La giornata tanto attesa dai mercati obbligazionari mondiali è cominciata stamane con le nuove iniziative intraprese dalla BOJ e si concluderà stasera con le decisioni della FED. Gli occhi erano puntati verso Tokyo, dove la BOJ si era quasi messa nell’angolo nelle ultime settimane, dopo che Kuroda aveva preannunciato a luglio scorso che sarebbero state prese nuove misure per tentare di raggiungere l’obiettivo di inflazione al 2%: pur se il paese del Sol Levante è uscito dalla deflazione, l’inflazione gravita sempre intorno allo zero, ben lontana dal target del 2% imposto dalla banca centrale due anni fa.
Le misure intraprese dalla BOJ, sempre innovativa nei nuovi esperimenti monetari, sono dettate dal solito pragmatismo nipponico e rappresentano un’importante novità. La banca centrale si impone di ancorare il tasso del governativo decennale intorno al livello dello 0% e che tutte le misure in atto continueranno fin tanto che l’inflazione sarà stabilmente sopra il livello del 2%. La prima mossa di fatto rappresenta un cambiamento della politica monetaria prima intesa quasi esclusivamente sul controllo della massa monetaria; ora invece la massa monetaria sarà funzione dell’obiettivo principale che è il livello del tasso del governativo decennale. Inoltre per il momento è stato deciso di non azionare ulteriormente la leva dei tassi negativi e il deposit rate è rimasto fermo al -0,1%. Queste due azioni vanno lette come il riconoscimento implicito degli effetti negativi delle politiche monetarie precedenti che hanno causato un massiccio flattening delle curve dei tassi con conseguenze avverse per banche, assicurazioni e fondi pensioni.
L’effetto immediato sarà verosimilmente quello di arrestare il flattening delle curve, ma per assistere ad un drastico bear steepening delle curve servirà un vero game changer che potrà essere o un vero ed effettivo taper del QE delle banche centrali oppure politiche fiscali fortemente espansive. Per ora però probabilmente possiamo accantonare il paradigma del “lower rates with flatter curve for longer” che ha dominato la scena dei mercati obbigazionari mondiali: le banche centrali stanno dando la sensazione di non voler spingere ulteriormente sulla strada dei tassi negativi e si stanno progressivamente rendendo conto che curve eccessivamente piatte generano più costi che benefici. Provocatoriamente l’azione di una banca centrale che impone il livello del decennale governativo può essere vista come il passo precedente o di una “debt mutualization” o di un ampio intervento di “helicopter money” o anche come, diametralmente all’opposto, il riconoscimento dell’inefficacia delle misure precedentemente intraprese.
Comunque per ora le banche centrali si confermano essere l’attore principale che guida i mercati e, di fronte, alle ogni volta rinnnovate, critiche di “esaurimento di munizioni”, si inventano nuove misure sorprendenti. Anni fa se ci avessero prospettato banche centrali con target il tasso governativo decennale avremmo gridato alla manipolazione di mercato; tuttavia oggi accettiamo, quasi con un sorriso, in fondo amaro, queste nuove misure consci che un taper del QE sarebbe destabilizzante per gli interi mercati finanziari mondiali e che la strada della normalizzazione richiederà anni (è sufficiente guardare alla FED che dopo il rialzo di 25 centesimi dello scorso dicembre 2015 è rimasta “on hold” per questi primi 9 mesi del 2016).
La BOJ ha aggiunto oggi che le attuali politiche monetarie saranno in vigore fin tanto che l’inflazione sarà “stabilmente” sopra il livello del 2%. L’aggiunta dell’avverbio “stabilmente” suona un po’ come chi, dopo anni in cui fa una cura dimagrante senza vedere risultanti brillanti, si promette comunque di continuare a proseguire la cura quando nel futuro avrà raggiunto i propri obiettivi. Ci appare come siano già disincantati e consci, anche se esplicitamente non potranno mai ammetterlo, che i loro obiettivi sono nel breve-medio termine irraggiungibili. Eppure la compiacenza diffusissima su tassi che rimarranno sempre e comunque bassi ci ricorda l’inizio del film “The Big Short” quando tutti investivano nell’eldorado dei “mutui subprime” e nessuno, tranne un visionario, avvertiva lo scoppio della bolla: verosimilmente non è ora e non avverrà nei prossimi mesi lo scoppio della bolla dei mercati obbligazionari, ma forse le recenti mosse delle banche centrali rappresentano il punto di flesso delle politiche monetarie iper espansive che fino ad oggi ci hanno accompagnato.