Via libera unanime del Consiglio dei ministri alla riforma del Csm e al provvedimento che pone fine alle cosiddette “porte girevoli”, vale a dire alla pratica che consente ai magistrati di tornare a fare il loro lavoro dopo aver ricoperto cariche elettive o incarichi di Governo.
Le parole di Draghi
“È stata una discussione ricchissima e anche molto condivisa grazie anche alle numerose interazioni con i partiti e il ministro Cartabia e il sottosegretario Garofoli”, ha detto il premier Mario Draghi in conferenza stampa, aggiungendo che: “Questa discussione ha portato alla condivisione dell’impianto del provvedimento, alla delimitazione delle aree dove permangono differenti vedute e all’impegno con capigruppo per dare priorità in Parlamento alla riforma in tempo utile per elezione prossimo Consiglio superiore magistratura”, in programma per luglio.
Nel corso del Consiglio dei ministri, ha spiegato il Premier, “c’è stata questa consapevolezza della necessità di un pieno coinvolgimento delle forze politiche. Quindi niente tentativi di imporre la fiducia. È un provvedimento di portata tale che necessita di questa apertura”. Draghi ha poi sottolineato che c’è stato l’impegno “di tutti ministri a sostenere con i propri partiti questa riforma”.
Cartabia: “Riforma ineludibile”
“La riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm era ineludibile per la scadenza a luglio del Consiglio ora in carica, ma anche per accompagnare la magistratura in un percorso di recupero della piena fiducia e credibilità”, ha detto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
In Parlamento, ha aggiunto, “c’è unanimità di vedute sull’obiettivo della riforma di arginare casi come quello di Palamara. C’è stata condivisione assoluta anche sui nodi sui quali intervenire, come le porte girevoli, cioè il passaggio del magistrato a cariche politiche. Quello su cui permangono differenze è sulla gradazione delle misure”.
La ministra ha ricordato che “l’estate scorsa sono state approvate due grandi leggi delega di riforma del sistema penale e civile. Stiamo lavorando ai decreti legislativi: abbiamo preso l’impegno con l’Europa per portarli a termine entro la fine dell’anno ed io confido che possiamo arrivare anche prima, specie sul penale. Stiamo lavorando alacremente”.
I dettagli della riforma
In base a quanto previsto, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che ricopriranno cariche elettive, al termine del mandato, non potranno tornare a svolgere nessuna funzione giurisdizionale e saranno “collocati in posizione di fuori ruolo presso il ministero di appartenenza oppure, per i magistrati amministrativi e contabili, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ovvero sono destinati allo svolgimento di attività non direttamente giurisdizionali, né giudicanti né requirenti”.
Coloro che invece hanno svolto incarichi apicali nei ministeri o incarichi di governo non elettivi (capi di gabinetto, segretari generali presso i ministeri o ai capi dipartimento), al termine di queste esperienze per tre anni non potranno svolgere funzioni giurisdizionali. La loro destinazione sarà individuata dai rispettivi organi di autogoverno. La stessa disciplina si applicherà ai magistrati che si sono candidati in politica ma non sono stati eletti.
“Per gli incarichi tecnici”, ha spiegato la ministra Cartabia, “il vincolo vale se l’incarico dura almeno un anno”.
Altro punto fondamentale della riforma riguarda le scelte dei magistrati che compongono il Csm. I membri torneranno ad essere 30, di cui 3 di diritto (presidente della Repubblica, il primo Presidente e il procuratore generale della Cassazione), 20 togati e 10 laici.
L’elezione avverrà attraverso un sistema elettorale misto, basato su collegi binominali, che eleggeranno due componenti del Csm ciascuno. Prevista anche una distribuzione proporzionale di 5 seggi a livello nazionale, non ci saranno liste, ma candidature individuali. Ci sarà anche un sorteggio che servirà ad assicurare che in ogni collegio binominale sia raggiunto il minimo previsto di 6 candidati e per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato.
La riforma introduce infine il voto degli avvocati nei consigli giudiziari sulle valutazioni di professionalità dei magistrati ma solo in un caso: quando il Consiglio dell’Ordine abbia fatto una segnalazione formale di comportamenti scorretti da parte del magistrato che si deve valutare. In questi casi il voto degli avvocati presenti nei Consigli giudiziari sarà unitario.