“Yes, I can! Non vedo i big più forti di me”. Una frase del genere non te la saresti mai aspettata da un ciclista trentunenne, quindi non più giovanissimo, con alle spalle un palmarès piuttosto scarno: tre vittorie (una tappa alla Vuelta e al Giro della California oltre al campionato canadese a cronometroi) e un solo piazzamento tra i primi dieci nelle grandi corse a tappe (settimo posto al Tour 2010).
Eppure dopo quanto è avvenuto nel tappone di mercoledì a Cortina, il canadese Ryder Hesjedal – che prima di conquistare a Rocca di Cambio la maglia rosa era quasi sconosciuto ai più tanto da dover precisare ai suiveur che il suo cognome cominciava con l’acca – è diventato un incubo per Rodriguez, per Basso e per chi pensa ancora di vincere il Giro: un avversario imprevisto, sorprendente sul Giau, sicuro in discesa, da eliminare nelle due ultime tappe di grande montagna, tra domani e sabato, sulle durissime pendenze di Pampeago, del Mortirolo e dello Stelvio, dove l’altitudine toglie ossigeno e moltiplica lo sforzo.
Oggi la classifica non si è mossa: in programma c’era una tappa del tutto tranquilla, in cui i big hanno rifiatato lasciando il palcoscenico ai velocisti. A vincere, battendo nientemeno che sua maestà Mark Cavendish, è stato Andrea Guardini, ultimo in classifica a più di 4 ore da Rodriguez, la maglia nera che batte quella iridata, una bella favola avvenuta sul traguardo di Vedelago, a due passi da Treviso. A tre giorni dalla fine Hesjedal è sempre a 30” da Rodriguez mentre ha un vantaggio di 52” sul terzo che è Ivan Basso e di 1’06” su Michele Scarponi. Uran e Pozzovivo, che domani sull’Alpe di Pampeago sono attesi a un nuovo probante test, sono ancora più staccati.
La lotta, mai tanto aperta, per la vittoria finale sembra perciò restringersi ai primi quattro, racchiusi in un minuto e 36 secondi. Ma se Hesjedal non verrà staccato di almeno due-tre minuti dal trio Rodriguez, Basso e Scarponi nelle due terribili frazioni che attendono il Giro prima di domenica, la cronometro di Milano, che di solito è una passerella trionfale per chi il Giro l’ha già vinto sulle montagne, potrebbe diventare una beffa per i tre big e un’apoteosi per il canadese.
“Il mio chiodo fisso”, ripete da giorni Rodriguez ma lo pensano anche Basso, Scarponi e Pozzovivo , “è staccare Hesjedal”. Se si prendono per validi i parametri dell’unica tappa contro il tempo fin qui affrontata dai girini, il cronoprologo di Herning vinto da Taylor Phinney, non c’è scampo per gli avversari di Hesjedal. Sugli 8,7 km della prima mini-tappa il canadese è stato capace di infliggere a Basso 1”14 centesimi al chilometro, ben1’60 centesimi a Rodriguez, addirittura 4”25 centesimi a Scarponi. Vantaggi che, se fossero confermati su una distanza ben più lunga – sono 30 i chilometri della crono milanese – darebbero la maglia rosa finale al canadese. Sarebbe la prima volta che il Giro si decide all’ultimo chilometro dell’ultima tappa. Capitò qualcosa di simile al Tour del 1989 quando Greg Lemond portò via la maglia gialla a Laurent Fignon per 8 secondi al termine della crono finale sui Campi Elisi. Ma Lemond era un campione conosciuto. Altrettanto lo era Fignon. Campioni che oggi al Giro non ci sono più. Ci sono solo buoni corridori ma basta un Hesjedal sbucato dal nulla a impensierirli. Tanto più dopo che si è visto l’alfiere della Garmin pedalare sui rulli per rilassarsi al termine del tappone di Cortina: un’immagine che ha impressionato tutti. Anche i bookmaker che si sono affrettati ad abbassare da 15 a 3,5 la quota di Hesjedal come possibile vincitore del Giro. Basso per la Snai è sempre il favorito a 2,50 tallonato da Rodriguez a 2,75. Ma il canadese è lì. Meno fiducia in Scarponi quotato a 9 mentre Pozzovivo è dato a 30.