Richard Gingras è il responsabile dei prodotti editoriali di Google e, a prima vista, è da considerare un nemico dei giornali. Fa dunque una certa impressione sentirlo dire che per il giornalismo si prospetta un futuro radioso e che i grandi cambiamenti in corso vanno utilizzati per migliorarlo. Alla conferenza di TechRaking 2012, tenuta nel Googleplex di Mountain View, Gingras ha detto cose coraggiose che molti giornalisti della carta stampata non sono ancora pronti a sentire.
In sostanza: viviamo tempi entusiasmanti, è vero che la rottura con il passato è stata tremenda, ma bisogna guardare agli aspetti positivi. Non ci sono più barriere alla pubblicazione dei contenuti. Se una volta, secondo il vecchio detto americano, la libertà di stampa (freedom of the press) apparteneva solo a chi aveva una macchina da stampa (printing press) ora tutti sono in grado di veicolare notizie dove, come e quando vogliono.
Sono cambiate le abitudini di chi consuma notizie e le condivide. Bisogna ora cambiare anche quello che i giornalisti fanno e come lo fanno. La tecnologia è un valore, ma non ha valori e non è di per sè una soluzione. Bisogna ripensare ogni aspetto del modello giornalistico a adattarlo al nuovo ambiente.
Come diceva McLuhan, ha sottolineato Gingras, “ogni nuovo medium inizia come contenitore per il vecchio“. I primi giornali radio erano fatti con la lettura degli articoli dei giornali, ma questo modello venne presto sostituito da uno stile più stringato e più adatto al nuovo mezzo. In una cultura dominata dagli aggiornamenti, dai post, dai link e dagli elenchi puntati c’è ancora spazio per articoli di 80 righe?
Il modo con il quale le notizie vengono raccolte, organizzate e presentate deve essere modificato insieme con i flussi di lavoro e bisogna ripensare tutti i ruoli editoriali. Non ha più senso un tipo di giornalismo nel quale un fatto viene descritto e pubblicato e gettato nel cestino subito dopo. Le notizie devono continuare a vivere, il lavoro dei reporter va seguito in continuazione, consentendo ai lettori di apprezzarne gli sforzi.
Bisogna usare i social network come fonti di informazioni e inviare loro messaggi sociali, come fa ProPublica. Bisogna ridisegnare i siti web, perché il mondo è già cambiato: solo il 25 per cento del traffico di un sito parte ormai dalla home page. Il 75 per cento si indirizza direttamente alla pagina della storia che si ritiene interessante, grazie alla diffusione dei link nei social media.
Infine, Gingras ha ribadito una realtà ormai evidente: il ritmo del cambiamento tecnologico non si attenuerà, ma tenderà anzi ad aumentare. In futuro vincerà chi saprà adeguarsi ogni giorno a una realtà in continuo movimento che non offrirà più certezze, ma solo opportunità. Un incubo, per le sonnacchiose redazioni di molti giornali.