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Generali e Intesa, le assemblee parallele dei “mancati sposi”

“Si è discusso molto di chiacchiere perché di concreto non c’è stato niente. Le ipotesi sono come le ombre, di cui non si conoscono i contorni. Alla fine non c’è stato niente”. Le “ombre” di cui ha parlato Francesco Gaetano Caltagirone, grande azionista del Leone di Trieste, riguardano i due Mancati Sposi, Generali e Intesa San Paolo, oggi entrambe a confronto con gli azionisti, meno di tre mesi dopo la fine di un fidanzamento che, in realtà, non c’è mai stato. Anche se le Generali, forse per un eccesso di legittima difesa, hanno dimostrato di dar credito alle “ombre” acquistando il 3 per cento del capitale della banca.

Ma adesso? Complice una stagione di Borsa favorevole, i due player della finanza italiana, gli unici (assieme ad Unicredit) in grado di avere un ruolo di peso nella mappa europea del settore, sembrano godere di buona salute. Ma le ragioni che pochi mesi fa deponevano a favore di un possibile merger non sono certo tramontate.

I vertici di Intesa hanno ben chiaro che la banca è a un bivio: o cresce, puntando sul wealth management oppure rischia di diventare a sua volta preda. Oggi più di ieri, vista la ripresa di interesse per il mercato italiano, così come emerge dal recentissimo studio di Mediobanca: “I rischi sistematici sono stati ormai per la maggior parte affrontati – si legge nell’analisi – le valutazioni sono basse, le elezioni francesi hanno ridotto i rischi politici e rappresentano un catalizzatore per attirare gli investimenti nel settore”. Inoltre ci sono “le aspettative di tassi in rialzo e l’economia europea che sta dando segni di vitalità”.

Infine, sul fronte dei non performing loans, la situazione va migliorando, al punto che il presidente Gian Mario Gros-Pietro ha potuto dichiarare con orgoglio che “non abbiamo nessuna intenzione di regalare a operatori specializzati i valori sottostanti i crediti e nemmeno danneggiare con operazioni frettolose le imprese debitrici. Noi contiamo da un lato sulle professionalità dei nostri operatori, dall’altro sulla buona salute del sistema produttivo. Il nostro obiettivo è di ricavare il maggior valore possibile”.

In questa cornice per la banca guidata da Carlo Messina, impegnato finora con successo ad evitare nuove sventure tricolori (un altro salasso per Alitalia, nuovi fondi per Atlante e così via) è importante accelerare la crescita attraverso acquisizioni, specie nell’asset management e nel private banking, i settori più promettenti e più nelle corde dell’istituto.

Ma in Italia, sfumata l’ipotesi Generali, le prede scarseggiano. Intanto, il titolo continua a riscuotere interesse tra gli addetti ai lavori. Ecco, ad esempio, il giudizio del Crédit Suisse: “Intesa rimane il titolo finanziario da preferire nell’Europa meridionale grazie alla solidità dei suoi coefficienti patrimoniali, al buon dividend yield offerto agli azionisti, a una forte presenza nel mercato della gestione patrimoniale e a un posizionamento favorevole nell’attuale contesto reflazionistico”. Una bella pagella ma anche una tentazione: dove la trovi un’altra preda così?

Dal quartier generale del Leone, intanto, Philippe Donnet continua a ripetere che Generali sono e intendono restare “una compagnia italiana ed indipendente”. Dalla sua, l’Ad che viene dalla Corsica può sfoggiare un andamento tecnico molto buono: un combined ratio in miglioramento a 92,5% ed un Solvency II al 194% più una redditività crescente in grado di rendere possibile l’obiettivo di distribuire ai soci 5 miliardi sotto forma di cedole.

Oggi Philippe Donnet, che alla vigilia dell’assemblea ha incassato da Fitch la conferma del rating A-, farà il punto sullo stato dell’arte, a partire dal taglio dei costi (200 milioni), e dalla chiusura delle sedi internazionali che non presentano prospettive di business promettenti. Segnali brillanti confortati da una squadra giovane e molto motivata: 21 mila dipendenti della compagnia su 74 mila hanno meno di 34anni. Dalle loro fila sono emersi i manager di punta della nuova generazione: da Marco Sesana,classe 1973, ad di Generali Italia e Country Manager Italia dal 1 gennaio 2017 al neo ad di Banca Generali Gian Maria Mossa, solo 42 anni ma una solida esperienza alle spalle in gruppi internazionali.

Il pacchetto di mischia, per usare un’espressione cara a Donnet, ex giocatore di rugby, c’è. Ma il resto? Non è un mistero che l’espansione delle Generali in questi anni è stata frenata dalla difficoltà dei soci principali, a partire da Mediobanca, a sostenere un eventuale aumento di capitale al servizio della crescita sia sui mercati già presidiati che su piazze nuove. Un vincolo pericoloso, perché espone il Leone alle mire dei competitor più solidi ed aggressivi. In questi mesi, in parallelo con le attenzioni di Intesa, si sono moltiplicati i rumors sull’interesse di Allianz, Axa o di Zurigo.

È alla luce di questa situazione che vanno lette le recenti dichiarazioni al Corriere della Sera del presidente Gabriele Galateri. Non ci sentiamo prede, ha sottolineato aggiungendo che “la cosa non ci preoccupa”. Semmai c’è spazio per rafforzare l’azionariato stabile. “Se domani si aggiungesse un fondo estero sarebbe il benvenuto”.

E un aumento di capitale? “La nostra logica è semplice: hai un progetto? Convochi un’assemblea. Nel caso si presentasse un’occasione di crescita i soci non ci farebbero mancare il loro sostegno”. Compresa Mediobanca che pure prevede, nel suo business plan, di ridurre la sua quota al 10% ma la discesa potrebbe anche essere più forte, se Generali avesse l’occasione di accelerare la strategia di crescita in aree geografiche e in settori nuovi. Insomma, fatevi sotto: il Leone può essere un buon partner. Speriamo che non sia una preda.

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