Conto alla rovescia per l’attesissima assemblea delle Generali che si terrà venerdì a Trieste e che è sicuramente l’avvenimento più importante dell’anno della finanza italiana. Si dovrà decidere chi governerà nei prossimi tre anni il Leone, uno dei pochi grandi gruppi italiani con spessore internazionale e nel portafoglio una quota rilevante del nostro debito pubblico. Toccherà alla lista del cda uscente, sostenuta soprattutto da Mediobanca, che ha il suo principale punto di riferimento nel Ceo Philippe Donnet o quella di Caltagirone, appoggiata anche da Del Vecchio e Crt, che candida alla poltrona di Ceo l’ex top manager di Generali, Luciano Cirinà, e alla presidenza l’ex banker di Goldman Sachs e ex presidente di Cdp, Claudio Costamagna. Le due liste, che partono da una base vicina al 20% del capitale, hanno presentato le loro squadre e i loro piani: nel segno della continuità e della valorizzazione dei risultati già raggiunti in tutti questi anni quella di Donnet e nel segno del cambiamento della governance e di obiettivi più sfidanti ma tutti da dimostrare quella di Caltagirone.
Chi vincerà all’assemblea di venerdì? I veri arbitri saranno i fondi istituzionali
Chi vincerà venerdì la sfida dell’anno? Difficile azzardare pronostici fino all’ultimo voto dell’assemblea. Ma due elementi giocano a favore di Donnet: 1) il giudizio favorevole al suo piano e alla sua lista espresso dai proxy advisor Iss e Glass Lewis che hanno invitato i fondi istituzionali a votare a favore della lista del cda uscente; 2) il fatto che alcuni grandi fondi internazionali hanno già cominciato a pronunciarsi a favore della lista Donnet, a partire dal famoso fondo sovrano norvegese e da un nutrito gruppo di fondi americani, tra cui Calpers che è il più grande fondo pensione degli States.
Questo non esclude la massima incertezza sul voto di venerdì, non solo perchè bisognerà vedere come si orienteranno tutti i fondi istituzionali, italiani ed internazionali, che hanno in mano circa il 30% del capitale ma anche il retail (i risparmiatori privati) che detiene circa il 20% di Generali.
Se la lista del cda vince con uno scarto minore del 6%, Caltagirone è pronto ad aprire la contesa sul prestito titoli di Mediobanca
Ma non è detto che la grande sfida finisca davvero venerdì. Polemizzando con i titoli di Generali presi temporaneamente a prestito da Mediobanca, Costamagna ha già messo le mani avanti sostenendo che se la lista del cda non vincerà con uno scarto di almeno il 6%, essa sarebbe di fatto delegittimata “perchè sarebbe inaccettabile che la lista del cda venisse eletta con un distacco inferiore al 6%, visto che il giorno dopo quel 6% di voti sparirebbe” perché i titoli di Mediobanca e di De Agostini vengono a scadenza” In tal caso è probabile che si aprirà un lungo contenzioso legale o che, fra qualche mese, Caltagirone chieda un’assemblea straordinaria di Generali per provare a ribaltare il vertice. Ma all’orizzonte non c’è solo questo. Perchè la battaglia delle Generali, comunque vada a finire, è destinata a fare scuola e a sollevare questioni regolamentari e di governance che faranno discutere a lungo.
Le parti correlate e il caso della Banca Generali
Non a caso, dopo le polemiche sul prestito titoli di Mediobanca e sui titoli di Caltagirone parzialmente soggetti a vincoli di pegno, sull’opportunità o meno di una lista del cda uscente se non riceve il consenso dell’intero cda e se nel capitale della società c’è un azionista di riferimento e altri soci in concorrenza, ieri ha tenuto banco la spinosa questione del rapporto tra Generali e le parti correlate (Mediobanca in primis) perché Caltagirone ha sostenuto che nei mesi scorsi l’istituto di Piazzetta Cuccia aveva avanzato un’offerta per rilevare la profittevole Banca Generali. Ma il vertice del Leone ha smentito categoricamente che un’offerta del genere sia mai arrivata sul tavolo delle Generali sostenendo che perciò non si vede in che modo ci sarebbero stati conflitti di interesse a vantaggio di Mediobanca.
La lista delle minoranze e il caso Assogestioni
Un’altra questione, non semplicemente teorica, che la battaglia delle Generali ha fatto venire al pettine, è quella della cosiddetta lista di minoranza Assogestioni, la terza lista tra quella del cda e quella di Caltagirone, presentata dall’Associazione che riunisce i fondi comuni e le società di gestione del risparmio. Si tratta di investitori istituzionali e la nascita della lista di minoranza fu legittimata in occasione delle privatizzazioni degli anni ’90 e poi estesa a tutte le società quotate nel 2004. Da allora però questi investitori – come anche nel caso delle Generali – sono alle prese con un dilemma: da un lato hanno investito in una società perché si fidano del suo management, ma dall’altro votano per una lista che non è quella del cda ma quella di minoranza di Assogestioni che ha il compito di controllare i manager stessi. Non è un paradosso da poco ed è un paradosso che prima o poi andrà risolto e che la battaglia delle Generali lascia in eredità.