“Ciò che è avvenuto negli ultimi tempi conferma la necessità di fare altri passi avanti, tanto in Europa quanto a livello globale” per rafforzare il patrimonio e la liquidità delle banche. A dirlo è Luigi Federico Signorini, direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass, intervenendo alla 55ª Giornata del Credito. “A più di un anno dalla svolta restrittiva della politica monetaria – prosegue Signorini – i dissesti bancari che si sono osservati nel marzo scorso nel comparto delle banche regionali statunitensi e in Svizzera hanno riportato l’attenzione delle autorità, degli osservatori e dell’industria stessa su alcuni temi di natura regolamentare. E inoltre sulle criticità esistenti nel quadro internazionale relativo alla gestione delle crisi”.
Gli standard prudenziali
“Attuare nell’Unione europea quanto resta inattuato degli ultimi standard di Basilea III resta una priorità. Non siamo lontani; il tempo ha consentito di affinare l’elaborazione normativa sulle questioni più complesse, come quella relativa ai rischi di mercato, e di realizzare, a livello europeo in particolare, la necessaria convergenza d’intenti”, ha dichiarato il dg di via Nazionale spiegando che le recenti “crisi delle banche regionali americane e i conseguenti timori di un contagio hanno messo in luce che pericoli per la stabilità finanziaria possono sorgere non solo da banche molto grandi ma anche da intermediari che presentano particolari squilibri, se nel mercato si diffonde il timore che altri intermediari, più o meno simili, possano avere simili problemi”. È quello che Signorini chiama il “contagio per analogia”, ossia una forma di contagio che non ha nulla a che vedere con esposizioni di altre banche verso quella in difficoltà, o altri rapporti diretti o indiretti tra di loro, né con gli altri fattori fin qui presi in considerazione per giudicare della natura sistemica di un intermediario.
Signorini apprezza che le autorità statunitensi, facendo tesoro di questa esperienza, nella proposta di recepimento delle regole finali di Basilea III abbiano manifestato l’intenzione di ampliare il novero delle banche che saranno obbligate ad applicare gli standard di Basilea.
Possibili soluzioni
Per il presidente dell’Ivass, non sarebbe male introdurre limiti prudenziali alla trasformazione delle scadenze espliciti e sufficientemente articolati del genere di quelli un tempo stabiliti a tal fine da Bankitalia. “Essi potrebbero concretizzarsi in un’evoluzione dell’NSFR (Net stable funding ratio) che così com’è non ha dimostrato di servire a molto. Esso dovrebbe essere ispirato a una logica di backstop”, ovvero una logica simile a quella che, nella costruzione di Basilea III, ha consigliato di affiancare ai requisiti di capitale basati su una valutazione granulare del rischio alcune semplici barriere che mitigano il rischio di modello (output floor, leverage ratio).
E il LCR (liquidity coverage ratio)? “L’esperienza ne conferma l’utilità, dice Signorini, riportando il caso della Silicon Valley Bank. Se fosse stato applicato il LCR, avrebbe segnalato (diversamente dall’NSFR) l’avvicinarsi del rischio, allertando per tempo non solo i supervisori, ma anche lo stesso vertice della banca. “In ogni caso, la fuga precipitosa e rovinosa dei depositi che si è verificata in quell’occasione ha consentito a tutti di toccare con mano l’incremento della volatilità degli stessi dovuto sia alla sempre maggiore facilità tecnica di spostare fondi istantaneamente, sia al modo fulmineo in cui si diffondono notizie e timori, giustificati o meno, tramite i social. Non pare dunque evitabile una revisione delle ipotesi di comportamento dei detentori di depositi a vista che sono alla base dell’attuale calibrazione del requisito. A questo scopo si dovrà anche tener conto adeguatamente del grado di concentrazione dei depositi (un’altra debolezza di SVB) e del livello di protezione offerto dai fondi di garanzia; e forse anche interrogarsi (specie in Europa) sull’opportunità di un innalzamento della soglia garantita”.
Signorini ammette però che questi interventi richiedono tempo. Allora nel frattempo “le banche devono lavorare autonomamente, rivedendo i propri sistemi di gestione dei rischi, affinando gli strumenti usati per la valutazione dell’esposizione al rischio di trasformazione delle scadenze, considerando le possibili relazioni tra rischi di tasso e di liquidità, adottando tutti i rafforzamenti necessari”.
Il dibattito in tema di gestione delle crisi
“Il Financial Stability Board ha avviato una riflessione sulle lezioni apprese da questa crisi”, prosegue il dg spiegando che le prime analisi confermano l’adeguatezza del quadro regolamentare relativo alla risoluzione, mettendo in luce però alcuni importanti problemi applicativi. Inoltre, “resta necessaria una riflessione approfondita circa l’impatto sui mercati di ipotetiche risoluzioni di grandi banche basata sul bail-in e circa le effettive condizioni per applicare questo strumento per i gruppi internazionali”. Come gli strumenti AT1, introdotti nel quadro prudenziale al fine di disporre di un cuscinetto che potesse assorbire le perdite della banca in un contesto di continuità operativa (going concern) prima cioè di raggiungere un punto di non ritorno. Per Signorini “oltre a rivedere i dettagli tecnici, si dovrebbe anche riconsiderare la questione più fondamentale dell’idoneità degli strumenti AT1 a rappresentare un efficace presidio a copertura delle perdite aziendali in ‘going concern’”.
Dibattito su aumento soglia depositi bancari
Gli episodi recenti hanno puntato i riflettori anche sul tema della protezione dei depositi nell’era dell’innovazione digitale. “La rapidità con cui si sono verificati elevati deflussi dalle due banche americane entrate in crisi nel marzo di quest’anno dimostra la rilevanza dell’incidenza di depositi non assicurati nell’accelerazione di crisi di liquidità. Una valutazione dell’opportunità di incrementare la soglia europea, fissata a 100.000 euro dal 2010, è in corso”. Anche se “nessun sistema di garanzia dei depositi può mettere il sistema bancario del tutto al riparo da rischi di instabilità”.
“L’esperienza insegna che crisi di fiducia e rischi di contagio richiedono flessibilità nell’uso degli strumenti e qualche volta misure di natura eccezionale nonché la disponibilità di un backstop pubblico di liquidità”. Queste vie d’uscita però non dovrebbero essere escluse a priori, ma andrebbero viste caso per caso.
“L’intervento dei fondi di garanzia dei depositanti (DGS) può essere molto efficace per favorire un’uscita ordinata dal mercato e ridurre il costo complessivo della crisi”, come dimostra il successo di strategie simili adottate dal sistema di assicurazione dei depositi negli Stati Uniti (FDIC- Agenzia federale che prende in carico e gestisce le crisi bancarie Usa), al quale secondo il presidente dell’Ivass si dovrebbe guardare con molta attenzione. “Il sistema federale statunitense incentrato su FDIC esiste da novant’anni e funziona”.
Infine, con “rammarico” Signorini osserva “la totale assenza di progressi verso l’istituzione di un sistema di garanzia europeo (EDIS), necessario per completare l’Unione bancaria. Andrebbe tra l’altro valorizzata, al fine di una ripresa del negoziato, la riduzione di quelle differenze di rischiosità tra sistemi nazionali che hanno sin qui ostacolato il raggiungimento di un accordo”, conclude il dg di Bankitalia.