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Germania dopo Merkel: i Verdi scelgono il candidato alla Cancelleria

Imagoeconomica

Il dopo Merkel, in Germania, comincia oggi 19 aprile 2021, a Berlino, a Platz vor dem Neuen Tor, numero 1, dove si trova la sede dei Verdi tedeschi. Il loro Consiglio si riunisce per decidere il nome del candidato cancelliere del partito per le elezioni del 26 settembre di quest’anno, quelle che appunto sanciranno l’addio definitivo di “Mutti” Angela. Dovrà essere poi la loro assemblea generale di giugno a votare quel nome, ma sarà stato fatto un passo avanti importante per l’avvio della campagna elettorale. E, come scommettono in tanti, verso la loro vittoria. 

Il fatto è che non sarà facile scegliere quel nome per i sei membri del Consiglio, poiché i due co-presidenti, Robert Habeck e Annalena Baerbock, uno dei quali dovrà fare un passo avanti (o indietro), si stimano così tanto e sono così affiatati che finora non sono riusciti a decidere. “Fallo tu”, “No, tocca a te, tu sei migliore di me”. Mai visto una cosa del genere né in politica, né altrove. 

La verità è che entrambi hanno chance di vincere il confronto con gli appannati leader dei conservatori   della Cdu-Csu e  dei socialdemocratici dell’Spd. 

Lui, Robert Habeck, 51 anni, scrittore visionario e bello proprio come si pensa debba essere bello un tedesco,  mascella forte e mento volitivo inclusi, è il più popolare degli uomini politici in Germania dopo Angela Merkel.  

Lei, Annalena Baerbock, 40 anni, è la più grintosa, impressionante donna politica tedesca,  sempre dopo Angela Merkel.  

Essendo la parità dei generi stabilita per Statuto e non demandata alla buona volontà dei singoli, dal 2018 Robert e Annalena dirigono insieme il partito dei Verdi. O, per essere più precisi, “Alleanza 90/I Verdi”, come l’organizzazione si chiama dal 1993, dopo la fusione di “I Verdi”, dell’Ovest, con “Alleanza 90”, dell’Est.  

Poeta e filosofo di formazione, di Lubecca, Habeck è stato ministro sia nei gabinetti di centrodestra sia di centrosinistra nel Land Schleswig-Holstein, ai confini con la Danimarca, secondo la dottrina di fondo dei Verdi: si governa con chiunque sia d’accordo nel praticare politiche giuste per l’ambiente . Appassionato e istintivo, da due anni non è più sui social perché – come ha spiegato – aveva notato che questa forma di comunicazione lo aveva reso “più aggressivo, più  chiassoso e più tagliente”.  

Il profilo di Annalena Baerbock, di Hannover, è molto diverso. Esperta di Diritto internazionale, si è formata prima nella università della sua città e poi alla London School of Economics and Political Sciences.  E’ entrata nel partito nel 2005 e ne ha scalato le vette con forza e determinazione nel giro di un decennio, diventandone, otto anni fa,  uno dei rappresentanti nel parlamento federale. 

Chi dei due allora? Lo scrittore o l’esperta di diritto? Fino allo scorso anno Habeck  era il favorito. Poi, sarà che l’addio di Merkel si sta rivelando più doloroso di quello che si pensasse per gran parte dei tedeschi, i bookmaker ora  scommettono su di lei. Scegliere Annalena, giovane, colta, preparata, brillante sarebbe  come avere  un’altra Merkel, dopo Merkel. Sebbene completamente diversa per i valori e le idee.  

Come che sia, qualunque nome verrà fuori sarà quello buono, perché su una cosa tutti gli osservatori  sono d’accordo, ed è che il futuro della Germania appartiene al partito dei Verdi. Perché non solo si avviano a essere l’ago della bilancia per qualunque governo, ma stavolta possono ambire perfino a guidare in prima persona un esecutivo.  Lo hanno confermato i risultati elettorali delle elezioni di marzo in due Regioni  importanti, il Baden Wuttenberg  (Stoccarda per intenderci) e il Palatinato (Magonza per capirci) che hanno aggiunto carburante alla loro corsa:  32,6% nel Land patria delle automobili, da 10 anni guidato da un loro presidente; il raddoppio dei voti, 9,3%, in quello che da sempre è regno dei socialdemocratici. Senza contare che nel 2019, alle europee, hanno ottenuto il 20,5%, una soglia mai raggiunta prima. 

