Ci vuole una bella dose di coraggio o, se preferite, una bella dose di incoscienza temeraria per uno che è nato a Lucca, che ha vissuto la sua infanzia a Firenze a Campo di Marte, e che poi a dodici anni è stato portato nella terra di origine della sua famiglia, la Sicilia, dove ha vissuto in un paese arroccato sulle Madonie, Sclafani Bagni, un pugno di abitanti, 437 per l’esattezza, a 900 metri di altezza e a un’ora e mezza di auto da Palermo, per pensare di mettere su un ristorante gourmet con soli 16 posti, che celebra un territorio di cui aveva tanto sentito parlare da piccolo, e soprattutto i suoi prodotti, la sua essenza più intima. Ditemi voi se questo non è amore spassionato per le origini di una terra generosa che sa colpire l’immaginazione anche di chi è nato fuori dai suoi confini ma ne avverte il DNA nel sangue.
Il coraggioso-temerario risponde al nome di Giuseppe Costantino, chef della “Terrazza Costantino” che, giovanissimo, in breve tempo, ha saputo richiamare su di sé l’attenzione di pubblico e di critica ben oltre i confini regionali e che si candida a essere una delle espressioni più genuine e raffinate di una territorialità intesa come passione sconfinata.
Nel piccolo borgo medievale di Sclafani Bagni, di grande fascino perché ricco di testimonianze archeologiche e di una sorgente di acqua sulfurea che era apprezzata fin dai Romani, ha vissuto da giovane la vita che si vive in tutti i piccoli paesi, si passava le giornate a giocare a palla in piazza con i cugini o ad esplorare i boschi alla ricerca di chissà quale tesoro. A 13 anni, al momento di dover scegliere un indirizzo di studi optò per l’istituto alberghiero di Cefalù, “forse condizionato da un amico e dall’idea che si studiava poco” e per facilitargli il compito, la famiglia si trasferì a Cefalu’. Alla cucina, anche se all’istituto alberghiero procedeva con ottimi risultati, però non pensava più di tanto, perché nel frattempo si era fatta largo in lui una passione smisurata per la musica rock.
“Non pensavo ad altro, ricorda, incominciai a prendere lezioni sia di chitarra acustica che di basso elettronico con il mio amico Max, mentre passavo le giornate a “divorare” una quantità incredibile di dischi ed a leggere quante più riviste possibili di musica”.
A scuola si divertiva molto con i suoi compagni con i quali si era instaurata una bella armonia e con alcuni di questi, seguendo i suoi istinti musicali aveva messo su perfino una band, i Mahira, una band metal. La cosa funzionava al punto che Giuseppe e i Mahira cominciarono a esibirsi in giro per la Sicilia. Il gruppo registrò anche alcuni LP e si creò perfino un giro discreto di fan, insomma si era avviato un percorso di tutta soddisfazione, un po’ il sogno di tutti i ragazzi: musica, qualche soldo in tasca e ragazze in adorazione, che durò cinque anni. Ma poi arrivano i momenti delle scelte concrete, quelle che devono segnare il tuo futuro.
“Finita la scuola – ricorda Giuseppe – dovevo pensare a cosa fare o meglio dove andare a lavorare. Mio padre che aveva sempre avuto la passione per la ristorazione ebbe l’idea di aprire una trattoria proprio a Sclafani Bagni “Il Giglio” per darmi cosi l’opportunità’ di avere un lavoro e di non dovermi spostare, magari al nord per cercare fortuna”.
Giuseppe all’inizio comincia a fare esperienza in sala aiutando il padre, mentre sua madre con alcuni collaboratori si occupa della cucina.
La prima impostazione de “Il Giglio” è già a suo modo originale. La trattoria proponeva una cucina semplice radicata nel territorio in un originale connubio nella carta con alcuni piatti toscani come la fiorentina, il pan peposo, la ribollita o i salumi toscani, rimembranze degli anni trascorsi da papà e mamma a Firenze.
