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Giorgia Meloni contro la canapa tanto cara a Mussolini: la battaglia per “salvare” l’Italia dalla cannabis light

L’Italia, un tempo grande produttrice di canapa durante il fascismo, ora si trova a fronteggiare una battaglia ideologica. Se la legge del Governo Meloni dovesse passare, potrebbe segnare la fine della rinascita di un settore che stava appena trovando il suo posto nel mondo moderno

Giorgia Meloni contro la canapa tanto cara a Mussolini: la battaglia per “salvare” l’Italia dalla cannabis light

Giorgia Meloni sembra aver trovato una nuova battaglia da combattere. E non si tratta di migranti o economia. No, stavolta è la canapa a finire nel mirino del governo, con un pugno di ferro pronto a spezzare le speranze di un intero settore agricolo emergente. Secondo un recente articolo del Financial Times, una battaglia che non solo riguarda la pianta “light” di oggi, ma che affonda le radici nella storia d’Italia, legandosi alla figura di Benito Mussolini, il dittatore fascista che negli anni ’30 promosse la coltivazione della canapa per ragioni di “autarchia” durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma cosa c’è dietro a questa crociata? E quali sono le ripercussioni per giovani coltivatori e imprenditori italiani?

Meloni e la canapa light: la crociata del Governo

Le voci che il governo Meloni stia preparando un divieto totale per tutti i fiori di cannabis in Italia si fanno sempre più concrete. Non si parla solo di vietare la cannabis psicoattiva (la famigerata “marijuana”), ma anche la canapa industriale, quella “light”, che ha trovato un crescente mercato in Italia come prodotto naturale e salutare. Questa varietà di canapa viene utilizzata in numerosi settori, dalla bioedilizia alla cosmetica, passando per il settore alimentare e le energie rinnovabili. È una pianta che ha dimostrato di portare numerosi benefici ambientali: resiste ai parassiti, assorbe metalli tossici dal terreno e riduce le emissioni di carbonio, oltre ad essere un’ottima fonte di biocarburante e cellulosa compostabile. Inoltre, la canapa industriale ha un bassissimo contenuto di Thc, insufficiente a causare effetti psicoattivi, ma è ricca di Cbd (cannabidiolo), una sostanza che ha applicazioni farmacologiche, utile contro il dolore, l’insonnia e lo stress.

Questa legge è stata inclusa in un ampio decreto sulla sicurezza, che è stato approvato dalla Camera dei deputati a settembre e che dovrebbe passare anche al Senato all’inizio del nuovo anno. Insomma, in un colpo solo, il governo sembra intenzionato a sradicare anni di crescita per l’industria della canapa in Italia, che occupa circa 30mila persone in Italia.

Mussolini e la canapa: un tuffo nel passato

Ma non è la prima volta che la canapa fa parlare di sé in Italia. Durante il regime fascista, Benito Mussolini promosse la coltivazione della canapa per ridurre la dipendenza dalle importazioni di cotone e rafforzare l’autosufficienza del paese. Le fibre della pianta venivano utilizzate per produrre corde, vele, tessuti e carta, diventando simbolo di autarchia economica. L’Italia divenne uno dei principali produttori mondiali di canapa, seconda solo all’Unione Sovietica. Ma negli anni successivi, la coltivazione di canapa crollò, sostituita da fibre sintetiche e da una crescente demonizzazione della pianta, alimentata da movimenti globali contro le droghe.

Solo nel 2016, con la legalizzazione della coltivazione di canapa industriale a basso contenuto di Thc, l’Italia ha iniziato a riscoprire il potenziale di questa pianta in chiave ecologica e sostenibile. Così, quello che era un simbolo dell’autarchia fascista è diventato, seppur con un altro spirito, un emblema di innovazione green.

La rivolta dei coltivatori

Nel frattempo, la coltivazione di canapa è tornata a essere una piccola ma fiorente industria, con un fatturato annuale di 500 milioni di euro e il coinvolgimento di circa 3.000 imprese italiane. Questo settore, che spazia dai tessuti alle creme, dai farmaci alla bioedilizia, è sostenuto da giovani coltivatori come Leonardo Rocchetti, un imprenditore che coltiva canapa a Terumo, un piccolo paese a 260 km da Roma. “Abbiamo un enorme problema,” spiega, preoccupato per il futuro della sua azienda, che ha investito 400mila euro per coltivare canapa in una serra di 5.000 metri quadrati, e che fatturava 500mila euro l’anno.

Per molti come Andrea Giametta, cofondatore di Weedzard, la Cbd è la chiave per un prodotto salutare che rilassa, senza causare alcun effetto psicoattivo: “La Cbd ti rilassa, ma non ti fa sballare.” Tuttavia, scrive Ft, per il Governo Meloni – le cui radici risiedono nel movimento neofascista del dopoguerra fondato dai fedeli sopravvissuti di Mussolini – la cannabis light è vista come un “cavallo di Troia” delle droghe leggere, una minaccia per la sicurezza pubblica che necessita di interventi rapidi.

Una filiera a rischio di estinzione

L’associazione di agricoltori Coldiretti ha cercato di mediare con il governo, proponendo una soluzione che permetta la coltivazione di canapa per scopi industriali, ma blocchi l’uso ricreativo. Tuttavia, i coltivatori temono che anche un provvedimento del genere possa danneggiare gravemente l’industria, che ha già sofferto per decenni di oblio. La Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) ha denunciato il rischio che il nuovo provvedimento metta in pericolo non solo le aziende agricole, ma anche migliaia di posti di lavoro, con pesanti perdite economiche per l’intero settore.

Se la legge dovesse passare, molti coltivatori starebbero già pensando di trasferirsi in paesi come la Repubblica Ceca o la Francia, dove la coltivazione di canapa continua a prosperare. “Sarebbe una catastrofe per l’intero comparto,” afferma Jacopo Chiaramoni, un altro giovane coltivatore, che teme l’instaurarsi di una concorrenza sleale da parte di altri paesi europei. “Se la Francia, la Germania e altri paesi possono farlo, perché non l’Italia?”

1 thoughts on “Giorgia Meloni contro la canapa tanto cara a Mussolini: la battaglia per “salvare” l’Italia dalla cannabis light

  1. La politique actuelle de Meloni semble vouloir inverser une tendance de renaissance économique et écologique autour du chanvre, en s’appuyant sur des arguments de lutte contre les drogues qui ne tiennent pas compte des multiples utilisations non psychoactives de la plante.

    Fabien de CBDtech

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