Il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, non risparmia critiche al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, e gli impartisce una lezione di civiltà (“Non siamo qui a consumare vendette come i Cinque Stelle hanno invece fatto in passato”) ma, nell’aula del Senato, annuncia che non voterà le mozioni di sfiducia delle opposizioni di destra e della senatrice Emma Bonino esclusivamente per ragioni di ordine politico. E cioè per evitare la crisi di Governo in un momento di massima emergenza del Paese come sarebbe successo se il Parlamento avesse sfiduciato il ministro Bonafede, che ha così superato il difficilissimo test del Senato dove le mozioni di sfiducia non hanno raccolto i voti necessari e determinanti sono stati proprio i 17 voti contrari di Italia Viva.
“Noi siamo garantisti ma non buonisti” ha sostenuto Renzi per avvertire che il voto di fiducia di Italia Viva al Governo non è senza condizioni ma presuppone che Bonafede mandi in archivio la sua politica giustizialista e dia seguito alle aperture che ha fatto oggi al Senato sulla norme sulla prescrizione per la quale ha annunciato una commissione di studio. E presuppone soprattutto che il premier Giuseppe Conte mantenga le promesse di una vigorosa politica di rilancio economico con un piano sbloccacantieri, come Italia Viva propone da tempo.
Pur avendo salvato il Governo negando il proprio voto alle due mozioni di sfiducia su Bonafede, ma precisando che condivide molti aspetti della mozione garantista della senatrice Bonino, Renzi non le ha mandate a dire, soprattutto al Guardasigilli. E gli ha ricordato che quando era a Palazzo Chigi e l’allora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, gli pose il problema su che cosa si dovesse fare di fronte a due noti mafiosi – come Provenzano e Totò Riina – che erano in gravi condizioni di salute, lui negò l’autorizzazione alla scarcerazione, a differenza di quanto ha fatto di recente Bonafede, pur dando disposizione che tutte le cure sanitarie venissero assicurate ai due malviventi.
Chi si aspettava il colpo di teatro della crisi di governo resterà dunque deluso, ma Renzi ha fatto un discorso da leader politico che gli è valsa un’apertura di credito da parte del premier Conte che non mancherà di far pesare al momento opportuno. E ha dimostrato anche stavolta che in politica non contano solo i numeri e i seggi ma contano soprattutto le idee e il tempismo con cui si mettono in campo. E’ il classico caso in cui uno non vale uno. Con buona pace dei grillini.