“Nel mondo stanno avvenendo cambiamenti che non si vedevano da cent’anni. E quando agiamo insieme, siamo noi a guidare questi cambiamenti”. Così, congedandosi da Putin, il presidente cinese Xi Jinping ha voluto sottolineare il significato della sua visita “all’amico russo” scomunicato dall’Occidente. Vaste programme, insomma. Ma agli osservatori non è sfuggito che durante la visita in Russia il presidente non ha dato alcun sostegno diretto alla guerra di Mosca in Ucraina. Anzi, a malapena ha fatto riferimento al conflitto e ha detto che la Cina ha una “posizione imparziale”, un atteggiamento utile in vista di un contatto telefonico con il presidente ucraino Zelensky, attento a non sottovalutare il ruolo di Pechino. L’Ucraina, del resto, è stato uno dei primi partner della via della Seta. E Kiev non ha aderito in sede Onu alla condanna delle persecuzioni del regime cinese in Xinjiang.
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Xi e Putin deludono le Borse e i risultati politici sono di facciata
Anche di questo va tenuto conto nel delicato puzzle diplomatico che, visto dalla Cina, serve soprattutto a riqualificare il ruolo di Pechino, indebolito dai danni della pandemia ma anche dall’embargo verso la cessione dell’alta tecnologia imposto da Washington. Uno sforzo che proseguirà nelle prossime settimane con il pressing nei confronti dell’Unione Europea: prima il cancelliere tedesco Scholz, poi Emmanuel Macron sono attesi nelle prossime settimane in Cina. In attesa di capire se l’Italia rinnoverà o meno l’adesione al patto sulla via della Seta, che pochissimo ha prodotto in campo economico, ma tanti imbarazzi ha provocato nei rapporti italiani con gli alleati, Usa in testa.
L’aumento dell’interscambio tra Russia e Cina è soprattutto dovuto al petrolio
Xi, più saldo che mai alla guida del Drago nonostante il rallentamento dell’economia e l’aumento della disoccupazione giovanile, gioca la carta russa, sfruttando la debolezza di Putin, concedendo ben poco al partner. Si è dato grande risalto all’aspetto economico dei meeting. Ma, in realtà, il forte aumento dell’interscambio è legato al boom dell’export del petrolio +46%, tutto sommato in linea con le vendite di Mosca all’India ed allo stesso Giappone, pur schierato con Washington. Non è stato fatto cenno al progetto di un nuovo gasdotto da realizzare entro il 2030, già annunciato dal Cremlino. Buona parte delle intese siglate nella due giorni di Mosca riguarda in realtà il rafforzamento di accordi già in essere o comunque già siglati in passato, come la realizzazione di un impianto nucleare in Cina con tecnologia russa o jv in vari settori, dalla soia alla tv.
Xi Jinping non si fa illusioni: il mercato russo non basta
In assenza di una svolta nei confronti con l’Occidente la Cina non si fa illusioni sull’importanza del sostegno della Russia, partner prezioso per le materie prime, ma mercato troppo modesto per sostenere le potenzialità dell’export del colosso asiatico che stenta a sostituire con il mercato interno i vincoli posti dalla fine della globalizzazione (ultimo caso, l’ostilità verso l’auto elettrica cinese). La conferma arriva dalla prudenza nelle previsioni di crescita avanzate dal neo premier Li Qiang: non più del 5%,molto meno dei numeri cui ci aveva abituato il Drago prima della pandemia. Ma un obiettivo realistico per un Paese fortemente indebitato che stenta a far ripartire le costruzioni, il motore della crescita passata.
La progressiva riapertura delle attività in Cina dovuta al cambio di politica sul trattamento del Covid ha permesso di avviare una solida ripartenza del trend, ma la salita si è infranta nel range 4.300/4.500 punti perché i dati macro segnalano che il ritmo di crescita dell’economia è meno veloce del previsto.
E la ripresa in Cina incontra difficoltà
A confermare che la ripresa incontra difficoltà sono stati stamane i dati di Nike: le vendite in Cina sono rimaste deboli, con un calo del 7,7% rispetto all’anno precedente. “Ci vorrà un po’ di tempo – dice un analista di eToro – prima che Nike veda un ritorno a numeri forti in un mercato chiave come quello cinese, con i consumatori che non spendono ai livelli pre-pandemici e la recente riapertura dell’economia”.
Un’ulteriore conferma arriva dall’inchiesta di Bloomberg sull’orientamento dei consumatori (1,4 miliardi di persone) a 100 giorni dall’abolizione dei vincoli posti dal Covid 19: dai viaggi alle spese per i ristoranti, i consumi crescono ma meno del previsto e sono comunque distanti dal 2021, l’ultimo anno prima della clausura. Non basta una gita a Mosca per cancellare i problemi.