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Gli analisti di Axa e l’opzione put di Bernanke: l’effetto del tapering sulle asset class globali

Il prossimo meeting della Fed è in calendario per il 18-19 settembre. Sotto gli occhi del mercato la possibile decisione di Ben Bernanke sull’inizio del tapering, ossia la riduzione graduale del piano di iniezione monetaria (Qe) che passa per l’acquisto di 85 miliardi di dollari al mese di titoli. Axa in un recente report curato da Eric Chaney si dice abbastanza convinta che gli acquisti saranno ridotti gradualmente ma stabilmente tra settembre 2013 e giugno 2014 e delineano gli effetti che questo processo avrà sulle varie asset class.

D’altra parte la fase di allentamento quantitativo non può durare in eterno. I provvedimenti messi in campo dalla Fed implicano anche conseguenze negative: distorcono i prezzi di tutti gli strumenti finanziari, non solo dei titoli di stato;  riducendo il costo del rischio, alimentano bolle dei prezzi indesiderate e amplificano il rischio morale; inoltre, l’acquisto di titoli di stato protratto all’infinito potrebbe portare a una monetizzazione del debito pubblico tale da provocare un grave rischio inflazionistico. Quello che in questa fase di exit strategy preoccupa i mercati è però la mancanza di riferimenti storici in grado di guidare le autorità politiche, il che rappresenta una evidente fonte di incertezza.

EQUILIBRIO DA LIQUIDITÀ VS EQUILIBRIO DA FONDAMENTALI

Quali saranno gli effetti sulle principali asset class di investimento? Per capirlo bisogna innanzitutto ricordare qual è la situazione in cui i mercati si trovano ora e come sono arrivati fino a qui.  Spiega Axa: “Le massicce immissioni di liquidità da parte della Fed hanno fatto salire i prezzi degli strumenti finanziari più in alto di quanto indicherebbero i fondamentali, portando alla mente il famoso detto che l’alta marea fa alzare tutte le barche”. In altre parole, la sostanziale rivalutazione dei mercati azionari  dal settembre 2012 è spiegata sostanzialmente dagli effetti della terza fase di allentamento quantitativo (Qe3) che ha spinto i mercati su un equilibrio basato sulla liquidità, ossia gonfiato artificialmente dagli effetti di ribilanciamento del portafoglio indotti dall’allentamento quantitativo. Allontanando le quotazioni così dal secondo tipo di equilibrio possibile, quello trainato solamente dai fondamentali, per esempio gli utili per le azioni e il tasso di insolvenza per il credito.

GLI EFFETTI DEL QE SULLE QUOTAZIONI

Sul fronte dei titoli di Stato, le stime di Axa sono in linea con quelle della Fed per cui l’impatto negativo del piano di allentamento quantitativo sui rendimenti a 10 anni negli Stati Uniti è tra 65 e 120 punti base.  Sul fronte azionario, Axa stima che l’equilibrio trainato dalla liquidità è del 10% più alto rispetto a quello trainato dai fondamentali negli Stati Uniti (presupponendo una crescita degli utili aziendali negli Stati Uniti del 7% nei prossimi 12 mesi). Nei mercati azionari europei il divario è più contenuto, ad eccezione della Svizzera dove è oltre il 15% per la natura difensiva del mercato svizzero. “Le incertezze cicliche – spiegano gli analisti di Axa -potrebbero aver amplificato l’impatto della liquidità”.

INCERTEZZA E VOLATILITÀ

L’annuncio di giungo sulla possibile introduzione del tapering da parte di Bernanke ha rotto l’equilibrio sulla liquidità. “Da quando gli investitori si sono resi conto che la terza fase di allentamento quantitativo potrebbe chiudersi – spiega Axa – i mercati hanno subìto una correzione convergendo dall’equilibrio basato sulla liquidità all’equilibrio basato sui fondamentali”. In questo momento la maggior parte dei mercati oscilla tra questi due punti di equilibrio, con il ritorno della volatilità per tutte le categorie di investimento, legata alle incertezze sulle tempistiche e sulla calibrazione della fase di riduzione graduale del piano. D’altra parte, rileva Axa, “un aumento della volatilità per tutte le categorie di investimento è una conseguenza della normalizzazione della politica monetaria, un riflesso della compressione della volatilità causata dai piani di acquisto”. E la normalizzazione della volatilità continuerà a produrre un impatto sugli strumenti considerati più rischiosi, come i mercati emergenti, poiché la distorsione della misura del rischio ha portato gli investitori ad assumere posizioni che altrimenti non avrebbero assunto.

