata a categorie che sono già tra i peggiori pagatori fiscali. Lo stesso concordato fiscale non decolla perché è mal concepito e si rivolge sempre ai soliti ceti sociali che sono convinti di essere al riparo dalle grinfie del fisco. Invece sono stati tagliati gli incentivi agli investimenti delle imprese con effetti certo non positivi nel medio termine.
Gli italiani continuano a risparmiare, ma investono la maggior parte del loro patrimonio nel mattone o in titoli di aziende al di fuori del nostro Paese e addirittura dell’Europa. Da noi manca la fiducia e una ragionevole sicurezza nella stabilità delle politiche economiche. Anche il fisco non è favorevole al risparmio finanziario, tranne che per i titoli di Stato. Questo Governo si vanta di offrire stabilità rimanendo in sella fino alla fine della legislatura, ma per ora le scelte concrete fatte, non solo in economia ma anche nelle cruciali riforme (concorrenza, Giustizia e Pubblica Amministrazione), non sembrano andare nella direzione giusta per ridurre la generale incertezza ed i rischi insiti in tutte le scelte di investimento.