Sono terminati con una “proposta ponte” i colloqui a Doha, iniziati ieri e conclusi oggi e promossi da Stati Uniti, Egitto e Qatar per raggiungere, tra Israele e Hamas, un’intesa a partire dal cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e il ritorno degli ostaggi israeliani. Punti, questi ultimi, che dopo 10 mesi dall’inizio delle ostilità ancora non sono stati raggiunti, spingendo vari analisti a bocciare l’appuntamento come un “nulla di fatto”.
Colloqui Doha, cosa dice la proposta ponte per Gaza
Più ottimisti invece i mediatori che, nella nota finale congiunta, plaudono ai colloqui definendoli “seri, costruttivi e condotti in un’atmosfera positiva”, e che si sono conclusi con la promessa di “un nuovo incontro al Cairo prima della fine della prossima settimana“. Ai colloqui ha partecipato una delegazione di Israele e, in modo indiretto, anche rappresentanti di Hamas.
Quanto alla “proposta ponte” che traghetti più rapidamente verso un accordo definitivo, i mediatori parlano di “una proposta che riduce i divari tra le parti ed è coerente con i principi stabiliti dal presidente Biden il 31 maggio 2024″, vale a dire la road map di pace in tre fasi ideata dalla Casa Bianca, e sostenuta anche dalla “Risoluzione 2735 del Consiglio di sicurezza”. Si assicura inoltre che “la proposta” elaborata “si basa su aree di accordo raggiunte in settimana e colma le lacune rimanenti in modo da consentire una rapida attuazione dell’accordo”.
Infine, si ribadisce che “non c’è più tempo da perdere e nessuna delle parti può accettare scuse per ulteriori rinvii. È tempo di rilasciare gli ostaggi e i detenuti, di iniziare il cessate il fuoco e di attuare questo accordo”, proprio mentre a Gaza l’esercito israeliano ordina nuove evacuazioni ai civili, e il bilancio dei morti dal 7 ottobre supera quota 40mila.
Colloqui Doha, di cosa hanno parlato Usa, Qatar ed Egitto
Secondo la stampa internazionale, tra i nodi affrontati nella capitale qatarina c’è stata la questione del cosiddetto “corridoio Philadelphia”, tra Gaza e Egitto, e il “corridoio Netzarim”. È attraverso questo valico, infatti, che gli abitanti del nord della Striscia dovrebbero fare ritorno alle loro case. Resta anche la questione dei combattenti di Hamas, che secondo Tel Aviv non dovrebbero restare nella parte settentrionale della Striscia. Stando invece ai media americani, entro la giornata di oggi dovrebbe tenersi una chiamata telefonica tra il presidente americano Joe Biden, il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al-Thani. Il segretario di Stato Antony Blinken, stando a fonti della Casa Bianca, dovrebbe invece arrivare in Israele domenica per incontrare il primo minsitro Benjamin Netanyahu lunedì. Degna di nota anche la telefonata che le autorità del Qatar hanno fatto a quelle dell’Iran per aggiornare Teheran sui progressi del tavolo negoziale. Si teme infatti un conflitto diretto tra Israele, da un lato e l’Iran – con i gruppi alleati Hezbollah e Hamas – dall’altro. Teheran, che ha condizionato ogni atto di rappresaglia contro lo Stato ebraico alla buona riuscita dei colloqui, sta diventando un attore centrale in questo processo negoziale.
Gaza, qual è la posizione di Hamas?
In tutto ciò, però, è la posizione di Hamas a fare la differenza: Hamas respinge infatti le “nuove condizioni israeliane” incluse nella proposta dei paesi mediatori di raggiungere una tregua a Gaza. Lo hanno detto all’Afp due leader del movimento islamico palestinese, al termine dei due giorni di negoziati a Doha. Le “nuove” condizioni richiedono il mantenimento delle truppe israeliane nella Striscia di Gaza, lungo il confine con l’Egitto, ha detto una delle fonti. “Non accetteremo altro che un cessate il fuoco completo, un ritiro completo delle truppe israeliane dalla Striscia, il ritorno degli sfollati e un accordo per lo scambio” di ostaggi israeliani con prigionieri palestinesi. Lo scenario, dunque, rimane complesso.