Ieri il Commissario europeo Olli Rehn ha detto quello che molti già sospettavano e che questo giornale aveva denunciato da un paio di settimane:nel 2012 la crescita europea sarà bassa e quella italiana praticamente zero, e che quindi nel 2013 non riusciremo a raggiungere il pareggio di bilancio ,che era il primo obiettivo delle due manovre estive del governo. La ragione è semplice. Puntare solo alla riduzione del deficit attraverso l’incremento della pressione fiscale deprime l’economia e quindi il denominatore del rapporto deficit/PIL rendendo vani gli sforzi per aumentare le entrate del bilancio dello Stato.
E’ come Achille che non raggiungerà mai la tartaruga perché per quanti sacrifici si facciano la discesa del reddito sposta sempre in avanti l’obiettivo di portare a zero il rapporto deficit/PIL. La ricetta proposta dalla commissione europea per riportare in equilibrio i nostri conti pubblici rischia però di fare più male che bene. L’Europa insiste su ulteriori misure di tassazione o di tagli alle spese che a loro volta finirebbero per deprimere ancora di più la crescita e quindi per non raggiungere lo scopo per cui sono state prese. Come si dice da tempo l’unica ricetta valida per spezzare la spirale perversa nella quale l’Italia si è cacciata, e quella di rimettere in moto la crescita. Ma come si può fare una politica di sviluppo in una situazione di emergenza in cui la sfiducia dei mercati ha spinto i nostri titoli pubblici a dover pagare tassi più che doppi rispetto a quelli tedeschi con grave danno non solo per il bilancio dello Stato ma anche per l’intera economia che non trova più credito ad un costo abbordabile?
“Vendere,vendere,vendere! -Giorgio La Malfa,deputato passato ben più di un anno fa al terzo polo,trova nella situazione che si è creata ulteriore conferma alle tesi che va ripetendo da tempo- Non si può pensare di agire solo sul deficit come si è tentato di fare finora. L’eccesso di austerità fa cadere il PIL e quindi il rapporto non arriva mai a zero. Bisogna allora aggredire il debito,quella montagna di 1900 miliardi di Euro che ci sta schiacciando. E per farlo l’unica strada virtuosa, cioè non ulteriormente depressiva è quella di una rapida vendita dei beni pubblici immobiliari e mobiliari, per importi tali da consentire al Tesoro di non dover ricorre per un certo periodo di tempo al mercato dei capitali per collocare i propri Btp. In tal modo si allenta la tensione sui tassi d’interesse e si ripristina una maggiore fiducia sulla solvibilità dell’Italia”.
Non si tratta dei 5 miliardi all’anno previsti dal Governo Berlusconi ma di cifre ben più consistenti che del resto il patrimonio pubblico ben consente di immaginare. “Quando la casa brucia bisogna superare ogni resistenza. Bisogna dare segnali ai mercati di una svolta forte e significativa. Siamo pronti a collaborare con il Governo Monti – continua La Malfa – che mi auguro nasca al più presto,per evitare la crisi definitiva del Paese. Naturalmente per riprendere poi il cammino dello sviluppo non basta una sola misura, occorre un programma più articolato e complesso che affronti finalmente alcune riforme fondamentali volte sia a contenere in via permanente la spesa pubblica, sia a rendere possibile una ripresa della crescita dell’economia. Tuttavia è importante sottolineare che misure una tantum come la vendita dei beni pubblici al fine di abbassare il debito e superare l’emergenza finanziaria, sono in un cerro senso prioritarie rispetto a riforme più strutturali capaci di rimettere in moto la macchina dell’economia. Alla vendita dei beni pubblici, si potrebbe poi aggiungere, nel caso fosse necessario per abbassare ulteriormente il debito, non tanto una patrimoniale pesante, ma semmai un qualche tipo di prestito forzoso come quello proposto da Andrea Monorchio che servirebbe ad abbassare l’onere per interessi che lo Stato deve pagare ed a mettere definitivamente in sicurezza il nostro debito pubblico”.
Si può aggiungere che la vendita del patrimonio pubblico, anche quello degli enti locali, avrebbe un ulteriore effetto benefico sia perché potrebbe aumentare la concorrenza in un mercato in cui le aziende pubbliche spesso godono di forti protezioni, sia perché si ridurrebbero gli spazi di potere della politica, potere che viene usato troppo spesso con scopi clientelari e quindi con grandi sprechi ed inefficienze.
Giorgio La Malfa è da sempre molto critico sulle modalità attraverso le quali in Europa si è dato vita all’Euro. Non lo si può certo accusare quindi, di essere tra i fautori del commissariamento europeo. Molte cose vanno riviste anche a Bruxelles ed alla Bce. Ma se l’Italia non recupera credibilità non potrà nemmeno partecipare alla definizione della nuova organizzazione dell’Europa. E non potremo dare il nostro contributo ad una Europa capace di prendere decisioni più rapide ma anche più solidali.