Lo smart working, al momento, è una necessità, ma chi lo ha detto che sia necessariamente una comodità? Per molte persone riprodurre un ambiente lavorativo in ambito domestico non è così scontato, soprattutto per la gestione degli spazi. Mentre alcuni grandi gruppi si stanno organizzando con i sindacati, il primo governo ad accorgersi della necessità di regolamentare il fenomeno e di fornire un supporto ai lavoratori è quello tedesco: intanto, è già stata riconosciuto un bonus forfeittario di 1.000 euro una tantum, ma ora la maggioranza guidata da Cdu (il partito di Angela Merkel) e Spd vorrebbe persino istituire un indennizzo da 5 euro al giorno per i dipendenti che lavorano da casa (in Germania viene detto “homeoffice”).
La somma verrebbe riconosciuta, secondo l’accordo trovato finora dai due partiti della coalizione di governo, per un massimo di 100 giorni all’anno e un limite di due anni, quindi complessivamente per un ammontare di 1.000 euro, che servirebbe così a compensare il disagio dei lavoratori costretti a sacrificare spazi privati della propria abitazione per lavorare. L’iniziativa è stata anticipata dal Frankfurter Allgemeine Zeitung: secondo quanto scrive il quotidiano tedesco, il bonus potrà essere richiesto da chiunque, “anche se non può dimostrare di avere una stanza dedicata all’ufficio”. Il provvedimento sta facendo discutere anche perché si contrappone, in netta antitesi, ad un’altra proposta arrivata di recente dalla Germania.
Si tratta di quella avanzata da Deutsche Bank, che al contrario voleva istituire una tassa del 5% sugli stipendi di coloro che lavorano in modalità smart working, con l’obiettivo di costituire un fondo da cui attingere per aiutare coloro che sono stati economicamente danneggiati dalle chiusure e dalla conseguente crisi dovuta al Covid-19. Dalla tassazione sarebbero stati esclusi “i lavoratori autonomi e quelli a basso reddito”, ma questo non impedirebbe di mettere su un fondo da circa 20 miliardi di euro, secondo le stime della banca. Non se ne è fatto più nulla, per ora, e anzi il Governo centrale sta prendendo un indirizzo completamente opposto.
E in Italia? Per ora si procede con accordi ad hoc. Dal punto di vista governativo, Il DPCM del 3 novembre 2020 si limita a “raccomandare il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza”. Anzi è proprio il mancato accordo sullo smart working uno dei motivi (oltre a quello sul rinnovo contrattuale) per cui i sindacati del pubblico impiego hanno indetto lo sciopero del 9 dicembre. Sul fronte privato, si sono già mossi alcuni grandi gruppi, con accordi di settore: si tratta, per citarne alcuni, di Leonardo, Eni, Enel, Fincantieri, Unicredit, Vodafone, Tim, Pirelli, Fastweb. Manca però ancora un quadro normativo generale, che affronti il tema dell’indennizzo, come in Germania, o anche quello del diritto alla disconnessione.