E questa strana accoppiata si ripeteva anche nella carta dei vini che proponeva etichette delle due regioni.
I clienti sembrano apprezzare questa strana novità. Giuseppe, che, anche se di natura riserbata al punto da apparire quasi timido, è uno che quando si appassiona a una cosa va avanti come un cavallo al galoppo pronto a saltare davanti agli ostacoli e difficilmente si scoraggia o si tira indietro. Per cui, riposti gli strumenti musicali in un angolo, comincia a sentire il fuoco sacro dei fornelli. Il passaggio dalla sala alla cucina diventa un passo obbligato. E comincia perfino a comporre, non più armonie musicali come prima ma alcune preparazioni che gli vengono d’istinto, ricette di sua invenzione, che rispecchiano la sua indole aperta sempre a nuove esperienze, che prova a testare sui clienti della trattoria paterna, con esito, a dire il vero, incoraggiante.
“Penso che sia stato proprio in quel momento che venni travolto dalla passione per la cucina, e, come era avvenuto per la musica, iniziai a approfondire e studiare, come mai avevo fatto prima, le basi della cucina. Cominciai dai grandi classici della scuola francese come: Ducasse, Robuchon, Bras, Gagnaire, Troisgros mentre in televisione guardavo ogni tipo di trasmissione che parlava di cucina. Furono anni in cui ogni giorno capivo qualcosa in piu’ anche se mi rendevo conto che non bastava”.
Del ragazzo si comincia a parlare in giro. Nel 2008 un giornale on line lo contatta chiedendogli quattro ricette da proporre sul sito per un mese poi è la volta della RGS, l’emittente del Giornale di Sicilia, per chiedergli ricette da suggerire agli ascoltatori.
Giuseppe non si crogiola sull’improvvisa notorietà. Non è da lui, e comincia a pensare che forse è giunto il momento di fare qualche esperienza costruttiva fuori sede.
“Mi misi in contatto con uno chef siciliano molto conosciuto, Accursio Craparo, che nel 2009 era a capo del ristorante la Gazza Ladra a Modica (RG) insignito di una stella Michelin. Gli dissi che volevo crescere e lui mi invitò a fare un’esperienza presso di lui. Non me lo feci ripetere due volte, partii subito. Fu un’esperienza fantastica perché cominciai a comprendere cosa era il rigore, la tecnica e soprattutto cosa significava vivere per 12 ore insieme ad altre persone”.
Da quella esperienza Giuseppe torna a casa carico di energie e apporta alla carta della trattoria alcune modifiche riverberando quello che ha appreso da Craparo. Si alza notevolmente il livello dell’offerta.
Imboccata la via della qualità non lo frena più nessuno. Giuseppe mira alto, e riesce a farsi accettare per uno stage dallo Chef Enrico Crippa del ristorante Piazza Duomo di Alba, due stelle Michelin.
“Non posso negare – commenta oggi – che sicuramente questa e’ stata l’esperienza lavorativa che più mi ha segnato…La tecnica,il rispetto per gli ingredienti, le cotture, tutto era portato al massimo, in ogni cosa si cercava la perfezione”.
Oramai è maturo per il grande salto: non più stage ma lavoro con carica di responsabilità. Ed è così che decide di abbandonare il ristorante di famiglia per trasferirsi in Liguria, ad Alassio dove inizia a lavorare come Chef al Cafe Mozart. Qualcosa non va per il verso giusto con la proprietà e l’avventura si esaurisce dopo pochi mesi.
Giuseppe Costantino medita a questo punto di buttarsi in un’altra impresa. Uno chef a 360 gradi deve occuparsi non solo dei fornelli, ma anche delle materie, dell’organizzazione, delle relazioni. Ed ecco che deposta la toque da Chef lo troviamo rappresentante per alcune importanti aziende del settore enogastronomico, esperienza che gli consente di migliorare il modo di relazionarsi con il pubblico.
