Non solo previdenza complementare e sanità integrativa. Fra le imprese italiane aumenta di anno in anno la cultura del welfare aziendale e le iniziative volte a migliorare il benessere dei dipendenti si moltiplicano. Un’accelerazione decisiva è arrivata l’anno scorso con l’introduzione di nuove detrazioni fiscali per gli imprenditori che adottano questo genere di misure. Ma i vantaggi fiscali sono solo una delle facce del welfare aziendale, che in realtà nasce per sfruttare il collegamento fra qualità della vita dei lavoratori e risultati economici delle imprese. Come sta cambiando questo scenario nel nostro Paese? Ne abbiamo parlato con Giovanni Luca Perin, chief Hr e organization officer di Generali Italia.
Dottor Perin, quali sono le iniziative di welfare aziendale più innovative che si stanno diffondendo fra le imprese italiane?
«L’attenzione delle imprese italiane sta crescendo sempre più in materia di welfare. Si sta prendendo coscienza della stretta correlazione tra welfare e produttività: l’impatto è infatti positivo sia per le aziende che per i dipendenti. Per noi di Generali Italia, tra gli aspetti più significativi ci sono il benessere dei dipendenti e il modo in cui partecipano alla vita aziendale. A cominciare, ad esempio, dallo Smart Working, che trova sempre più spazio nelle realtà italiane. Di recente, abbiamo avviato anche un nuovo programma per il benessere dei dipendenti. Si tratta del nuovo percorso di wellness multidisciplinare, My Energy Journey: un percorso completo per imparare a gestire e a migliorare le proprie energie, con l’obiettivo di promuovere in azienda uno stile di vita sano e sostenibile. Ma non solo: noi come Generali abbiamo organizzato due “Hackathon”, vere e proprie maratone di idee, applicando a una grande azienda una metodologia tipica delle startup che incide notevolmente sul livello motivazionale delle persone. Un’altra iniziativa è quella dei “Tam Tam Talks”: ospitiamo in azienda esperti provenienti da ambiti differenti che raccontano come sta cambiando il mondo, affrontando temi che vanno dall’innovazione alla geopolitica. I dipendenti partecipano alla discussione con le proprie testimonianze. È un nuovo modo di lavorare: contaminando, portando idee nuove all’interno dell’azienda».
In generale, quali sono le agevolazioni più diffuse per la conciliazione vita-lavoro?
«Oltre allo smart working, che piace molto ai dipendenti, ci sono quelle che noi chiamiamo le “misure salva tempo”. In alcune sedi, ad esempio, noi offriamo ai dipendenti una serie di servizi che vanno dall’asilo ai temporary shop, dalla lavanderia al cambio delle gomme dell’auto, fino a centri infermieristici polifunzionali in cui si possono fare anche gli esami del sangue. A ciò si aggiungono i servizi a sostegno della maternità (parcheggi premaman, asili nido in sede e convenzionati) per arrivare ai figli che studiano (borse di studio, rimborso spese per scuola, università, master, libri di testo). Ci sono poi servizi che facilitano l’arrivo in ufficio e che consentono di dire addio alla macchina (navetta aziendale, abbonamenti convenzionati per i mezzi pubblici). Tutto questo aiuta a conciliare i tempi del lavoro con quelli della vita privata».
Al di là delle grandi aziende, come sta cambiando l’approccio delle Pmi nei confronti del welfare aziendale?
«Alcune aziende in Italia, pur essendo di dimensioni ridotte, sono già molto avanti sul fronte del welfare. L’interesse sta crescendo e un ruolo importante in questo processo è svolto dalle nuove detrazioni fiscali associate a queste misure. D’altra parte, capita anche che alcune piccole imprese abbiano difficoltà a districarsi fra le tante norme, che spesso sono di difficile interpretazione. La legge offre oggi grandi opportunità, ma a livello di sistema dobbiamo ancora trovare il modo di coglierle pienamente. E il primo passo è diffondere la cultura del welfare in Italia. Noi come Generali Italia, insieme alle principali associazioni nazionali, abbiamo promosso un’iniziativa che va proprio in questa direzione: il Welfare Index Pmi, che punta a diffondere la cultura del welfare fra le piccole e medie imprese».
In che modo il welfare aziendale incide sulla produttività?
«Innanzitutto, è da sottolineare che finalmente si sta diffondendo questa consapevolezza: il legame tra welfare aziendale e produttività è concreto e ampiamente dimostrato da molte ricerche. Questo è un primo passo culturale importante, perché fino a qualche anno fa le aziende italiane non avevano compreso il collegamento che esiste fra il benessere dei lavoratori e il risultato economico. Se un dipendente riesce a raggiungere un equilibrio fra vita e lavoro, o anche semplicemente a curare con più attenzione il proprio stile di vita, questo ha una ricaduta immediata sul suo livello di partecipazione attiva all’interno dell’impresa. Aumenta anche l’attenzione nei confronti dei clienti e induce i dipendenti migliori a restare legati all’azienda. Il che è particolarmente importante per le Pmi».
Come sta cambiando il peso del welfare nella contrattazione aziendale?
«L’attenzione dei sindacati su questi temi è già molto alta. Può capitare che in alcuni casi ci siano ancora delle diffidenze, ma sono sicuro che con il tempo anche i rappresentanti dei lavoratori punteranno sempre più sul welfare e che gli accordi aumenteranno».
In quest’ambito, qual è il valore aggiunto che può dare una compagnia assicurativa come Generali Italia?
«Il welfare fa parte del dna assicurativo di Generali Italia: con la previdenza e la sanità noi siamo anche fornitori di welfare e portiamo la nostra expertise sul territorio attraverso la nostra rete. Avendo una solida esperienza, grazie al nostro sistema di welfare interno, stiamo costruendo un sistema di welfare capillare che si rivolge a oltre 15 mila persone tra dipendenti e collaboratori, coprendo le 12 aree identificate dal Rapporto Welfare Index Pmi. Infine, vogliamo continuare ad avere un ruolo attivo nella diffusione della conoscenza e della cultura del welfare».