Brutti segnali per l’Abenomics. Nel secondo trimestre del 2015 il Pil del Giappone è calato dell’1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e dello 0,4% rispetto al periodo gennaio-marzo: la contrazione è inferiore alle attese (gli analisti avevano previsto in media un -1,9% su anno e un -0,5% su trimestre), ma è sufficiente a tenere sotto pressione la Bank of Japan e il governo di Shinzo Abe affinché varino nuove misure di stimolo monetario o fiscale. Per il prodotto interno lordo si tratta della prima variazione negativa dal terzo trimestre 2014.
Sull’economia giapponese hanno pesato la flessione dell’export (-4,4%), sintomo dell’impatto del rallentamento cinese – che rende difficile un rimbalzo sostenuto nel trimestre successivo – e il calo dei consumi privati (-0,8%), il primo dal secondo trimestre dell’anno scorso.
E’ probabile che, di fronte a questi numeri, la Bank of Japan rivedrà di nuovo al ribasso all’1,5% le stime sulla crescita per il 2015, già ridotte all’1,7% dall’iniziale 2%.
A questo punto i mercati scommettono su nuovi interventi (la Borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,4%). Non è esclusa una nuova dose di Quantitative easing, che però potrebbe causare una nuova svalutazione, pesando ancora sul potere d’acquisto delle famiglie, già colpite dal rialzo dei prezzi alimentari. Per questa ragione è più verosimile che il governo decida di varare misure di politica fiscale a favore delle famiglie.
Il bilancio nell’Abenomics, in cifre, resta per ora deludente: dal dicembre 2012 il Pil è cresciuto del 2%, dopo stimoli pari al 3%. Il governo non è riuscito a spingere le aziende ad alzare né gli stipendi né gli investimenti all’interno del Paese.