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Giro, primo acuto di Cavendish: a Napoli è sua la prima maglia rosa

Erano dieci anni che il Giro d’Italia non cominciava con una tappa in linea. L’ultima volta, prima di una serie ininterrotta di crono-prologhi, fu nel 2003 a Lecce con Alessandro Petacchi che bruciava Mario Cipollini in maglia iridata. Un’occasione che il più forte velocista oggi in attività, Mark Cavendish, ha colto al volo vincendo la sua undicesima tappa in carriera al Giro. La prima maglia rosa del Giro è sua. L’aveva già indossata nel 2009 tagliando per primo il traguardo al termine della crono a squadre di Venezia vinta dal suo team di allora, la Columbia-High Road. Ma quella fu una volata tra compagni, questa di oggi sul palcoscenico del lungomare di Napoli è stata l’ennesimo capolavoro di “Cannonball” con una rimonta mozzafiato tra un gruppetto scelto di velocisti abilmente sopravissuti a una caduta generale a trecento metri dal traguardo. Sprigionado tutta la sua micidiale potenza, Cavendish ha regolato d’un soffio Elia Viviani e il francese Nacer Bouhanni. Goss era solo sesto. Fuori gioco Paolini e il tedesco Degenkolb coinvolti nel capitombolo che causava un arrivo alla spicciolata. Wiggins, Nibali, Evans e Hesjedal, tanto per citare i big del Giro, si sono ben guardati dal partecipare alla bagarre finale chiudendo la corsa senza danni. Come da regolamento, i ritardi dovuti alla caduta in vista del traguardo sono stati neutralizzati.

Incamerando i 20 secondi di abbuono che quest’anno gli organizzatori del Giro hanno deciso di reintrodurre in tutte le tappe in linea, anche in quelle di montagna, l’anno scorso escluse, Cavendish con la sua Omega Pharma si presenta domani alla crono a squadre di Ischia di 17,4 km con qualche chance in più di mantenere il primato anche se il Team Sky di Bradley Wiggins e la Garmin di Ryder Hesjedal partono con i favori del pronostico. Quello degli abbuoni sarà un fattore di non secondaria importanza nella storia di questo Giro cui sono stati già assegnati sulla carta due padroni: Wiggins e il suo principale sfidante, Nibali. Ma l’inglese deve dimostrare sulle grandi montagne di essere sempre brillante, come invece non lo è stato nel Tour pur vinto dell’anno scorso. Nibali, pur arrivando sul podio della Grande Boucle, ha mostrato seri limiti nel dare spessore e continuità ai suoi scatti in montagna, come se patisse lo sforzo soprattutto nell’ultima settimana del Tour. Ecco perché anche il gioco degli abbuoni può essere decisivo in un Giro che, come i più recenti, potrebbe essere risolto sul filo dei secondi. Prova ne è che se ci fossero stati anche nelle frazioni di montagna, con i 20 secondi accumulati vincendo le tappe con arrivo in salita, il Giro dell’anno scorso l’avrebbe vinto non Hesjedal ma Purito Rodriguez.

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