Finalmente una tappa da ricordare, quella che ha portato il Giro, in una giornata grigia sotto la pioggia, da Busto Arsizio a Piani dei Resinelli, una tappa che se ha premiato Matteo Rabottini, l’eroe della giornata, in fuga per oltre 140 chilometri, primo in solitudine sui quattro gran premi della montagna, ha ridato la maglia rosa a Joaquin Purito Rodriguez, esaltante negli ultimi due chilometri, una scatto esplosivo che lasciava sui pedali Basso, Scarponi, Kreuziger e ancor più Hesjedal e che portava lo spagnolo a raggiungere prima il compagno di squadra Losada e poi, ad appena 750 metri dal traguardo, lo stesso Rabottini. Solo con un disperato rigurgito di forze e di orgoglio l’italiano della Farnese – non per nulla il suo team manager Luigi Scinto lo definisce “un cagnaccio per il carattere mai domo” – riusciva a rimontare in volata Rodriguez, che si accontentava del secondo posto anche perché quella di oggi era una delle cinque tappe di vera montagna in cui non sono previsti gli abbuoni di 20” al vincitore.
Compresso per 14 tappe, in cui tutti controllavano tutti e nessuno osava a sparigliare le carte, il Giro finalmente è riuscito a togliere il tappo alla corsa e nei 169 km di oggi verso il 1280 metri dell’arrivo di Piani dei Resinelli si è assistito a uno spettacolo continuo con più corse dentro la corsa. C’era Rabottini, che di chilometro in chilometro attirava le simpatie della gente, simpatie che si sono trasformate in autentico tifo quando lo si è visto andare a sbattere contro un marciapiede nella discesa del Culmine di San Pietro: mancavano 16 Km al traguardo e aveva ancora oltre 2 minuti di vantaggio sugli immediati inseguitori; stordito e per un attimo disorientato, si rimetteva in sella barcollando per qualche metro ma poi di nuovo via a realizzare il sogno e l’impresa di una carriera. E pensare che ieri, dopo una foratura, era salito su un’altra bici pedalando sfiduciato verso Cervinia. Inspiegabilmente il telaio della sua era rimasto appoggiato sul ciglio della strada. Dimenticato, era stato raccolto poi da un tifoso. Rabottini voleva ad ogni costo la sua bici, anche a costo di non partire da Busto. Ecco allora che il meccanico della Farnese, dopo averlo fortunatamente recuperato in tarda serata, ha lavorato fino alle tre di notte per rimettere in ordine il telaio. E Rabottini, riavuto il suo arnese di lavoro, si è trasformato in una sorta di Rambo”. Se bisogna dargli un voto è un 10 senza dubbio.
Un voto alto merita, se non per l’esito ma per il coraggio, anche Damiano Cunego, che non vincerà il Giro ma che è l’unico tra ieri e oggi ad aver provato ad infiammare alla grande la corsa tra i big. Quando corre sulle strade del Giro della Lombardia che ha già vinto due volte, Cunego dà sempre l’impressione di esaltarsi. Forse soffre la considerazione superiore che il suo team, la Lampre, mostra nei riguardi di Scarponi, sta il fatto che il corridore veronese nella discesa del Valico di Valcava, primo gran premio della montagna della giornata, si è involato con un gruppetto di corridori, tra cui c’era anche Amador, il vincitore di Cervinia, all’inseguimento di Rabottini, azione che l’ha portato a essere per molti chilometri maglia rosa virtuale, con un vantaggio su Hesjedal di circa 1’30” quando mancavano 55 km all’arrivo. Poi sull’ultima ascesa verso Piani dei Resinelli Cunego pagava lo sforzo, prima perdendo il contatto con i primi inseguitori di Rabottini (guidati dallo spagnolo Alberto Losada che avrebbe fatto da punto di appoggio per il suo capitano Rodriguez), poi facendosi raggiungere e superare anche dal gruppetto dei migliori.
Ovviamente, nei quartieri alti del Giro, un 10 con lode va di diritto a Joaquin Rodriguez che in assoluto appare lo scalatore più brillante e che sotto gli occhi del connazionale Angelino Soler – lo spagnolo ospite del Processo della Tappa della Rai che 50 anni fa nel Giro vinto da Franco Balmamion trionfò per distacco nell’unica volta in cui la corsa rosa fece tappa ai Piani dei Resinelli – ha fatto chiaramente capire che lui, Purito, è qui per vincere il Giro. A piccole stoccate, senza mai tramortire gli avversari, questa sembra la tattica scelta dal leader della Katusha che oggi ha guadagnato altri 25” su Basso e Scarponi (rispettivamente quinto e sesto all’arrivo); 29” su Kreuziger e John Gadret ; 39” su Hesjedal; 54” su Tiralongo; 1’11” su Cunego ; 1’15” su Sandy Cazar; 2’05” su Pozzovivo che era il più gettonato dai bookmaker per la vittoria di tappa ma che tra i primi della classifica è quello che ha più deluso. “Ho patito per i crampi della fame sulla salita finale”, si è giustificato il corridore lucano, trionfatore a Lago Laceno.
Se anche oggi, soffrendo come sempre, Mark Cavendish ha portato a termine la tappa con un’altra mezz’ora abbondante di ritardo, un big al contrario si è arreso fin dai primi chilometri appena fuori Busto Arsizio: è il lussemburghese Frank Schleck che accusando dolori alla spalla ha preferito salire sull’ammiraglia per far ritorno a casa. Era venuto al Giro all’ultimo momento, corteggiato dagli organizzatori, che a corto di campioni stranieri, lo avevano presentato come una star del ciclismo mondiale. Schleck, prima che con le gambe, questo Giro l’aveva già perso con la testa, poco convinto di esserci fin dall’inizio. Per uno che, pur bravo, nel suo palmarés ha solo un Giro della Svizzera e un podio (terzo) al Tour dell’anno scorso dietro a Evans e al fratello Andy, un Giro come questo senza un fuoriclasse che lo potesse dominare, poteva essere un’ottima occasione per rimpolpare la bacheca.
Altro ritiro odierno da segnalare quello del campione d’Italia, Visconti. Domani il Giro riposa. Martedi la carovana ripartirà verso le Dolomiti con arrivo a Falzes: tappa piatta ma con uno strappo finale al 12% che potrebbe metter voglia a Rodriguez di arrotondare di altri secondi il suo vantaggio che oggi è di mezzo minuto esatto su Hesjedal e di 1’22” sul terzo che è Basso. Seguono Tiralongo a 1’26”; Kreuziger a 1’27”; sesto Scarponi a 1’36”.