Dopo aver fatto razzia di tappe, ben cinque, alla Vuelta del settembre scorso, John Degenkolb, classe 1989, velocista della scuola tedesca alla Greipel tutta potenza e fisicità, ha messo la sua firma anche al Giro vincendo a Matera, la città dei celebri sassi, una frazione tutta pianeggiante tranne che per l’ascesa – per niente facile – di Montescaglioso: una salita non lunga ma più che sufficiente per tagliare le gambe a velocisti di razza come Cavendish e Goss, che avrebbero potuto rovinare la festa al tedescone della Argos Shimano.
Con il gruppo praticamente ricompattato, Degenkolb è stato anche fortunato perché nella bagarre finale avviene la solita caduta quotidiana, innescata dallo sloveno Mezgec (compagno del tedesco), che ha praticamente messo fuori gioco Modolo, l’unico velocista rimasto in lizza per lo sprint. Nel groviglio di bici e gambe all’aria, pare avere la meglio un giovane dal nome sconosciuto, il vicentino Marco Canola che pigia forte sui pedali intravedendo il traguardo che è sempre più vicino: ma come accadde in una corsa ben più importante, nel mondiale di Gap del 1972, Canola fa la fine di Bitossi: tutti ricordano come allora “Cuore matto”, esausto dopo aver bruciato l’ultimo watt di energia, si vide scavalcato sulla linea d’arrivo da Marino Basso. Una beffa iridata, un dramma sportivo entrati nella storia del ciclismo.
A Matera a soffiare la vittoria a Canola è rinvenuto, come un Tir lanciato in folle, Degenkolb che di prepotenza ha fatto sua la tappa. Canola crollava di schianto. Così seondo era lo spagnolo Angel Arcos Vicioso, terzo il belga Paul Martens. Tempo neutralizzato per tutti i coinvolti nella caduta, la classifica non cambia di una virgola. Così Luca Paolini può allungare di un altro giorno la sua favola rosa di debuttante fuori tempo.