Una buona fetta della partita diplomatica che si giocherà giovedì e venerdì al Consiglio Europeo di Bruxelles verte sul cosiddetto fondo di stabilizzazione permanente o European Stability Mechanism (ESM), destinato a sostituire a partire dalla metà del 2013 l’Efsf. Firmato l’11 luglio scorso dai diciassette Stati dell’Eurozona, il Trattato che regola questo veicolo modifica l’art. 136 Tfue e deve ancora trovare approvazione in diversi Parlamenti nazionali, compreso quello tedesco. Dotato di un capitale sociale di 80 miliardi di euro da versare in cinque rate entro il 2016 e di una capacità finanziaria effettiva di 500 miliardi di euro (rispetto ai 440 miliardi originari dell’EFSF), il fondo emetterà titoli dotati di clausole di azione collettiva, ovvero istituzionalizzerà l’ipotesi di haircut del debito e potrà rastrellare sul mercato primario e secondario bond dei paesi in difficoltà di rifinanziamento.
Sia sulla data di sua entrata in vigore, sia sulla sua dotazione effettiva, sia infine sul coinvolgimento dei privati alla eventuale ristrutturazione del debito continua però a regnare sovrana l’incertezza. Visto il precipitare della situazione, la Commissione Europea ha chiesto di anticiparne l’attivazione al 2012 e di escludere la partecipazione degli investitori ai piani di salvataggio, opzione mai del tutto digerita dai francesi. Sul tappeto c´è anche la trasformazione del fondo in banca. Tutte modifiche che richiederebbero comunque un nuovo Trattato rispetto a quello firmato a luglio. Sul punto la Germania sembra ora pronta a voler far qualche passo indietro, come ha ammesso la stessa Cancelliera tedesca nell’incontro di lunedì scorso a Parigi con il Presidente francese. La contropartita per avere regole di controllo più stringenti sui bilanci nazionali passa infatti dall’abbandono di alcune posizioni considerate eccessivamente rigide da parte di Berlino. Si tratterebbe di un ennesimo cambio di rotta, non da ultimo anche per l’Esm, la cui natura di creditore privilegiato è stata prima affermata, poi negata e infine di nuovo ribadita. Al di là delle difficoltà di finanziamento che già ora soffre l’Efsf, questi continui cambiamenti delle regole del gioco non giovano certo a ridare sicurezza e stabilità ai mercati.
Ammesso e non concesso che la via degli strumenti di salvataggio sia la via corretta ad uscire dalla crisi. A nutrire qualche dubbio è Frank Schäffler, parlamentare libertario eletto nelle file dell’Fdp, il partito alleato della signora Merkel. Da un anno e mezzo conduce una lotta senza quartiere contro gli aiuti tedeschi ai Paesi periferici. Lo sta facendo in solitaria contro gli stessi vertici del suo partito. Nei mesi scorsi è riuscito anche a dar vita ad un referendum dei membri del suo partito (Mitgliederentscheid) per bocciare l’Esm, sul quale il Bundestag si esprimerà a gennaio. Se l’esito, che verrà comunicato il 17 dicembre prossimo, dovesse essergli favorevole, la coalizione giallo-nera sarebbe al capolinea. Schäffler chiede che “rischio” e “responsabilità” tornino a marciare a braccetto e non ha quindi paura di parlare di haircut e di insolvenza. Forte di un’opinione pubblica contraria a sussidiare il resto d’Europa e dell’appoggio ufficiale di 54 economisti tedeschi di primo piano nonché della Lega dei Contribuenti (Bund der Steuerzahler), Schäffler sfrutta il momento difficile che sta attraversando l’Fdp per dare la spallata definitiva ai suoi vertici. Finora 15.000 tesserati hanno votato, il quorum perché la consultazione sia valida è fissato a quota 21.500. Le voci provenienti da Parigi che vorrebbero veder annacquate le prerogative dell’Esm potrebbero in ultima istanza rafforzare Schäffler e il piccolo drappello di ribelli che lo segue.