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Germania: tutti i vantaggi dell’euro. I risultati di uno studio della Cassa depositi tedesca

Uno studio di KfW, la Cassa depositi, spiega che la moneta unica non ha portato solo problemi a Berlino, come ritengono tanti tedeschi, e che bisogna salvare l’euro a tutti i costi – “In Germania la crescita degli ultimi due anni sarebbe stata molto più bassa per via di tassi d’interesse più elevati e una moneta più forte” – I dubbi di alcuni economisti

Germania: tutti i vantaggi dell’euro. I risultati di uno studio della Cassa depositi tedesca

Nelle convulse settimane precedenti all’approvazione delle modifiche al fondo di stabilizzazione finanziaria (EFSF) da parte del Bundestag, i media tedeschi hanno riaperto il dibattito sui vantaggi dell’euro e sulla necessità che la Germania, nonostante la crisi dei Paesi periferici, continui a sostenere la moneta unica. A dare avvio alla discussione è stato, fra gli altri, anche uno studio del gruppo bancario KfW (Kreditanstalt fur Wiederaufbau), l’istituto partecipato dalla Federazione (80%) e dai Lander (20%), del tutto affine alla nostra Cassa depositi e prestiti.

Resa pubblica il giorno dopo la sentenza con cui la Corte Costituzionale di Karlsruhe ha ancorato il varo di ogni nuova forma di aiuto europeo all’approvazione parlamentare, la ricerca, coordinata dal capo economista del centro studi, Norbert Irsch, prova a offrire qualche numero sui benefici dell’euro per l’economia tedesca rispetto all’ipotesi nella quale il marco fosse rimasto in circolazione. «La crescita tedesca negli ultimi due anni, dal terzo trimestre 2009 al secondo trimestre del 2011 – spiegano i ricercatori della banca -, sarebbe stata molto più bassa per via di tassi di interesse più elevati e una moneta più forte». Senza contare il fattore rappresentato dai cosiddetti “costi di transazione”, notevolmente ridotti grazie all’euro. In totale, la Germania avrebbe insomma ottenuto una crescita del Pil di oltre un punto percentuale in più all’anno negli ultimi due anni (pari a circa 30 miliardi). Di qui l’invito alla classe politica da parte del KfW a non sprecare le future potenzialità di crescita e a ratificare senza indugio qualsiasi misura che miri ad evitare un collasso dell’Unione Monetaria.

Un’evidenza di segno opposto a quella che emerge da altre indagini economiche, condotte a partire da quando l’euro è stato in effetti adottato. In particolare è stata la Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) in piena estate, a pubblicare la sintesi di uno studio dell’economista Matthias Kullas: «Il peso del commercio estero tedesco con l’Eurozona – scrive il ricercatore del Centrum fur Europaische Politik – è diminuito dall’introduzione dei tassi di cambio fissi, mentre è aumentato il peso del commercio estero verso i Paesi in via di sviluppo». In sostanza, ragiona Kullas, l’euro non avrebbe fatto altro che aumentare e proteggere la competitività delle imprese tedesche sui mercati internazionali, consentendo di vendere i loro prodotti a prezzi più bassi. La rivalutazione del nuovo marco avrebbe quindi degli effetti positivi per le importazioni e per i consumatori e contribuirebbe anche ad alleviare l’annoso problema di cui si parla sempre meno, ossia quello degli squilibri della bilancia dei pagamenti (global imbalances). Con un’economia sbilanciata sull’export, vi è stato un forte deflusso di capitali verso l’estero e la Germania si è ritrovata con uno dei piu bassi tassi di investimenti dell’Eurozona.

Lo studio della KfW non convince quindi molti economisti tedeschi, persuasi che decantare le magnifiche sorti dell’euro come motore delle esportazioni sia in realtà un modo per nascondere la polvere sotto il tappeto. Il parlamentare europeo Holger Krahmer (Fdp) ha peraltro ironizzato: «Il fatto che la KfW dica che salvare l’euro conviene è esattamente come se un produttore di creme solari prevedesse il sole per tutto l’anno». Sull’effettiva indipendenza della KfW, attualmente impegnata in prima persona a concedere linee di credito alla Grecia, sono in effetti molti i dubbi degli osservatori, tanto tedeschi quanto stranieri. Anche Massimo Mucchetti, sul Corriere della Sera del mese scorso, ha sottolineato l’ipocrisia dell’esecutivo tedesco, che da un lato pretende di insegnare agli altri Paesi come tenere sotto controllo il debito pubblico e poi utilizza esso stesso “bilanci ombra” per mantenere artificialmente basso il rapporto debito-Pil.

Mentre infatti il debito della nostra Cassa depositi e prestiti sarebbe conteggiato ai fini del debito pubblico, quello della KfW no. Se a cio’ si aggiunge che, a differenza delle Landesbanken, le garanzie statali, che evitano di essere soggetti al fallimento e impongono la responsabilità illimitata per le obbligazioni assunte, sono ancora oggi in vigore, ed è facile capire come la KfW sia una bomba ad orologeria per Berlino. Da Francoforte l’ufficio stampa della banca ci risponde che le cose non stanno esattamente così: ” La banca lavora secondo gli stessi principi delle altre imprese. Si rifinanzia per meta sul mercato. Solo gli affari commissionati dal Bund sono effettivamente da considerarsi statali. E questo vale, ad esempio, per la linea di credito di 22 miliardi di euro concessa al Governo greco nell’ambito del primo pacchetto di aiuti”, dice a Firstonline Wolfram Schweickhardt, Vicecapo ufficio stampa della KfW. Ma il ragionamento di Mucchetti resta comunque valido, dato che in Germania esistono altri Schattenhaushalte, ovvero bilanci ombra: il fondo speciale ITF per finanziare gli investimenti decisi nel 2009 con il secondo pacchetto congiunturale al tempi della grande coalizione e il fondo speciale SoFFin, varato per salvare le banche tedesche. Secondo calcoli dell’Institut der deutschen Wirtschaft di Colonia, nel solo 2010 sono usciti da questi fondi circa 50 miliardi di euro.

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