Alla vigilia dei suoi 93 anni se n’è andato Giampiero Boniperti, mitico centravanti e capitano della Juve degli anni Cinquanta e poi presidentissimo dei bianconeri dagli anni ’70 in poi, ma soprattutto un’icona del club torinese e dell’Italia del calcio. È morto nella notte per insufficienza cardiaca e avrebbe festeggiato il suo compleanno il prossimo 4 luglio.
Era nato a Barengo, in provincia di Novara, e quando approdò alla Juve a fine anni ’40 si racconta che non contrattò tanto i soldi, ma mucche giovani e gravide per portarle in dote alla famiglia contadina. L’Avvocato Agnelli gliene regalava uno per ogni gol segnato. Quelli della Juve furono per sempre i suoi colori: giocò 459 partite ufficiali, vincendo 5 Campionati e Coppe Italia a ripetizione nel trio Boniperti-Charles-Sivori. Ma vincente fu anche da presidente del club, per l’abilità nello scoprire talenti – tra cui Scirea e Del Piero – ma anche per la disciplina con cui dirigeva la squadra, senza perdere mai di vista i conti.
Legatissimo all’Avvocato Agnelli, ma anche al fratello Umberto, Boniperti fu Presidente della Juventus dal 1971 al 1990 e poi amministratore delegato dal 1991 al 1994. Dal 2006 era presidente onorario. “La Juve – soleva dire – non è solo la squadra del mio cuore, è il mio cuore”. La sua passione era pari alla sua immensa competenza, ma per lui il profilo umano dei giocatori non era meno importante di quello tecnico.
Indimenticabili le sue fughe dallo stadio prima della fine di ogni partita, per non soffrire troppo. Indimenticabili anche le dure trattative con i giocatori e lo stile Juve che imponeva loro, obbligandoli a comportarsi e a vestire con sobrietà. “Vincere non è importante, ma alla Juve è l’unica cosa che conta“. La Juve non lo rimpiangerà mai abbastanza.