“Fabiola Gianotti è la donna che a forza di cercarle ha visto danzare di fronte ai suoi occhi onde e particelle che lei stessa ha definito belle ed eleganti”. Con queste parole Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI, ha presentato la direttrice generale del Cern, una delle figure più importanti della fisica contemporanea, colei che quasi sei anni fa annunciò al mondo l’epocale scoperta che ha cambiato la scienza e ha impresso una svolta nella comprensione della natura: la rilevazione del Bosone di Higgs, la particella di Dio.
Arrivata a Roma per partecipare ad alcuni eventi, Gianotti ha inaugurato la serie di incontri con artisti, scienziati, filosofi, che si terranno al museo progettato da Zaha Hadid in collegamento con la mostra GRAVITY, Immaginare l’Universo dopo Einstein. Con lei anche il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Fernando Ferroni.
In un contesto in cui scienza, filosofia ed estetica sono riusciti a fondersi, i due fisici hanno cercato di spiegare le loro indagini sull’universo. Studi fatti di tante domande e di poche riposte che la numero uno del Cern ha provato ad illustrare e a veicolare (la fisica non è certo materia semplice) per quasi due ore.
A proposito, ci sono tantissimi quesiti da risolvere sull’universo: a che punto siamo?
“C’è ancora tantissimo da scoprire, conosciamo solo il 5% dell’universo. Il restante 95% è fatto di materia ed energia che noi non conosciamo o conosciamo parzialmente, questo è emozionante, sfidante e ci porta a porci molte domande. Per esempio: dov’è finita l’antimateria? L’universo oggi è fatto quasi esclusivamente di materia, ma pensiamo che all’inizio materia e antimateria fossero presenti in eguale quantità. Successivamente la natura ha creato uno squilibrio, un’asimmetria. Noi esistiamo proprio grazie a queste piccole asimmetrie, in qualche modo l’universo ci dice che la perfezione non esiste, perché se così fosse noi non esisteremmo. Le leggi della fisica sono bellissime, simmetriche, interessanti anche dal punto di vista estetico.
Bisogna continuare a cercare risposte, ad affrontare le nuove sfide cercando di essere molto aperti negli approcci e nei filoni da perseguire. Anni e anni fa la meccanica quantistica e la relatività erano considerate conoscenza inutile. Eppure senza di esse l’elettronica moderna non esisterebbe. I padri di queste teorie non cercavano di creare elettronica nuova, ma di capire come funziona l’universo e questo per me è un messaggio importantissimo: l’utilità della scienza inutile.”
Ci spiega cos’è il Bosone di Higgs?
“Il bosone di Higgs ha una storia lunghissima, è una particella predetta negli anni 60 con l’intento di affrontare un problema: come fanno le particelle elementari ad acquistare una massa? Se non ce l’avessero gli atomi non starebbero insieme. È speciale, perché il suo compito è quello di fornire massa a tutte le altre particelle. Se non lo facesse, l’universo non ci sarebbe.
Nel ‘64 Peter Higgs (premio Nobel per la Fisica nel 2013, ndr.) pensò che doveva esserci una proprietà, il Campo che ha preso il suo nome, che forniva alle particelle elementari la massa. Abbiamo cercato il bosone per decenni. Per riuscire a scoprirlo abbiamo dovuto lavorare per 50 anni a progetti che hanno coinvolto migliaia di scienziati di tantissimi paesi. Ha richiesto lo sviluppo di idee e tecnologie rivoluzionarie, come gli acceleratori. Non è stato facile”.
Il 4 luglio del 2012 l’annuncio. Come portavoce dell’esperimento Atlas insieme a Joseph Incandela, portavoce dell’esperimento CMS, ha annunciato al mondo la prima osservazione del bosone di Higgs. Cosa si prova a raccontare che è stata fatta una scoperta che cambia la storia dell’umanità?
“La scoperta per un fisico sperimentale è il più grande sogno di una vita professionale. Ho avuto la fortuna di contribuire al bosone e di assistere alla scoperta delle onde gravitazionali. È stato un giorno speciale, molto emozionante. Venivamo da un rush finale intensissimo, sei settimane di lavoro, controlli incessanti giorno e notte. Il sentimento più importante è stato l’orgoglio di essere parte di un gruppo di fisici che io in quel momento rappresentavo. Ci abbiamo messo anni e la nostra determinazione è stata coronata da questo risultato”.
Com’è lavorare al Cern ed arrivare ad essere il direttore generale dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare?
“Al Cern collaborano 17mila scienziati di tutti i paesi. Alcuni di loro provengono da zone di guerra, altri da paesi che non riconoscono nemmeno il diritto all’esistenza. Anche l’Italia dà un contributo importante fornendo cervelli, scienziati, tecnologia. Si lavora insieme perché la scienza è democratica. Trascende la politica, la cultura, le diversità che fratturano il mondo. C’è una passione comune che ci permette di collaborare. La scienza può giocare un ruolo fondamentale in un modo fratturato, perché è unificante, le leggi della fisica sono le stesse ovunque. Sapere di più, conoscere di più è una aspirazione comune a tutti. La scienza è un collante. Posti come il Cern o come altri grandi centri di ricerca possono seminare dei granelli di pace”.
Ha parlato del contributo dell’Italia alla scienza e alla fisica. Ma parallelamente conosciamo le difficoltà che i giovani ricercatori sono costretti ad affrontare nel nostro paese per portare avanti la loro passione. Cosa ne pensa?
“L’Italia eccelle nel campo della fisica fondamentale e della fisica delle particelle. Abbiamo una grandissima tradizione, ottime università. Io vedo moltissimi giovani dal mio punto di osservazione al Cern e gli italiani sono tra i migliori, ma bisogna cercare di mantenere uno standard alto. Consiglio sempre ai giovani di andare all’estero perché fa bene, ma un giovane che vuole ritornare in Italia per fare ricerca nel suo Paese deve assolutamente avere la possibilità di farlo”.
Al Cern sono state poste le basi di quello che poi è diventato il World Wide Web. Purtroppo negli anni il web si è anche trasformato in uno dei principali veicoli di teorie antiscientifiche. Cosa può fare il mondo scientifico per ovviare a questo fenomeno?
“La conoscenza non si può fermare per la paura di come essa venga poi utilizzata. La fisica atomica e nucleare ha creato le armi atomiche e nucleari ma anche la medicina nucleare che al giorno d’oggi è importantissima. Quello che può fare la scienza è cercare di far capire alle persone quello che è il metodo scientifico. Quindi aiutare anche a costruire le basi che porteranno tutti a distinguere le notizie vere dalle fake news, aiutare a comprendere il concetto di misura e del suo errore. La scienza deve aprirsi sempre di più verso la società e dare alle persone questi strumenti di giudizio”.
Lei ha ancora davanti diversi anni alla guida del Cern. Ha pensato a cosa farà dopo?
“Sono una ricercatrice del Cern e spero che alla fine del mio mandato potrò rimanere lì e tornare a fare ricerca sul campo, con le mie mani”.