X

Giornata mondiale della Felicità: ma siamo davvero così infelici? Secondo Eurostat no

Non solo la primavera (l’equinozio scatta oggi alle 17,57) ma anche e soprattutto la Giornata Mondiale della Felicità. Almeno secondo l’Onu, che dal 2012 ha istituito il 20 marzo come giorno per celebrare il benessere e la felicità quali aspirazioni universali della persona umana e dunque obiettivi fondamentali delle politiche pubbliche.

E mentre una curiosa classifica stilata in base ai cinguettii su Twitter ha a sorpresa eletto Genova come la città più felice d’Italia, Eurostat ha pubblicato proprio oggi dieci indicatori che analizzano i vari aspetti della qualità della vita complementari a quello normalmente usato per le comparazioni, ossia il Pil pro capite. La felicità non sono infatti solo i soldi, e l’istituto statistico europeo ne ha tenuto conto.

Ma come è messa l’Italia? Meno peggio di quello che si potrebbe pensare, nonostante il periodo non proprio florido. La prima voce, subito significativa, è quella della percentuale di persone che non sono in grado di affrontare spese impreviste. Quasi chiunque, leggendo queste righe, penserà di essere annoverato nel conteggio, invece stando ai dati solo il 42,5% di noi lo è: percentuale comunque alta, ma in linea con la media dell’Eurozona (40,2%) e meglio del Regno Unito (42,9%). I peggiori sono gli ungheresi, quelli più attrezzati gli svedesi.

Nella media sono anche le performance dello Stivale su altre voci, come quella degli omicidi (1 ogni 100mila abitanti, media Ue-28 a 1,1), del rapporto tra il 20% più ricco della popolazione ed il 20% più povero (5,5% contro il 5,1% della media eurozona mentre molto peggio fa la Spagna con il 7,2%) e della soddisfazione generale per la vita in una scala da 1 a 10, che vede il Belpaese aggiudicarsi la sufficienza piena con un 6,9 vicino al 7,1 dei 28 Paesi partner. Sul podio, con voti dall’8 in su, il classico trio scandinavo Danimarca-Finlandia-Svezia.

Ma ciò che più sorprende è la competitività dell’Italia nella graduatoria del Pil pro capite, che calcolato a parità di potere d’acquisto vede svettare il Lussemburgo e l’Italia fare esattamente come la media continentale con 25.600 euro contro 25.500. La Spagna è leggermente sotto, mentre la peggiore risulta essere, sempre secondo i dati Eurostat, la Bulgaria con  12.000 euro. Ci sono poi due voci in cui lo Stivale si fa addirittura più che rispettare: come noto, sull’aspettativa della vita, la più alta insieme a quella spagnola (82,5 anni) e davanti a quella della Francia (il Paese meno longevo è invece la Lituania, dove si muore a 74 anni); e poi, un po’ a sorpresa, sulla differenza percentuale tra i salari degli uomini e quelli delle donne. In Italia è al 6,7%, il quarto dato più basso d’Europa, e nettamente sotto la media che vede ancora un 16,4% di differenza tra retribuzioni maschili e femminili: il Paese più paritetico è la Slovenia, quello più “maschilista” l’Estonia.

Non mancano, però, le solite note dolenti. Innanzitutto l’inquinamento: in quanto a concentrazioni di Pm10 (polveri sottili) nelle maggiori città, l’Italia fa meglio solo di Bulgaria, Polonia, Romania, Cipro, Slovacchia e Ungheria. Molto meglio di noi anche Paesi industrializzati e urbanizzati come Francia e Germania. Poi il reddito mediano, che ci vede dietro persino a Cipro e di poco davanti a Malta: in questo caso non esiste un parametro europeo, ma il nostro reddito medio recita 15.600 euro, contro i 26mila e passa del Lussemburgo, i 19mila di Cipro, i 18.700 della Francia, i 17.636 del Regno Unito.

Infine, scuola e disoccupazione. Il tasso di abbandono scolastico italiano è tra i più alti del continente, appena dietro a Spagna (drammaticamente al 25%), Malta e Portogallo, a completare un quartetto di testa che più mediterraneo non si può. Molto meglio di noi (17,6%) fa pure la Grecia (11% circa), mentre il Paese europeo più virtuoso è appena al di là del Mar Adriatico: la Croazia, con il 4,2% di ragazzi che non completano l’iter scolastico. Chiude la classifica della (in)felicità l’immancabile dato sul tasso di disoccupazione, in questo caso intelligentemente circoscritto a quello di lunga durata (oltre i 12 mesi consecutivi): comandano Grecia (14,4%) e Spagna (11,1%) ma l’Italia registra un 5,7% che la pone al di sopra della media Ue-28 (4,7%). In questo caso i migliori, o per così dire i più felici, sono i nostro vicini austriaci: da loro, solo 1 persona ogni 100 è da troppo tempo senza un’occupazione.

Related Post
Categories: Mondo