 Vista dall’Italia, ancora una volta la Germania sembra essere parte di un altro pianeta. E non solo perché, per parlare solo dei Verdi,   alle nostre latitudini un  partito simile non ha mai sfondato, ma soprattutto perché il programma  della formazione politica tedesca fa invidia a qualunque riformista: fortemente europeista, fortemente ambientalista, fortemente progressista, fortemente liberale e sociale.  Essi si presentano come la faccia buona e moderata  della Germania, quella che al contrario dell’Afd, gli estremisti di destra, sovranisti e populisti, apre al mondo, rispetta tutti (per esempio hanno sempre difeso l’Italia quando era attaccata dagli ortodossi  delle regole),  e non si chiude né nei suoi confini e nemmeno in quelli dell’Europa. 

Non è stato sempre così, ma gli anni Settanta, quando nacquero come estremisti ecologisti, sono veramente lontani. Il tempo li ha cambiati profondamente e la prova è nei fatti, visto che oggi governano 11 Land su 16.  

Continuano a essere i più convinti ambientalisti, è nel loro Dna, ma non sono più solo quello.  

È stata la fine della divisione interna, fra i “realo”, i realisti e i “fundis”, i fondamentalisti, a fare di loro la forza politica che sono oggi,  la spaccatura essendo stata assimilata come una buona digestione di alimenti diversi  che provoca  grande forza nell’organismo.  Per esempio i goal dell’Agenda Onu 2030 restano sempre la loro bussola e non accettano passi indietro rispetto agli accordi di Parigi sul clima; ma pur pretendendo sempre l’uscita totale della Germania dal carbone, capiscono che è necessario farlo a tappe.  Mentre attorno al cuore ambientalista è cresciuto un organismo più complesso che si batte per i diritti sociali, soprattutto quelli dei giovani, loro grandi elettori: dallo studio alla casa, agli alloggi popolari, dal lavoro al godimento del tempo libero. E per trovare le risorse per finanziare questo welfare non hanno timori a chiedere tasse ai giganti del web per esempio; o, per scoraggiare certi consumi, tipo gli usa- e-getta, quasi sempre di plastica, a metterle su chi li produce.  In politica estera sono più attenti ai valori che ai commerci, cosa che, per esempio,  li contrappone alla realizzazione del gasdotto Nord Stream 2, che portando il gas direttamente dalla Russia fino in Germania, passando per il mare del Nord e non per l’Ucraina, rafforza il peso di Mosca in un momento in cui il caso Navalnyi  etta un’ombra terribile sull’ex Paese dei Soviet. Stessa cosa per i cinesi: niente affari  – dicono – se la Cina non smette di schiavizzare gli  Uiguri dello Xinjiang o di togliere le libertà agli abitanti di Hong Kong. 

Anche per il dopo Covid i Verdi hanno idee chiare: per far ripartire la Germania pensano sia necessario che lo Stato si indebiti per investire soprattutto in infrastrutture neutrali, cioè che non facciano danni all’ambiente.  Che si traduce, per esempio,  in meno  aerei per i voli brevi  e più treni, puntando sull’alta velocità.  Permettere allo Stato di “fare debito” significa in Germania rompere un tabù visto che il divieto di indebitarsi più dello 0,35% del Pil ogni anno è scritto nella Costituzione. E non è il solo tabù che i Verdi vogliono abbattere: insieme all’indebitamento intendono introdurre una tassazione più alta per i grandi patrimoni. Una bestemmia a  molte latitudini. 

Insomma una rivoluzione vera chiesta nelle urne. Potrebbe funzionare, non sarebbe la prima volta.  

Ma chi la guiderà? Robert o Annalena? Alla fine i Verdi tedeschi hanno scelto Annalena: sarà ancora una donna a dare l’assalto alla Cancelleria dopo Angela Merkel.

A loro volta la Cdu ha scelto Armin Laschet come suo candidato alla Cancelleria dopo la fine dell’era Merkel.

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