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Gennarino Esposito, quando le stelle sorridono in cucina

Gennaro Esposito

A dispetto della sua notevole stazza corporea, quel Gennarino con cui viene chiamato da tutti in Italia e all’estero rende forse più di ogni altra cosa il senso della sua cucina, così come il suo bel faccione sempre sorridente, mai una ruga, o uno sguardo torvo, o un tono di voce alto, o un accenno di nervosismo. Perché la cucina di Gennarino Esposito, super celebrato Chef da due stelle Michelin, uno dei  cuochi italiani più richiesti al mondo, conquista i palati più raffinati proprio con l’incanto sorridente, tutto infantile,  della scoperta quotidiana dei sapori più genuini della sua terra. Dal suo regno della Torre del Saracino a Seiano, una frazione di Vico Equense, sulla Costiera Sorrentina,  Gennarino star televisiva e delle cronache enogastronomiche non tralascia mai di  guardare ogni giorno il mare del Golfo di Napoli che gli fornisce i sapori intensi di un pescato frutto ancora di riti di una vecchia tradizione. E volgendo la sguardo verso terra, trova i fertilissimi terreni delle falde vesuviane dove verdure e ortaggi vengono su benedetti dai sali minerali ceduti al territorio dalle eruzioni vulcaniche.  E proseguendo, idealmente su in alto, gli si prospettano i  monti Lattari, con i loro pascoli incontaminati celebrati già nel II secolo d.C. da  un medico e filosofo greco,  Claudio Galeno, che  esaltava la bontà e le proprietà curative del latte e dei formaggi prodotti dai pastori che vivevano sui Lactaria Montes, dove sembra che la storia si sia fermata, dove, oggi come ieri, tanti piccoli produttori a carattere familiare danno vita a veri e propri tesori della tavola come il fior di latte di Agerola o il provolone del monaco e insaccati di vecchia tradizione ricercatissimi sul mercato.

E’ un rito quasi religioso quello che si celebra quotidianamente nel ristorante di Gennarino Esposito, formatosi alla scuola prima di Gianfranco Vissani  dove realizza che la capacità creativa passa attraverso una comunione di  pensiero, indirizzo teorico e pratico, che nulla lascia al caso, e che metabolizza emozioni e sensazioni  nella mente per poi trasferirle al piano di lavoro,  quindi  a quella prestigiosissima del francese Alain Ducasse, nelle cucine del Plaza a Athénée di Parigi e del Le Louis XV di Montecarlo dove acquisisce  il rigore necessario da applicare alle intuizioni che lo instrada a divenire un grande chef di livello internazionale. Un rito antico di ritorno alle origini, un viaggio emozionale all’interno della memoria. “Nel mio mestiere – ama dire – dimenticare le proprie origini è un “peccato mortale”, un gesto di superbia che preclude anche la possibilità di scoperte future. Ricordiamocelo, ricordatevene.”

Ed ecco che da quella memoria prendono vita piatti che rappresentano l’Università del presente come la Parmigiana di pesce bandiera anni 80 zuppa di olive e purea di finocchio, la Zuppetta di ricotta di fuscella con le triglie, la Zuppa di arance di Corbara con peperoncino verde di fiume ripieno di Murena calamari e bottarga, o ancora  il Risotto con cipolla ramata di Montoro,  sauro bianco affumicato alga croccante al profumo di limone e peperoncino o ancora la  Laticauda (un pecora locale allevata in piccole greggi che  normalmente non superano i 20 capi) con crema di cipollotto nocerino caramellato e tapenade di olive nere.

Eccolo dunque il segreto del suo successo che lo ha portato alle stelle Michelin, alle tre forchette del Gambero rosso, all’essere stato nominato nel 2011 “Migliore Chef Italiano dell’Anno” dal congresso gastronomico Identità Golose, ad essere stato chiamato in tv come giudice di Master chef:   la cucina della Torre è fatta di contrasti armoniosi : da un lato la stagionalità e il territorio, dall’altro la fantasia e la ricerca: da una parte il mare in cui è nato, quello del golfo di Napoli e quello del Golfo di Salerno, con la loro storia antica, con la loro sapidità e la loro freschezza, dall’altra la  terra , quella della penisola Sorrentina, dei Monti Lattari quella delle pendici  vesuviane con il loro gusto a volte aspro e il loro carattere forte.

Ecco tutto questo è Gennarino Esposito,  figlio e celebrante al tempo stesso di un terra generosa che molto ha dato nella storia  e molto ha ancora da dare alla ristorazione di livello nazionale e internazionale. E val la pena di chiudere con le parole di Gennarino: “Quando gusterete in un mio piatto la polpa di un riccio di mare, la ricotta di una fuscella, la pasta mista, la foglia di una zucchina, il baccello di un pisello, un piccolo pesce di scoglio, il limone, la provola e perfino il riso e l’ostrica, che non appartengono a questo territorio, voi  mangerete la mia storia ma anche la mia personale ricerca del nuovo.”

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Categories: Food News
Tags: Chef

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