Simon Yates è un britannico che piace alla gente del ciclismo per ché non si nasconde. E il traguardo di oggi, posto in cima allo Zoncolan, ai piedi del quale si erge niente meno che la “porta dell’inferno”, fa gola alla maglia rosa: per entrare nella storia ma più semplicemente per staccare i rivali che lo incalzano alle spalle. “Non conosco lo Zoncolan, ma so che è una salita mitica. Non mi aspetto grandissimi distacchi. Comunque proverò ad attaccare e mi piacerebbe arrivare solo in cima. Gli avversari? Mi fanno tutti paura ma temo Dumoulin a causa della cronometro favorevole. L’ultima settimana sarà molto dura“.
Yates non ama fare pretattica e non l’fatta nemmeno ieri al termine della tappa di Nervesa, tutta piatta e tranquilla -, che ha visto Elia Viviani, sempre maglia ciclamino, centrare uno splendido tris – parlando della frazione di oggi, 4mila metri di dislivello con l’arrivo sulla montagna, ritenuta la più dura di tutte, più dell’Angliru spagnolo, molto di più della leggendaria scalata all’Alpe d’Huez. Il britannico da quando è in maglia rosa, dal giorno dell’Etna, ha detto a tutti di essere qui per vincere il Giro, e vuole vincerlo a modo suo, attaccando e vincendo. Ed è stato di parola diventando il grande protagonista della corsa. Vincere due tappe in maglia rosa è impresa che è riuscita solo ai grandi nel passato. Yates ha tutte le carte per fare il tris sullo Zoncolan, un test più che probante per le sue ambizioni.
Il leader della Mitchelton-Scott sa di dover staccare un cliente duro a cedere come Tom Dumoulin perché teme che nella crono di Trento di martedì l’olandese, formidabile cronoman, potrebbe non solo colmare il distacco di appena 47” che lo separa ma anche tornare in maglia rosa. Ecco perché Yates oggi vuole battere e distanziare Dumoulin senza mai perdere d’occhio Pinot, Pozzovivo e Carapaz, gli altri tre rivali che compongono l’attuale top five del Giro, racchiusi in meno di due minuti. Tappa con quattromila metri di dislivello da scalare in 186 km, lo Zoncolan, dal versante di Ovaro, negli ultimi 10 km presenta una pendenza media dell’11,9% con punte terribili fino al 22%, tanto in verticale da rischiare di annullare spesso le differenze. Vincesse Yates metterebbe una seria ipoteca sul Giro come fecero nel passato Gilberto Simoni (2003) e Ivan Basso (2010). Nelle altre tre volte che la corsa rosa arrivò lassù, nel 2007 vinse ancora Simoni ma il Girò finì nelle mani di Danilo Di Luca, nel 2011 – Giro a Michele Scarponi dopo la squalifica di Contador – l’aquila dello Zoncolan fu Igor Anton. L’ultima volta che i girini scalarono il gigante friulano fu nel 2014 (vittoria finale di Nairo Quintana) con il vittorioso assolo di Michael Rogers, autore di una fuga partita da lontano.
E Froome e Aru, dove sono finiti? Due settimane fa, quando il Giro si preparava alla partenza da Gerusalemme, pochi avrebbero immaginato di non vederli protagonisti alla vigilia di una tappa clou come quella dello Zoncolan, quasi ignorati ormai nei pronostici, sia il keniota bianco, sia il cavaliere dei quattro mori, due ombre in corsa fin qui, sempre fuori da ogni azione importante, spesso staccati da Yates ma anche da Dumoulin, Pinot, Pozzovivo. Per il padrone del Tour e il campione d’Italia, lo Zoncolan è l’ultima chiamata. Se non rispondono nemmeno oggi, per loro è davvero game over.