L’assenza delle piante tipicamente legate all’apicoltura, e dalle quali le api ricavano il nettare che diventerà miele, rende molto difficile fare apicoltura in alta montagna. Ma è importante preservare e diffondere questa attività. Giunge di grande attualità, alla vigilia della Giornata mondiale delle Api che si svolge in tutto il mondo il 20 maggio, e della Giornata mondiale della biodiversità, il 22 maggio, che il Presidio Slow Food dei mieli alpini d’alta montagna si sia allargato a otto nuovi apicoltori in Friuli-Venezia Giulia e in Trentino-Alto Adige.
Che le api (così come altri insetti) svolgano un ruolo fondamentale per l’impollinazione non è un segreto: questa funzione, naturalmente, la svolgono anche alle quote più alte dove, senza il loro lavoro, rododendri, campanule, lupinelle e trifogli fiorirebbero con più difficoltà, affidandosi al vento o al lavoro di altri insetti come bombi e api selvatiche. Le api, insomma, giocano un ruolo importante nell’impollinazione delle aree montane, e l’apicoltura, evidentemente, favorisce questo processo.
Ma le ragioni del Presidio dei mieli di alta montagna alpina risiedono anche nel fatto che l’apicoltura genera cura del territorio: un po’ come accade con l’allevamento, che assicura benefici ai prati dove gli animali pascolano durante l’alpeggio, anche produrre miele è un modo per combattere l’abbandono e l’impoverimento delle Terre Alte e scongiurare l’avanzata incontrollata dei boschi, un fenomeno che (a differenza di quanto possa sembrare) non è positivo ma rischia di generare problemi di gestione del territorio, come frane, smottamenti, incendi.
I benefici dell’apicoltura in alta montagna per i pascoli e la salvaguardia del territorio
Inutile poi sottolineare il fatto che i mieli di alta montagna, ad di là delle tantissime e notorie proprietà salutari per il nostro organismo siano eccezionali. Il profumo delicato li accomuna tutti, ma ciascuno ha caratteristiche che li distingue dagli altri: quello di rododendro e il millefiori sono più freschi e raffinati, perfetti per accompagnare pecorini stagionati o erborinati; quello di melata, dal colore quasi nero, ha un sapore più aromatico che ben si sposa con formaggi di media stagionatura.
Anche mieli dello stesso tipo sono profondamente diversi a seconda della zona geografica dove si trova la pianta: da ovest a est, dal Piemonte al Friuli-Venezia Giulia, il miele di rododendro, ad esempio, ha proprietà organolettiche differenti, anche perché le piante crescono ad altitudini diverse a seconda delle caratteristiche del terreno. Insomma, una biodiversità nella biodiversità!
Produrre miele in alta montagna non è semplice, perché i raccolti sono quantitativamente scarsi: quando l’annata è buona (capita una volta ogni quattro o cinque anni), ci si assesta su pochi quintali. Il miele di melata d’abete non si fa neppure tutti gli anni, quello di rododendro è così raro che è una peculiarità quasi esclusivamente italiana. Eppure, c’è chi crede in questo lavoro: i produttori coinvolti dal Presidio Slow Food oggi sono una cinquantina in cinque regioni: Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Trentino-Alto Adige e nella zona carnica del Friuli-Venezia Giulia. Il recente allargamento verso est, reso possibile dal sostegno di Ricola, rappresenta un importante sviluppo del progetto che consente di abbracciare l’intero arco alpino.
Chi investe nell’apicoltura ad alta quota lo fa perché conosce l’importanza delle api e l’eccezionalità delle produzioni: «In un vasetto di miele ci sono ore di lavoro, competenza tecnica, conoscenza e profondo rispetto per lo straordinario lavoro di questi insetti» spiega Alexandra Moretti, apicoltrice e coordinatrice del gruppo di produttori del Friuli Venezia-Giulia. «Con gli altri produttori del Presidio Slow Food condividiamo le metodologie di lavorazione e lo stesso approccio verso le api». Le fa eco Maria Luisa Zoratti, che nella stessa regione è referente Slow Food del Presidio: «La nostra priorità è sostenere la comunità di apicoltori che contribuisce al mantenimento della biodiversità dei prati e dei pascoli di alta montagna, da tempo soggetti all’abbandono. Lo spopolamento delle aree montane può essere contrastato: noi lo facciamo incentivando attività produttive sostenibili e amiche dell’ambiente».
