La mostra che il Museo Hendrik Andersen (Via Pasquale Stanislao Mancini 20 nel Quartiere Flaminio a Roma) dedica a Giuseppe Modica è un tributo alla sua carriera lunga e prolifica ma, al tempo stesso, un omaggio a Hendrik Christian Andersen nella casa museo dove sono raccolte quasi tutte le sue opere più importanti. Il percorso espositivo s’incentra sul tema dell’atelier, soggetto fra i più studiati dal pittore siciliano, ricorrente nella sua produzione come si vede dai titoli nei quali la parola “atelier” è un vero e proprio leitmotiv. Per Hendrik Andersen l’atelier è stato la sua vita. Nelle due sale del museo al pian terreno è ospitata la collezione permanente, esposta proprio in quelli che erano appunto atelier e galleria ovvero i luoghi dove Hendrik lavorava scolpendo le sue monumentali sculture e dove esponeva per amici, collezionisti e appassionati le sculture una volta fuse in bronzo e destinate, per la maggior parte, a ornare piazze ed edifici della sua città ideale rimasta ahimè irrealizzata”. Nel suo testo in catalogo, introduce così la mostra la curatrice Maria Giuseppina Di Monte.
È in questo contesto museale che si inserisce la mostra di Giuseppe Modica sul tema dell’Atelier, un soggetto fortemente presente nella ricerca dell’artista già dal 1990. Gabriele Simongini co-curatore della mostra conduce lo spettatore in un viaggio dentro l’opera di Modica: “fra miraggi, riflessi, rifrazioni, esiti in controluce, rispecchiamenti, ci lasciamo andare perdendoci in questi labirinti della visione mediterranea, sapendo che ammiriamo un’illusione che ci porta altrove, forse un’utopia dello sguardo capace di dialogare efficacemente con quell’afflato utopistico e ideale che, pur in modi diversi, ovunque si diffonde nel Museo Andersen. La vicinanza della realtà visibile viene trasfigurata nella lontananza dell’aura metafisica. Il quadro diventa un dispositivo di moltiplicazione visiva e riflessivo/speculativa”.
Il percorso espositivo si apre su un’opera emblematica di Modica, un omaggio al San Girolamo nello studio di Antonello da Messina con l’opera Omaggio ad Antonello (S. Girolamo nello studio) del 1990-91. Qui l’artista si ritrae seduto mentre dipinge, e lo studio, uno spazio assolato e aderente allo straordinario registro compositivo dell’opera di Antonello, si trasforma nell’atelier dell’artista, come a voler consacrare il valore della pittura.
“Attraverso gli anni, il tema dell’Atelier, si ripresenta con precise variazioni e cambiamenti. Più volte nelle mie note scritte mi sono soffermato sullo studio-atelier inteso come labor-oratorium: è nell’Atelier che si riordinano e chiariscono le idee; è in questo luogo magico che avviene la conversione alchemica dei pensieri, dei frammenti di memoria e delle annotazioni (schizzi, prove di colore, collage, foto) che si organizzano e prendono forma”. Così Giuseppe Modica inizia il racconto di questa sua nuova mostra e del grande valore intimo e simbolico del tema da essa percorso.
L’Atelier è uno spazio privato che appartiene solo all’Artista, è un mondo fatto di luoghi illusori e di pensiero che qui diviene soggetto privilegiato, come si potrà vedere nelle 37 opere che compongono l’intero percorso espositivo.
L’occhio del pittore rileva e rivela le cose, dando loro una fisionomia ed una identità prima sconosciuta: l’Artista rinomina il mondo e lo fa vedere attraverso il proprio stile e linguaggio in una luce e configurazione singolare e magica. L’Atelier è il luogo di un labirintico intreccio di impressioni del quotidiano e di memorie culturali che prendono forma in oggetti-personaggio: la macchina fotografica, lo specchio, la squadra, il cubo di Dürer e le enigmatiche presenze di Man Ray. Sul fronte dell’attualità la mostra di Modica presenta alcune opere dedicate al dramma dei migranti nel Mediterraneo e alla condizione di solitudine causata dall’attuale pandemia. L’atelier diventa una tela solitaria immersa nell’intensa luce dello studio d’artista dove lo sguardo dello spettatore si accende sulla geografia del dolore o si trasforma in uno spazio quasi buio con una visione minimale del mondo.