L’ok della Commissione Europea alla menzione croata Prosek ha fatto infuriare viticoltori e non solo: la notizia ha sconvolto anche il mondo della politica e dello spettacolo, data la somiglianza tra i nomi Prosek e Prosecco che potrebbe trarre in inganno i consumatori e danneggiare il vino italiano. Dopo la pubblicazione in Gazzetta il nostro Paese avrà due mesi di tempo per presentare un’obiezione motivata che la Commissione analizzerà prima di adottare una decisione finale.
Non si tratta però solo di danneggiare l’immagine del prodotto veneto, quanto il giro d’affari e l’occupazione che esso rappresenta. Il mercato dello sparkling tricolore più famoso al mondo vale 2 miliardi di euro di fatturato annuo di cui un miliardo all’estero (2020), il 16% sul totale. E questa notizia va a rovinare anche il record dell’export di Prosecco registrato nel 2021, cresciuto del 17% rispetto al 2020. Oltre 120 milioni di bottiglie sono state spedite oltre i nostri confini, una crescita incredibile che fa del Prosecco il vino più esportato a livello mondiale. È quanto emerso dall’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero.
E sul riconoscimento Coldiretti ha dichiarato che “il via libera Ue al Prosek croato contraddice anche in maniera clamorosa la recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che ha dichiarato illegittimi proprio i nomi truffa che evocano in modo strumentale ed ingannevole prodotti a denominazione di origine riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea come la star delle bollicine italiane”.
“È necessario fare presto per fermare una decisione scandalosa che colpisce il vino italiano più venduto nel mondo – ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini -. Si tratta di un precedente pericoloso che rischia anche di indebolire la stessa Ue nei rapporti internazionali e sui negoziati per gli accordi di scambio dove occorre tutelare la denominazione prosecco dai falsi come in Argentina e Australia”.
Anche se i due vini non hanno nulla in comune se non il nome (il Prosek è un vino dolce molto simile al passito), il caso rischia di danneggiare il mercato nostrano: non solo perché può creare confusione tra i due vini ma soprattutto un pericoloso esempio di “Italian Sounding”, il fenomeno sempre più diffuso che consiste di utilizzare parole, immagini, combinazioni cromatiche, riferimenti geografici, marchi evocativi dell’Italia per promuovere e commercializzare prodotti che in realtà di italiano non hanno nulla.
“La decisione della Commissione Europea sul riconoscimento dell’indicazione geografica protetta del vino croato Prosek è sbagliata. Il Ministero si è già opposto a questo riconoscimento e utilizzerà ogni argomentazione utile per respingere la domanda di registrazione promossa dalla Croazia, anche appellandosi ai principi di tutela espressi dalla Corte di Giustizia in casi analoghi, come ad esempio avvenuto nel recentissimo caso dello Champanillo spagnolo”, così si è espresso il ministero delle Politiche agricole.
Tuttavia, la Commissione europea ha valutato “la conformità ai requisiti di ammissibilità e validità” della “domanda di protezione della menzione tradizionale Prosek presentata dalla Croazia”. In merito, Confagricoltura ha sottolineato come invece non possa affatto tranquillizzare l’Italia le dichiarazioni della Commissione sul fatto che “non si tratta di omonimia e che non vi è alcun rischio di confusione da parte del consumatore”.
Anche Luca Zaia, presidente della Regione Veneto ha detto la sua: “In gioco c’è moltissimo. Ciò che sta accadendo è vergognoso, così non si difende l’agricoltura e così non difendono investimenti. Ma, soprattutto, così si mortifica la storia e l’identità di un territorio. Spero che ci siano gli strumenti per ricorrere. La Regione farà la sua parte”.
“La faccenda non è affatto conclusa, abbiamo 60 giorni di tempo per presentare le nostre osservazioni”, ha invece dichiarato Stefano Zanette, presidente del Consorzio Prosecco Doc. Mentre, il Friuli-Venezia Giulia, con il Veneto e il Consorzio Prosecco, è pronta a dare tutto il suo supporto al ministero delle Politiche agricole per costruire il fascicolo di opposizione contro la domanda di riconoscimento. Lo ha reso noto Stefano Zannier, assessore regionale alle Risorse agroalimentari del Friuli-Venezia Giulia.