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Gilets gialli, riesplode la rabbia: che farà Macron?

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Tornano alla carica i gilets gialli. Il movimento di protesta francese, che ha già attirato l’interesse dei partiti populisti transalpini e non (a strizzargli l’occhio è stato anche il Movimento 5 Stelle italiano), sembra aver iniziato il 2019 con rinnovato vigore: è durata poco la tregua natalizia, in seguito alla mossa del presidente Emmanuel Macron di concedere qualcosa alle fasce più povere, ad incominciare da un aumento di 100 euro del salario minimo mensile.

Evidentemente ai gilets jaunes questo non è bastato, e sabato 12 gennaio sono tornati in piazza per la nona volta da quando è iniziata questa protesta, partita dalla provincia profonda a causa della carbon tax e sostenuta idealmente – secondo i sondaggi – da più della metà dei francesi. Il “nono atto”, così vengono enumerati i sabati delle manifestazioni, segue l’ottavo dello scorso 5 gennaio, segnato da un nuovo aumento dei manifestanti dopo il mezzo flop della settimana prima di Natale: alla vigilia dell’Epifania erano di nuovo 50mila tra le strade e le piazze di Parigi, con immancabili scontri, incidenti, arresti.

Non ha convinto dunque la mossa di Macron, peraltro già da mesi precipitato nell’indice di gradimento (fa peggio persino del predecessore Hollande) e atteso nel 2019 da altre riforme che potrebbero essere impopolari, come quella delle pensioni. Le Parisien ha spiegato che l’aumento salariale di 100 euro avrà in realtà un impatto negativo su circa trentamila famiglie in difficoltà, perché si tratta nei fatti della rivalutazione di un’indennità specifica già prevista, e quindi non è nemmeno vero che l’aumento “non costerà un centesimo ai datori di lavoro”.

Ma soprattutto a pesare in negativo sull’immagine dell’Eliseo e in positivo sulle motivazioni dei manifestanti è la questione, trascinata da tempo, della tassa sui patrimoni più alti, abolita in questa legislatura. Alle fasce più deboli della popolazione quella scelta, anche concettualmente, non va giù, ma il giovane presidente si è impuntato e non intende tornare indietro. Secondo Macron la tassa, conosciuta come impôt de solidarité sur la fortune (imposta di solidarietà sul patrimonio), ha provocato una fuga dei capitali. Lo ha però pubblicamente smentito, sulle colonne di Le Monde, l’economista Thomas Piketty, spiegando che invece la tassa ha portato entrate sempre maggiori dal 1990 fino alla sua abolizione nel 2017. Piketty invita addirittura Macron a ripristinarla “se vuole salvare la sua presidenza”.

Nel frattempo, il movimento dei gilets gialli non accenna a placare la propria rabbia e anzi va radicalizzandosi: come detto, è sostenuto nonostante le violenze dal 55% dei francesi, i quali invece per il 75% si dicono contrari alle politiche dell’Eliseo. Sintomo di un malcontento sociale che cresce, con una contraddizione di fondo: se è vero che pare difficile che riuscirà a organizzare una protesta civile e costruttiva, è altresì innegabile che sarà difficile spegnerlo. La Francia inizia il 2019 esattamente come aveva finito il 2018: la crisi è tutt’altro che superata.

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