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Giordano: “IBL, una banca che cresce senza Npl e senza Borsa”

IBL Banca è una banca unica nel panorama italiano. Dall’anno della sua fondazione, il lontano 1927, si occupa quasi esclusivamente di un prodotto: la cessione del quinto dello stipendio. Nell’ambito di questo mercato si configura come market e price leader, con una quota che sfiora il 16%.

La specificità del suo core business fa sì che, rispetto alle altre banche italiane, non abbia in portafoglio crediti incagliati e. tramite la cessione del quinto inoltre, IBL riesce a mantenersi in salute e a crescere pur avendo rinunciato al progetto di quotazione in Borsa tramontato qualche mese fa per la volatilità dei mercati.

FIRSTonline ha intervistato Mario Giordano, amministratore delegato di IBL Banca dal 1998 nonché proprietario con la sua famiglia del 50% della banca (l’altro 50% è in mano alla famiglia D’Amelio). Giordano è orgoglioso della sua banca e non lo nasconde ma soprattutto lo è della squadra che ha raccolto intorno a sè, nella quale spiccano il presidente Franco Masera e la nuova responsabile delle risorse umane, Giuseppina Baffi. Ecco l’intervista.

Dottor Giordano, quelli di oggi non sono tempi felici per gli istituti bancari: bassa redditività, patrimonio talvolta inadeguato, costi spesso proibitivi, la zavorra degli Npl. Può una banca specialistica e specializzata sulla cessione del quinto come la vostra riuscire a dribblare i problemi o quantomeno a ridurne l’impatto?

“Siamo una banca specializzata nella cessione del quinto dello stipendio. È stata una scelta strategica fatta molti anni fa. La nostra società è nata nel 1927 sotto la denominazione di Istituto Nazionale di Credito agli Impiegati, il che significa che abbiamo sempre fatto solo ed esclusivamente cessione del quinto. Fino al 2004 effettuavamo queste operazioni come intermediario finanziario, dopo il 2004 come IBL Banca. Per darle un’idea: da finanziaria non abbiamo mai avuto un cambializzato, un prestito personale. La sensibilità di diventare banca nasce dall’intuizione che l’intermediario non bancario avrebbe potuto avere più difficoltà nel futuro, soprattutto in materia di funding, ma anche dalla volontà di nobilitare questo prodotto, la cessione del quinto, mantenendo intatto il nostro core business e, in parallelo, ampliando anche l’offerta ai clienti”.

Ci sono altre banche come la vostra specializzate nella cessione del quinto dello stipendio?

“Il nostro istituto è l’unico ad essere specializzato solo ed esclusivamente sulla cessione del quinto. Non ci sono altri istituti come noi nemmeno all’estero dato che la cessione del quinto dello stipendio è un prodotto italiano disciplinato dal DPR numero 180 del 5 gennaio 1950 e dal regolamento attuativo DPR numero 895 del 28 luglio 1950.
Le leggi 311/2005 e 80/2005 hanno ampliato il raggio d’azione del prodotto, allargando la cessione del quinto ai dipendenti delle aziende private e ai pensionati. Fino ad allora era stata appannaggio dei dipendenti pubblici e statali. La volontà iniziale era proprio quella di dare decoro al dipendente statale, lo scopo era quello di consentirgli di avere una forma di finanziamento legale e sicura. E’ un prodotto molto complesso, con una tempistica di erogazione simile a quella del mutuo, vale a dire 20-30 giorni, con una serie di interlocuzioni tra la banca, il datore di lavoro e le compagnie di assicurazione. E’ un tipo di finanziamento con un taglio medio intorno ai 28mila euro. Questi sono i principali motivi che hanno spinto le banche tradizionali a ritenere questo prodotto “secondario”. Per avere margine devi avere una quota di mercato importante. Noi abbiamo il 15,8%, siamo al primo posto, nella classifica Assofin, per flussi finanziati”.

E il resto del mercato?

“La parte restante è occupata da intermediari bancari e non bancari. Per quanto riguarda i primi ci sono Bnl, Findomestic, Futuro per il gruppo Mediobanca, ecc. Ma noi abbiamo un modello di business completamente diverso perché sul lato impieghi siamo una banca monoprodotto”.

Torniamo a monte. Rispetto alle difficoltà relative a costi, patrimonio, npl, come si difende IBL Banca?

