“Veni, vidi, vici e me ne andai”: Giulio Cesare in versione Gorilla, è questo l’André Greipel che trionfa per la terza volta in questo Giro sul traguardo di Bibione – battendo con irrisoria facilità Caleb Ewan e Giacomo Nizzolo – e poi corre in albergo a fare le valigie. Auf Wiedersehen, grazie di tutto ma il tedescone deve prepararsi per il Tour. Non può andarci con le pile scariche e le gambe intossicate dalle fatiche per scalare le Alpi. Come una guest star, il Gorilla, questo è il nickname di Greipel, recita fino in fondo la sua parte: eccolo sul palco a sprizzare gioia festeggiando la tripletta, sesta sua vittoria in carriera nel Giro.
Riceve dalle miss un doppio bacio come vincitore di tappa e come maglia rossa di leader della classifica a punti. Ma detesta l’aria delle Dolomiti e il gigante di Rostock, allergico come tutti i grandi velocisti alle pendenze, non se la sente più di sudare nelle retrovie del gruppo, come un Malabrocca qualunque. Dice ciao alla carovana, lasciando a Nizzolo la maglia rossa che probabilmente avrebbe potuto portare fino a Torino visto il vantaggio di punti accumulato.
Un ritiro di cui già si parlava ad Asolo, confermato ieri mattina prima ancora di partire da Noale per la tappa più pianeggiante del Giro, ideale palcoscenico in cui il tedesco ha potuto esibire per l’ultima volta il suo know-how: potenza assoluta e abilità innata nel trovare le traiettorie giuste per piazzare il suo micidiale sprint. Uno spettacolo e subito dopo un addio che lascia l’amaro in bocca a chi ama il ciclismo di un tempo, quando per tutti finire il Giro era un onore prima ancora di un obbligo. Ma erano altri tempi: oggi è sempre più un ciclismo di specializzati.
C’è il ciclista nato per la Roubaix e il Fiandre (è il caso di Tom Boonem che ha costruito la sua gloria sul pavé e sui muri del Nord); c’è l’atleta che corre per vincerlo solo il Tour (un nome su tutti, Chris Froome per non citare lo squalificato Lance Armstrong); c’è l’uomo quasi imbattibile a cronometro (ad esempio Tony Martin). Kittel e Greipel sono due fuoriclasse delle volate. Altro non sanno fare. Gesto riprovevole senz’altro ma il loro ritiro senza una ragione valida non sorprende più. E’ quasi scontato. Fare il Giro per allenarsi in vista del Tour o del mondiale in Qatar non è un reato.
Tanto più che da oggi si comincia ad affrontare le montagne vere. Greipel e Kittel sarebbero state pallide comparse arrancanti sui tornanti delle Dolomiti. Adesso che il gioco si fa duro, largo ai duri. Nibali e Valverde non possono più nascondersi. Per Jungels sempre in maglia rosa e gli outsider che ancora affollano la top ten della classifica ieri immutata (da Amador a Zakarin e Krujiswjick) sono arrivati i giorni della verità. Il Giro pregusta tappe di fuoco, ideali per dimenticare subito l’antipatico gesto di un Gorilla tedesco.