LA SITUAZIONE ATTUALE DELLE DIVERSE ASSET CLASS

Con un rendimento intorno al 2,5% i titoli del Tesoro americano si trovano per Axa circa 50 punti base al di sotto del valore equo, mentre un mese fa erano inferiori di oltre 100 punti base. Analogamente, i mercati azionari statunitensi in questo momento sono sopravvalutati del 7% circa rispetto ai fondamentali, a confronto del 10% precedente.  Al contrario i titoli di credito investment grade sono sostanzialmente in linea coi fondamentali grazie alla recente correzione avvenuta su entrambe le sponde dell’Atlantico. Nei mercati azionari asiatici, invece, l’equilibrio trainato dalla liquidità è superiore di oltre il 10% rispetto all’equilibrio trainato dai fondamentali nei paesi emergenti in Asia. “Questo dato – spiega Axa – riflette la portata dei flussi di fondi azionari diretti verso l’Asia (Giappone escluso) nei primi 6 mesi della terza fase del piano di allentamento quantitativo (vicino al 10% del Nav dei fondi azionari nei mercati emergenti in Asia in base ai dati Epfr), anche se questi flussi da allora hanno in parte invertito la tendenza”. Per l’America Latina il divario delle valutazioni azionarie in questo momento è inferiore al 5%: il forte deflusso di fondi azionari da febbraio ha ridotto l’impatto dell’allentamento quantitativo nella regione. Ciononostante l’area resta sopravvalutata rispetto ai due punti di equilibrio trainati dai fondamentali e della liquidità.

L’IMPATTO DEL TAPERING SULLE ASSET CLASS

Axa ritiene che con la chiusura del piano di allentamento i rendimenti delle obbligazioni negli Stati Uniti saliranno molto probabilmente in modo moderato. Secondo l’analisi di Axa, infatti, l’annuncio della chiusura del piano di allentamento quantitativo ha avviato una fase prolungata di aumento dei tassi di interesse a lungo termine negli Stati Uniti e in tutti gli altri paesi influenzati dalla politica monetaria. Grazie al rafforzamento dei fondamentali economici dovremmo assistere a una ripresa dei mercati azionari statunitensi e al restringimento degli spread di credito. In Europa i rendimenti obbligazionari dovrebbero salire, sebbene in misura minore, mentre i mercati azionari dovrebbero riportare risultati positivi come negli Stati Uniti grazie a un beta più alto. Infine, per Axa le valute e gli strumenti finanziari nei mercati emergenti continueranno ad essere le principali vittime della chiusura del piano di allentamento quantitativo. Vediamo nel dettaglio ogni singola asset class.

OBBLIGAZIONI

USA. I rendimenti a 10 anni negli Stati Uniti saliranno oltre il 3% entro la fine del 2014. “Con la riduzione degli acquisti di titoli da parte della Fed – spiega Axa – i rendimenti a lungo termine dovrebbero salire poiché svaniranno gli effetti del flusso di acquisti e della compressione dei premi a termine”. Il rendimento del 3% potrebbe anche essere più alto se i mercati rifletteranno tassi più bassi rispetto alla nostra stima di un tasso sui fed fund target intorno all 1% entro la fine del 2015. A fine 2013 però per Axa però il target del rendimento a dieci anni è a 2,5%. “Suggeriamo di sfruttare l’opportunità derivante da eventuali flessioni dei rendimenti per ridurre la duration”, dicono gli analisti di Axa spiegando che al momento hanno una posizione sottopesata nei titoli del tesoro Usa a medio termine. “La Fed vuole orchestrare un aumento dei rendimenti molto lento – spiegano – Una rettifica più rapida non sarebbe opportuna poiché la ripresa resta irregolare e le aspettative inflazionistiche contenute”. I tassi a lungo termine dovrebbero invece portarsi tra il 3,5% e il 4,5% nel 2015-2018, “quando scadrà la maggior parte degli attivi nel portafoglio della Fed (2016-2022), lo stato patrimoniale della banca centrale americana dovrebbe restringersi gradualmente mentre la politica monetaria convenzionale tornerà ad essere fondamentale”.

EUROPA. Per quanto riguarda l’Europa l’aumento dei rendimenti negli Stati Uniti influenzerà le obbligazioni europee in considerazione della correlazione storica tra i due mercati. Axa si attende che il differenziale di rendimento tra titoli del Tesoro americano e Bund tedeschi possa ampliarsi ancora e una rivalutazione del dollaro rispetto all’euro. Ma la fine dello stimolo, rileva Axa, “non influirà direttamente sugli spread dei Paesi periferici che dipendono da fattori idiosincratici”. Tuttavia, aggiunge Axa, “l’aumento dei rendimenti su tutte le scadenze potrebbe mettere in dubbio la credibilità delle manovre fiscali e provocare un ampliamento degli spread sovrani”.

