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Giovani: gli expat sono più ottimisti e felici di coloro che rimangono in Italia. In pochi tornano

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Sono sempre di più i giovani che decidono di lasciare l’Italia e quasi nove expat su dieci ritengono che il futuro sia frutto del proprio impegno e sette su dieci che sarà felice e ricco di opportunità; infine, due su tre ritengono che sarà migliore. Le percentuali cadono in picchiata se a rispondere alle stesse domande sono i giovani rimasti a vivere al Nord: meno di sei su dieci credono che il futuro dipenda dal loro impegno e comunque meno di cinque su dieci pensa che sarà felice e solo tre su dieci che sarà ricco di opportunità. 

Se l’incertezza è il tratto comune a tutti i giovani, le paure sono più diffuse tra quelli che abitano nel Settentrione d’Italia che tra i giovani expat: tre su dieci vedono il domani come pauroso, contro due su dieci tra gli expat; e due su dieci che sarà povero e senza lavoro, contro nemmeno uno su dieci tra gli expat. Cambiano nettamente anche le opinioni sul futuro sia dell’Italia, vista peggio da chi è andato via (il 59% ritiene che evolverà negativamente, contro il 48%), sia dell’Europa, che gli expat pensano sarà migliore (37%, contro 24% tra i residenti nel Nord del Paese). 

Chi va via vuole il premio al merito, per chi resta conta meno

Chi va via lo fa per rimettersi in gioco e perché pensa che altrove siano più elevate le possibilità di dimostrare il proprio valore e di ricevere in cambio il meritato riconoscimento. Infatti, nelle opinioni degli expat e dei “rimasti” è molto diversa la considerazione circa il merito. Tra chi è espatriato l’85% pensa che la meritocrazia sia minore in Italia rispetto agli altri paesi avanzati dove è andato, contro appena il 54% tra i residenti nel Nord Italia. Così per i primi la carenza di meritocrazia è stata forte ragione per andarsene.

Perché i giovani vanno via e perché tornano? 

Quasi sette giovani expat su dieci (68,3%) hanno deciso di emigrare per motivazioni legate al lavoro o di studio (ricerca di migliori opportunità di lavoro, di formazione, di un salario più elevato, per una nuova occupazione o accusando la mancanza di lavoro in Italia), mentre uno su quattro (25,8%) lo ha fatto per trovare una migliore qualità della vita o un contesto più in linea con i propri valori. Solo il 5,9% per ragioni familiari.

Alle forti ragioni prioritarie che inducono ad andarsene fa da specchio la principale motivazione per rientrare: Il 74,3% lo fa per ragioni personali o familiari o per nostalgia del Belpaese. Solo il 7,1% risponde citando un’occasione di lavoro in Italia – intesa dunque in senso migliorativo rispetto alla propria situazione attuale all’estero.

“Non tanti” perché appena il 16% dei rispondenti si immagina in Italia tra tre anni, mentre uno su due non si colloca geograficamente bensì professionalmente (ovunque mi porteranno le migliori opportunità) e uno su tre è convinto di rimanere all’estero.

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