Dal tecnico del suono dei Radiohead, Pete Clements, Giulia Wilkins Ary, l’interprete che lavora alle Nazioni Unite, dal ghostwriter come David Yoo, che permette ad attori, sportivi e politici di raccontarsi, al creatore di profumi per grandi marchi, David Apel, a Dannis Poon, l’ingegnere che sovraintende ai calcoli strutturali dei più alti grattacieli del mondo (la Torre Petronas di Kuala Lumpur che fino al 2004 era la più alta, poi il record passò a Taipei con 101 piani, a Taiwan) . Chi sono e cosa hanno in comune? David Zweig, scrittore e musicista americano, li ha incontrati, intervistati e raccontati in “Invisibili. Dietro le quinte del successo” (Egea 2014; 264 pagg.; 25 euro; 14,99 e-pub). Sono persone che, potendo scegliere e avendolo fatto, hanno, per loro natura, optato di svolgere lavori in cui sia loro sia i risultati dei loro sforzi rimangono invisibili, alme no fino al momento in cui non commettono un errore.
“Ho iniziato a studiare gli invisibili” afferma Zweig, “perché ero affascinato da persone che scelgono di fare un lavoro che richiede vasta formazione e preparazione, ma che di buon grado accettano di ricevere dal mondo esterno in cambio dei loro sforzi poca attenzione e pochi meriti. Ciò che mi affascina è che sanno trarre dal proprio lavoro un invidiabile senso di appagamento, nonostante un approccio quasi antitetico rispetto a quello prevalente nella nostra cultura”. La vera attrattiva sta nelle loro storie e i profili su cui si basa il libro riguardano persone che fanno parte della élite più qualificata nei rispettivi campi.
“Ho avuto la possibilità di accedere al loro mondo, concessione rara, a volte addirittura unica”, dice l’autore, “in un periodo della mia vita in cui anche io lavoravo come fact-checker per una rivista, facendo un lavoro meticoloso che durava ore, ma nessuno sembrava accorgersi di me, fintanto che non commettevo un errore. Ma più ero bravo e più scomparivo alla vista”.
Pur nel loro anonimato, si legge nel libro, sono comunque persone che hanno molto successo e sono molto apprezzate, profondamente rispettati dai colleghi per le loro competenze e i risultati che ottengono. A differenza dei lavoratori a rischio povertà dei paesi occidentali o di quelli anonimi che faticano negli stabilimenti dei paesi in via di sviluppo, gli invisibili hanno scelto una carriera che non offre loro alcun riconoscimento dall’esterno.
Ma, ancora, cosa hanno in comune questi invisibili? Tre caratteristiche precise: l’indifferenza ai riconoscimenti, la meticolosità e il gusto per la responsabilità. “Ma quella più importante” sostiene Zweig, “è la curiosità, ovvero il desiderio ancora palpabile di continuare a imparare, pur essendo già dei top nel loro campo. Lavorano di più, approfondiscono il più possibile”.
Ma Zweig lancia anche un grido di allarme attualissimo: “Attenzione”, dice, “la nostra società a forza di pensare che conta solo chi emerge si sta perdendo la consapevolezza del fatto che la nostra intelligenza del mondo si basa su un insieme complesso di sapere, conoscenza, competenze dove ogni parte si nutre dell’altra”. Il libro, infatti, non è un contributo nostalgico alla bellezza del lavoro dei grandi artigiani, ma un richiamo preciso a restituire alle cose che contano il giusto valore.