“Per quanto riguarda i non performing loans, la nostra banca non ha Npl perché proprio per la nostra specificità abbiamo la totalità dei crediti performing. Per legge la cessione del quinto richiede una polizza assicurativa che copre la vita e copre l’impiego, non possiamo quindi avere insolvenze su questo fronte. La rata poi viene direttamente trattenuta sullo stipendio o pensione, e ciò significa una copertura del credito. Questo ci permette anche di avere un costo del credito bassissimo”.  

Ricavi e profitti come vanno?

“È un finanziamento che ha una certa marginalità, nonostante i tassi bassi, con una scadenza a lungo termine, dai 24 ai 120 mesi, anche se la durata media è molto più breve perché in molti casi viene estinta anticipatamente e poi rinnovata. E’ un finanziamento che ha una sua redditività, superiore a quella del mutuo fondiario, e in più, come dicevamo, non esiste il problema degli Npl. Inoltre, la cessione del quinto, essendo il nostro core business, rappresenta circa il 90% sia dei ricavi che dei profitti”.

Siete una banca agile, avete 49 filiali e oltre 500 dipendenti, ma c’è un problema di costi o esuberi?

“No, abbiamo posto in essere una politica di espansione territoriale basata su una presenza fisica minimale che però ci consente di erogare i volumi che eroghiamo. Le nostre 49 filiali sono molto snelle, abbiamo seguito una strategia di accentramento di funzioni di front e back office che ci ha permesso di creare significative economie di esperienza, con un’operatività accentrata in direzione. I costi sono contenuti e non c’è alcun esubero. Anzi, se inseriamo un’unità in più in una filiale la produttività aumenta. Sottolineo anche che siamo cresciuti moltissimo, basti pensare che nel 2004, quando ci siamo trasformati in banca, siamo partiti con 4 filiali e oggi siamo presenti in 15 regioni e nelle principali città d’Italia, da Udine a Palermo. La nostra decisione deriva dal fatto che la cessione del quinto si fa ovunque, anche se ci sono delle regioni che in termini di volumi esprimono delle percentuali maggiori come Sicilia, Campania e Lazio”.

Qual è invece la situazione di IBL dal punto di vista patrimoniale?

“In questo campo c’è un’anomalia causata dai criteri di ponderazione del credito della cessione del quinto che fa sì che essa sia ponderata al 75%, cioè ad un assorbimento patrimoniale eccessivo rispetto al reale rischio di credito. Su questo abbiamo avviato un dialogo con Abi, provando parallelamente a sensibilizzare le autorità italiane ed europee su un’eventuale riduzione degli assorbimenti patrimoniali. Allo stato attuale viene paragonato ad un prestito personale, nonostante abbia delle caratteristiche di credito totalmente diverse. Se un domani venissero rivisti i criteri di ponderazione, noi avremmo del capitale in eccesso, proprio per la particolarità della cessione del quinto”.

Voi ritenete di avere capitale in eccesso rispetto alla particolarità del credito, ma sui numeri generali, pur rientrando nei parametri stabiliti dalla Bce, avete un Cet1 del 10,3%, inferiore a quello del Monte dei Paschi di Siena…

“Il motivo è semplice: IBL Banca è un istituto che eroga, quest’anno siamo a circa il 30% in più di erogato rispetto al precedente. Dunque erogando assorbiamo patrimonio. Se erogassimo meno, avremmo comunque una buona redditività, ma con un patrimonio maggiore. Inoltre sia noi che l’autorità di vigilanza abbiamo la consapevolezza che la nostra rischiosità è completamente diversa rispetto al sistema generale. Per questo non abbiamo alcun bisogno di aumentare il capitale”.

Rimanendo sui numeri. La raccolta retail, pari a 1,4 miliardi, è nettamente inferiore agli impieghi, a quota 2,2 miliardi al 30 giugno. Come la finanziate?

“Abbiamo una politica di autocartolarizzazione. I nostri crediti, una volta cartolarizzati con doppio rating, vengono stanziati in Bce. Abbiamo aderito ad operazioni di Ltro e la peculiarità del nostro credito fa sì che la forbice tra raccolta e impieghi venga colmata finanziandoci con le operazioni della Bce. Piano piano cominceremo anche a far crescere la raccolta”.

Rispetto ai vostri competitor, per quale motivo il cliente dovrebbe scegliere IBL Banca? Cosa offrite di più e di diverso?  