L’OPZIONE PUT DI BERNANKE E LE AZIONI

USA. La chiusura del piano favorisce i fondamentali corporate negli Stati Uniti.  “Il previsto aumento dei rendimenti obbligazionari di per sé non è una cattiva notizia per le attività rischiose, in particolare per i mercati azionari”, commenta Axa che rileva come le loro analisi mostrano infatti che i PE presentano una correlazione positiva con i rendimenti dei titoli del Tesoro per rendimenti inferiori al 5%. Inoltre, Axa ritiene che questa volta per i mercati azionari non si riproporrà la dinamica della fine del Qe1 e del Qe 2 (con una correzione dell’S&P rispettivamente del 15% e del 23%). “A nostro giudizio questa volta è diverso – spiega Axa – il Fomc dovrà registrare un notevole miglioramento del mercato del lavoro prima di rettificare i volumi degli acquisti di attività. Questa condizione implica che la chiusura del piano favorisce gli utili aziendali negli Stati Uniti”. In altre parole, non c’è un nesso causale ma un comune denominatore che, qualora si realizzi, porterebbe sia alla riduzione degli acquisti di titoli sia a una revisione al rialzo degli utili.

“Le condizioni previste dalla Fed – aggiunge Axa – dovrebbero quindi garantire che il divario tra l’equilibrio trainato dalla liquidità e l’equilibrio trainato dai fondamentali non sia eccessivamente ampio al termine del piano di allentamento quantitativo. Chiamiamola opzione put di Bernanke”. Così se si calcola una crescita degli utili a termine a 12 mesi del 15% anziché del 7%come previsto dal consensus, in  assenza di immissioni di liquidità da parte della Fed, il risultato (l’equilibrio fondamentale ) è ampiamente in linea con le valutazioni correnti. In altri termini, dice Axa, “il mercato presenta in questo momento valutazioni eque, pur presupponendo la chiusura del piano di allentamento. Al contrario, se le condizioni per la chiusura del piano non si verificheranno, le immissioni di liquidità continueranno, favorendo i multipli azionari. Axa si attende così un rendimento annuale dei mercati azionari statunitensi superiore al 10% nei prossimi due anni, a conferma delle prospettive positive per l’azionario.

EUROPA. “Tuttavia – precisa Axa – questa opzione gratuita offerta dalla Fed vale per le attività rischiose negli Stati Uniti, non per i mercati esteri, poiché le condizioni riguardano l’economia americana e non c’è garanzia che i fondamentali di altre regioni saranno abbastanza positivi da limitare la turbolenza durante la fase di transizione”. Così  la volatilità resterà alta sia in Europa sia nei mercati emergenti. In particolare per Axa le valutazioni attuali delle azioni europee sono leggermente costose rispetto all’equilibrio trainato dai fondamentali ma gli analisti comunque prevedono  una ripresa economica graduale nella regione durante il secondo semestre dell’anno che dovrebbe favorire un rimbalzo degli utili a cui si aggiunge l’impatto positivo derivante da un rafforzamento della ripresa negli Usa. “Le prospettive – conclude quindi Axa – ci sembrano quindi ancora costruttive per i mercati europei in uno scenario in cui l’economia statunitense accelera abbastanza da giustificare la chiusura dell’allentamento”.

EMERGENTI. Chi continuerà a soffrire sono invece i mercati emergenti, soprattutto  quelli che sono sopravvalutati e/o hanno registrato un ampia raccolta dopo la prima fase di allentamento quantitativo nel 2008, anche perché la volatilità spinge gli investitori a rivedere le posizioni di rischio. Se gli investitori continueranno a ridurre gli investimenti al diminuire della liquidità immessa dalla Fed, per gli analisti di Axa le valute emergenti si svaluteranno ancora rispetto al dollaro Usa. Sul fronte azionario, certo non tutti i mercati sono uguali. Se l’Asia rappresenta un buon cuscinetto, perché gli scarsi risultati dall’inizio dell’anno hanno mantenuto i multipli al di sotto del valore equo (anche nell’eventualità di una chiusura del piano di allentamento quantitativo, inoltre il piano giapponese dovrebbe compensare), un paese come le Filippine “resta vulnerabile nella misura in cui ha attirato ingenti capitali verso i fondi azionari (oltre il 100% del NAV negli ultimi 12 mesi) e risulta oggi molto sopravvalutato”. È ancora sopravvalutata per Axa anche l’America Latina, oltre il 15% rispetto ai fondamentali. Infine, il Brasile rimane vulnerabile mentre il “Messico potrebbe beneficiare delle condizioni imposte dalla Fed grazie alla robusta esposizione sull’economia degli Stati Uniti”

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