Una ripulita al bilancio accompagnata dal rafforzamento del capitale, la rifocalizzazione del business verso un’anima soprattutto da banca commerciale e più semplicità nella struttura. La ricetta Ghizzoni per la nuova Unicredit si muove su chiare linee di discontinuità con il passato.
Il nuovo ceo Federico Ghizzoni non disconosce direttamente il lavoro fin qui fatto dal suo predecessore Alessandro Profumo: “Nei passati 10 anni il gruppo è passato dall’essere una banca domestica a una grande banca europea tramite diverse acquisizioni – ha detto Ghizzoni – e dal mio punto di vista è stata una crescita di successo. Un processo che ha costituito un alto livello di goodwill che abbiamo deciso di tagliare significativamente”. Ma di fatto il giudizio postumo sulla gestione Profumo passa proprio per quei 8,4 miliardi di svalutazione degli avviamenti (il cui valore passa così da circa 20,2 miliardi a 11,5 miliardi). Non solo: rispetto al passato per poter garantire un ritorno sostenibile nel futuro, anche alla luce dell’attuale situazione macroeconomica, è necessario ridurre la complessità della struttura e concentrarsi sul core business. Da qui un rinnovato focus sulla banca commerciale rispetto alla direzione di universal bank intrapresa in passato (“non si può fare tutto, bisogna scegliere e per noi il core business è la commerical bank”, ha detto Ghizzoni), una maggiore selettività sulle attività europee (con investimenti solo nei Paesi considerati veramente strategici come Russia, Polonia, Turchia e Repubblica Ceca) un’intensa opera di turnaround del business in Italia (tramite l’aumento dei depositi e il taglio dei costi con 5.200 risorse in uscita), con manager spediti in tutte le filiali del territorio per spiegare ai dipendenti il business plan nel dettaglio. Un piano definito da Ghizzoni “ambizioso” perché punta a posizionare Unicredit tra le prime banche commerciali a livello europeo ma anche “realistico”, perché si basa su uno scenario macroeconomico prudente. Azioni di crescita che sono state costruite su “un bilancio forte” che dice Ghizzoni “non creerà alcuna sorpresa per il futuro”.
I numeri del piano prevedono per il 2015 utili per 6,5 miliardi da 1,3 a fine 2010, un Roe del 12% dal 3,6% dello scorso anno, un core tier 1 superiore al 10% sulla base dei parametri di Basilea 3, la riduzione del costo per il rischio da 123 punti base del 2010 a 75 punti base e un pay out ratio del 39% rispetto al 42% del 2010. l titolo in Borsa è precipitato del 6,18%, dopo essere stato sospeso al ribasso. Il mercato infatti si concentra per ora sulle perdite registrate nel terzo trimestre a seguito delle svalutazioni (che portano il risultato dei primi nove mesi in rosso di 9,3 miliardi), sulla imminente ricapitalizzazione da 7,5 miliardi varata dal gruppo dopo il verdetto dell’Eba e sulla prospettiva di un esercizio 2011 senza dividendo.