“Noi siamo market leader, ma siamo anche price leader, vale a dire mediamente i nostri prestiti costano meno. Avendo capacità di funding e coprendo l’intera catena di produzione abbiamo possibilità di finanziare in maniera più competitiva, garantendo anche maggior trasparenza ed economicità dell’operazione”.

Chi sono i vostri clienti e per quale motivo scelgono la cessione del quinto?

“Dipendenti pubblici, statali e pensionati rappresentano complessivamente oltre l’85% del nostro portafoglio. Avviciniamo clientela di dirigenti, magistrati, alti ufficiali. Parlando in termini percentuali i privati rappresentano l’11,5% dei nostri clienti, gli statali il 31,1%, i dipendenti pubblici contano per il 16%, mentre i pensionati (pubblici e privati) arrivano al 41%. Bisogna sottolineare anche che la gestione del quinto può essere concessa anche ad una clientela non bancarizzabile.
Per quanto riguarda la seconda domanda, bisogna evidenziare che IBL Banca non è soggetta ai cicli economici, il nostro non è un prestito finalizzato. Mentre in anni pre-crisi molti accedevano al finanziamento per motivi di consumo, ad esempio per comprare una macchina o una seconda casa, oggi lo fanno per integrare lo stipendio o la pensione, per aiutare figli, per mantenere un tenore di vita adeguato. Il mercato esiste da sempre, cambia la destinazione, il volume è grossomodo lo stesso”.

Oltre alla cessione del quinto, voi offrite anche altri servizi?

“Sul lato impieghi continueremo a focalizzarci solo sulla cessione del quinto. Per quanto riguarda gli altri prodotti abbiamo ampliato l’offerta con prodotti di raccolta come conti deposito, prodotti assicurativi e con altri prodotti finanziari. Inoltre vorremmo avviare l’attività sui servizi di investimento”.

Che cos’è la rata bassotta che contraddistingue tutto il marketing di IBL?

“E’ una rata bassa e di lungo periodo, che può arrivare fino a 120 mesi e che applichiamo alla cessione del quinto. L’importo è variabile e dipende dallo stipendio (o dalla pensione) ma comunque non può superare il quinto di questo. E’ una rata sostenibile che consente di ottenere un’importante liquidità”.

Facendo una battuta: tra bassotta e le polizze per i cani siete una banca che ama gli animali…

“Assolutamente Sì, è una cosa che ci inorgoglisce. Anzi le dico di più: molta gente ci conosce più per la rata bassotta che come IBL Banca”.

Progetti per il futuro? La Borsa tornerà ad essere un’opzione valida per Ibl Banca?

“Le dico una cosa che ci fa molto piacere. Noi stiamo realizzando il piano di Borsa senza essere andati in Borsa. Anzi siamo addirittura ad un livello superiore e chiuderemo il 2016 con raccolta, erogato e utile netto superiori a quanto previsto dal piano Borsa. E’ una grande soddisfazione”. 

Quando avete deciso di quotarvi lo avete fatto per raccogliere risorse in funzione di un progetto di crescita. Questo progetto c’è ancora?

“L’operazione era mista, fatta sia di vendita di azioni proprie che di aumento di capitale. Ma era più un desiderio di realizzazione che non una reale necessità. È chiaro che con un aumento di capitale avremmo fatto una politica di dividendi molto più generosa. Adesso la faremo più parsimoniosa. Ma non essere andati in Borsa non ha bloccato il processo di crescita tant’è che abbiamo realizzato utili netti in forte aumento. Al 30 giugno abbiamo registrato un rialzo del 59,1% a 48 milioni di euro”. 

Quali sono i vostri obiettivi adesso?

“Il nostro obiettivo è quello di arrivare ad una quota del 18-20% del mercato. Pensiamo di avviare nel 2017 la linea di business di acquisto di crediti pro soluto da parte degli intermediari finanziari iscritti al nuovo albo, mantenendo intatte le caratteristiche di credito che abbiamo noi, ma pro soluto”.

La Borsa è fuori dai vostri pensieri per sempre. Nessuna nostalgia?

“Nessuna nostalgia per la Borsa. In questo momento mi sentirei di dire di che non è più un’opzione valida per noi, perché i mercati sono totalmente volatili. La quotazione nasceva più che altro per capitalizzare, non per un reale bisogno. Con i mercati attuali non abbiamo più questa esigenza. Siamo corteggiati da grandi fondi di private equity italiani ed esteri e non abbiamo, in questa fase, la volontà di allargare l’azionariato”.

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