Ma non lascia del tutto i fornelli perché collabora a fasi alterne in cucina con due grandi cuochi liguri: Andrea Sarri stella Michelin a Imperia) e Giuseppe Ricchebuono de Il Vescovado di Noli altra stella Michelin.
“Ho passato in Liguria due anni e mezzo dove ho imparato moltissimo, dove lontano da tutti sicuramente sono cresciuto anche a livello personale. E’ proprio li ho cominciato anche a seguire il mondo del vino che prima mi interessava solo marginalmente”.
Può dirsi una persona arrivata. Ma il richiamo della terra dei suoi genitori si fa sentire prepotentemente e Costantino nel gennaio del 2014 rientra nella sua amata Sicilia, lavorando come capocuoco per alcuni ristoranti di Cefalù’.
In questo viaggio sentimentale verso le origini, Costantino matura finalmente l’idea, di una audacia senza limiti, che forse tutto quello che ha appreso in giro per l’Italia dai grandi maestri che lo hanno accolto nelle loro brigate, può riversarsi nell’ambizioso e temerario progetto di trasformare la trattoria di famiglia di Sclafani Bagni, arroccata su in alto, fuori dai percorsi turistici tradizionali, in un ristorante che faccia clamore. E nel 2016, nel piccolo borgo di quattrocento anime lontano, come si direbbe, da Dio e dagli uomini, nasce una raffinata “Terrazza Costantino”, ristorante gourmet, 16 coperti di pura suggestione territoriale dove Costantino esprime il suo pensiero di cucina, una cucina radicata nel territorio aspro ma generoso che ogni giorno fornisce per il ristorante materie prime uniche. Una cucina soprattutto coraggiosa, che inventa, introduce nuovi elementi di meditazione su prodotti genuini della tradizione siciliana, studiati e reinventati, più che rivisitati.
In poco più di un anno Giuseppe Costantino riesce a farsi apprezzare da una clientela selezionata disposta a inerpicarsi su per le Madonie per conoscere la sua cucina, una clientela che non proviene solo da Palermo. E alla sua terrazza si affacciano anche le principali guide gastronomiche che parlano di vera e propria rivelazione. Una per tutte la Guida Michelin che inserisce il suo ristorante nell’elenco Big Gourmand 2019 con questa motivazione: “E’ una trattoria di famiglia, ma lui – il giovane chef – ne ha fatto un raffinato ristorante dove gustare i prodotti del territorio in sfiziose reinterpretazioni; due i percorsi degustazione – carne o pesce – con un rapporto qualità/prezzo eccezionale”.
Eh, sì, perché essere bib gourmand significa anche mantenere i prezzi bassi entro i 35 euro. Cosa che Costantino può fare non solo col sacrificio personale ma andando in giro all’alba per campagne alla ricerca di prodotti genuini, spesso dimenticati dove si approvvigiona direttamente dai contadini, saltando tutte le intermediazioni. Tutto è a km zero, i polli e i maiali delle Madonie, le cipolle di Giarratana, i pomodori siccagno di Valledolmo, i ceci di Sclafani, i gamberi di Mazara ovviamente, i pistaccchi della Valle dei platani, la citronella e l’origano hanno la sapidità dei monti esposti a mezzogiorno, e i tartufi e il sommacco sono dei paraggi.
Un bel risultato calcolando che il suo ristorante gourmet è esploso in un anno. E’ proprio vero che la fortuna aiuta gli audaci. E forse anche Santa Rosalia, patrona di Palermo, ha voluto metterci mano per premiare il figliol prodigo che ha scelto di tornare nel suo piccolo borgo antico invece di scegliersi una sede cittadina che gli avrebbe assicurato maggiore visibilità ma forse non gli avrebbe dato quella identità culturale e territoriale che è riuscito a costruirsi.
La ricetta di Giuseppe Costantino: conchiglioni con crema di ceci e midollo.