La cultura politica di un Paese si vede dai riflessi condizionati. Domenica, Gianni Morandi, personaggio più da ‘old economy’ che però è riuscito a trasferire perfettamente la sua popolarità sui social media, ha avuto la bella pensata di pubblicare una sua foto con le buste della spesa. Non c’è immagine più normale, più rassicurante, più zuccherosa: un marito che accompagna la moglie al supermercato. Non l’avesse mai fatto. Il cantante emiliano si è ritrovato sotto una gragnola di insulti e rivendicazioni sindacali. I suoi follower e “amici” (nell’accezione facebookiana del termine) gli hanno rinfacciato di non avere rispetto per gli impiegati costretti a lavorare nel giorno del Signore.
Di questi tempi, che belli non sono, fa impressione vedere un coro tanto unanime compiangere chi un lavoro ce l’ha, anziché preoccuparsi di chi vorrebbe averne uno e non lo trova. Questa è la risposta che avremmo suggerito a Morandi, che invece s’è coperto il capo di cenere e, colto di sorpresa da una reazione così virtualmente veemente, ha garantito che mai più farà spese di domenica.
Numero e tono dei commenti avrebbero sorpreso anche noi. Se mai ve ne fosse bisogno, essi sono il segnale del legame esistente tra come le persone vedono il mondo e le leggi da cui si lasciano legare. Di riforma in riforma, da Bersani a Monti, eravamo giunti alla liberalizzazione delle aperture dei negozi: una delle poche vere misure di libertà economica di questi ultimi anni, che non obbliga nessuno a tenere aperto, ma consente agli esercenti di sintonizzare meglio i propri orari e le disponibilità dei clienti potenziali. Forse non deve stupire poi tanto se il Parlamento ora sta già reintroducendo, su forte pressione di una arlecchinata coalizione di gruppi d’interesse che va dai piccoli commercianti alle sigle sindacali agli abiti talari, alcune giornate di chiusura obbligatoria.
Questa piccola vicenda è, per noi tutti, molto istruttiva. Dimostra quanto sia difficile in Italia vedere le cose dal punto di vista dell’interesse che più approssima l’interesse di tutti: quello dei consumatori.
Se le aperture festive sono guardate dal punto di vista esclusivo di chi ha già un impiego nel commercio, il loro divieto può essere un sollievo: qualche ora in più da passare a casa con i propri cari. Ma la società è composta di molte più persone e molte più esigenze: quelle ad esempio di una madre che lavora e non sa più a chi dare i resti, di una famiglia numerosa che ha orari difficilmente conciliabili, di un turista che visita una città italiana nel week end e non vorrebbe essere accolto da un esercito di saracinesche abbassate, di un single che lavora tutto il giorno e si riserva la spesa per i pasti ad orari inconsueti, e così via.
La libertà – non l’obbligo – di tenere aperto un esercizio commerciale crea opportunità di scambio, che in ultima analisi sono anche opportunità d’impiego: perché esistono anche persone per cui lavorare la domenica può essere di gran lunga l’opzione migliore, viste le alternative disponibili. Magari non sono fan di Gianni Morandi, ma esistono.