Come aiutare le api in città? Gettando palline di semi di fiori nelle aiuole, nei giardini
In occasione del 20 maggio l’organizzazione ha lanciato l’iniziativa Slow Food Flower Power con l’obiettivo di rispondere a due necessità ecologiche urgenti: salvaguardare le api e tutti gli altri insetti impollinatori e rigenerare la biodiversità del nostro pianeta.
Di che si tratta? Slow Food invita tutti a fare delle palline di semi di fiori (un mix di semi di fiori selvatici, argilla e terra) per lanciarle nel proprio giardino, negli spazi verdi pubblici o anche in un vaso sul balcone
Per fare le sfere di fiori occorre procurarsi semi di fiori selvatici – dal proprio giardino o da un negozio di giardinaggio. È molto importante procurarsi semi di varietà autoctone, il rischio è di usare semi di infestanti. Il consiglio è di informarsi sulla flora locale tipica e usare quei semi e non altri. Quindi serve polvere di argilla da qualsiasi negozio di artigianato, compost senza torba e acqua
Si procede quindi mescolando in una ciotola 1 tazzina di semi con 5 tazzina di compost e 2-3 tazzine di argilla in polvere (si può usare in alternativa il terriccio). Si mescola lentamente l’acqua con le mani fino a fare delle polpettine con il composto. Si lasciano asciugare le palline in un posto soleggiato finché non diventano dure. Ora non resta
Che piantare le sfere di semi lanciandole nelle parti spoglie del giardino o nei terreni incolti della città (rotatorie trascurate, aiuole e fioriere ecc.) e aspetta di vedere spuntare i fiori che daranno prezioso nettare alle api.
C’è una vasta gamma di piante che attirano le api, tra cui borragine, lavanda, malva, rosmarino, timo, calendula, calendule e veccia, tra molte altre! Ma attenzione: molti semi commercializzati come “adatti alle api” sono stati trattati chimicamente e hanno proprietà insetticide; quindi, assicurarsi di ottenere semi e piante che non hanno subito alcun trattamento insetticida.
Bee the future: seminare fiori a tutela della biodiversità
Anche Eataly celebra il suo impegno per la salvaguardia della biodiversità Dal 20 al 22 maggio Eataly Torino, Milano, Roma, Genova e Piacenza regaleranno, a chi acquista una bustina di semi Bee the Future a scelta, una paletta da giardinaggio personalizzata con grafica Bee the Future, per incentivare le persone a seminare sui balconi e terrazzi di casa i fiori amici delle api. L’iniziativa ha lo scopo di trasmettere il messaggio che salvaguardia delle api e tutela della biodiversità sono azioni che possono partire anche dal singolo individuo e che ognuno può fare la sua parte. Inoltre, dal 20 maggio in tutti gli Eataly arriverà anche una edizione limitata di Beeopak con la grafica di Bee the Future, la pellicola ecologica realizzata con cotone e cera d’api biologici, ideale per conservare il cibo fresco più a lungo rispettando l’ambiente.
Bee the Future, progetto nato nel 2018 con la collaborazione di Slow Food e Arcoiris, si è posta l’obiettivo di donare, entro il 2023, 10 milioni di semi amici delle api a Enti, Comuni e associazioni impegnate nella cura del verde urbano e a chiunque voglia aderire al progetto e battersi per questa giusta causa. In questo primo anno sono stati donati oltre quattro milioni di semi destinati alle aree verdi di Milano, Torino, Roma, Piacenza, Genova e Pollenzo (Cn).