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Germania, Brexit e Usa: tre spine per i mercati

L’ulteriore frenata dell’economia tedesca, il rischio di una hard Brexit e le incertezze nella trattativa commerciale fra Usa e Cina risvegliano l’orso sui mercati, anche se Wall Street, dopo un apertura negativa, passa in verde, aprendo uno spiraglio alla speranza. Negli Usa i dati Pmi sono migliori delle attese. Non altrettanto nella Ue, con Mario Draghi che avverte: non ci sono segnali di rimbalzo dell’attività economica e l’equilibrio tra rischi e prospettive rimane orientato al ribasso, per questo la politica monetaria della Bce deve restare altamente accomodante per un periodo prolungato. In questo contesto: Francoforte, -0,97%; soffre soprattutto la manifattura tedesca e, a settembre, l’indice scende ai minimi da 10 anni (41,4 punti da 43,5 del mese precedente). 

Male Parigi -1,05% e Madrid -0,88%. Londra limita i danni allo -0,24%, ma è fallita con il botto (600 milioni di sterline) la storica agenzia di viaggi Thomas Cook, la più antica e la più grande del mondo, che oggi ha lasciato a terra 160mila turisti inglesi in quattro continenti. 

Piazza Affari perde l‘1,01% e scende a 21,899 punti. Le vendite maggiori colpiscono banche e auto, ma anche Eni -2,83%, che paga lo scotto dell’acconto (0,43 euro) sul dividendo 2019. La blue chip peggiore è la Juventus -4,75%, a seguito dell’annuncio dell’aumento di capitale fino a 300 milioni in cui l’azionista di maggioranza Exor (-3,33%) interverrà pro quota con un impegno da 190 milioni circa. La ricapitalizzazione è stata annunciata dal club venerdì a mercati chiusi con i risultati del bilancio 2017/2018. L’esercizio, che ha visto l’oneroso arrivo fra i bianconeri di Cristiano Ronaldo, si è chiuso con una perdita di 39,9 milioni contro un rosso di 2 milioni dell’anno precedente.

Torna in voga l’oro, che vola a 1530,15 dollari l’oncia.Piatto il petrolio, tipo Brent, a 64,28 dollari al barile. Il dollaro sovrasta l’euro, riflettendo i dati economici e il cambio si muove sotto 1,1. Resta da capire cosa ci sia sotto la decisione della Federal Reserve di continuare a iniettare liquidità nel mercato finanziario. Dopo le operazioni della scorsa settimana la banca di New York lancerà da stamane, fino al 10 ottobre, diversi repo (l’equivalente del pronti contro termine) per fronteggiare l’improvvisa mancanza di liquidità in coincidenza delle scadenze fiscali più impegnative.

Gli acquisti premiano i titoli di Stato, con il rendimento del Btp 10 anni che, sul secondario, scende a +0,83% e lo spread con il Bund che arretra a a 142 punti base (-0,95%). A livello domestico si guarda soprattutto alla nota di aggiornamento al Def con cui il governo definirà il livello di deficit che sceglierà di “utilizzare” per la prossima manovra. Intanto Bankitalia rivede al rialzo il debito pubblico di 58,3 miliardi al 134,8 per cento del Pil dal 132,2% stimato in precedenza, con le revisioni dei conti pubblici avviate dall’Istat. La revisione riflette l’effetto del differente criterio di valutazione dei Buoni fruttiferi postali i cui interessi vengono ora conteggiati nel debito pubblico. 

Il modesto calo delle spread non basta a sostenere i titoli bancari di Milano. Le vendite colpiscono soprattutto Unicredit -3,44%, Banco Bpm -3,15%; Ubi -2,49%; Finecobank -2,78%. Male l’auto, travolta dalle vendite in tutta Europa. Paga il prezzo più alto Pirelli, -3,92%. Nel lusso prosegue la retromarcia di Ferragamo, -3,15%, su cui Equita Sim taglia le stime sui risultati in ragione del rallentamento della domanda asiatica. Fra i titoli petroliferi scende male anche Tenaris -2,78%.

In controtendenza le utility: Italgas +1,62%; Enel +1,44%; Terna +0,25%. Acquisti anche su Campari +0,49% e Amplifon +0,72%. Chiude la corta lista delle big cap con il segno positivo Generali +0,36%, dopo il blitz di Delfin in Mediobanca (-0,76%), perché secondo alcuni osservatori il il vero obiettivo di Del Vecchio sarebbe proprio il Leone triestino

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Categories: Finanza e Mercati