Non si tratta di percentuali bulgare, ma il 72% dei consensi raccolti dal nuovo primo ministro giapponese Shinzo Abe è del tutto rispettabile. Tanto più che Abe appartiene al partito liberaldemocratico, la ‘balena bianca’ giapponese che sembrava ormai tramontata, dopo aver dominato per decenni, fra mani di ferro e guanti di velluto, la politica del Sol Levante. Il ‘risorgimento’ dei liberaldemocratici deve tutto al nuovo corso deciso da Abe. Un assalto alla quasi stagnazione dell’economia e alla deflazione che spegne la voglia di spendere. Lo ‘uno-due’ deciso da Abe – una politica fortemente espansiva sia a livello di bilancio che a livello di moneta – può essere criticata come una monetizzazione del debito o come un modo di ridurre il peso del debito attraverso l’inflazione. Ma non c’è dubbio che questa decisione, che non è stata presa a cuor leggero, era quasi obbligata: il Giappone aveva tentato altre vie per riportare l’economia su un sentiero di crescita, e quando i metodi ortodossi non funzionano, non c’è che da provare quelli eterodossi.
Il partito di Abe ha una forte maggioranza nella Camera bassa, ma non l’ha nella Camera alta. A luglio, tuttavia, con le elezioni che interessano questo ramo della Dieta, potrebbe avere dalla parte sua ambedue le Camere. E, dato il consenso di cui gode, è molto probabile che questo accadrà.