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Gaza e Ucraina svelano la irrilevanza di Usa e Ue nelle grandi crisi mentre cresce il ruolo politico del Global South

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È in un clima di generale incertezza e smarrimento che si chiude questo 2023 che ha visto aumentare e aggravarsi le aree di crisi globali presenti nel mondo. Dopo il conflitto tra Russia e Ucraina che si trascina da quasi 2 anni senza spiragli di soluzione, in ottobre, a infuocare il Medio Oriente, è intervenuto l’attacco terroristico di Hamas a Israele il 7 ottobre e la risposta militare israeliana che ha già lasciato sul terreno 21mila palestinesi.

Da ultimo, lo Yemen con i miliziani islamici Huthi che manovrati da Iran e Russia stanno creando problemi al traffico commerciale internazionale nel Mar Rosso e all’accesso al Canale di Suez.

Se a queste crisi si aggiungono le guerre mai risolte in Niger e nel Myanmar si ha un quadro a dir poco preoccupante sulle aree di instabilità. Il rischio del contagio resta dietro l’angolo.

Il fronte medio-orientale

Se in Ucraina si sta combattendo una sorta di “guerra per procura” con armi e mezzi occidentali da una parte e aiuti militari da Iran Corea, del Nord (e probabilmente Cina) dall’altro l’acuirsi della crisi israelo-palestinese ha per ora limitato l’effetto domino a limitate incursioni al confine con il Libano e in Siria contro gli Hezbollah. L’Iran fiancheggia l’attacco agli insediamenti israeliani di Gaza. Cerca pure in qualche modo di intitolarsi la paternità dell’attacco del 7 ottobre (subito smentito però da Hamas) ma appare ben consapevole dei rischi che corre a drammatizzare ed allargare l’area del conflitto. Le due megaportaerei americane Ford e Eisenhower sono al largo delle coste israeliane pronte ad entrare in azione se la situazione lo dovesse richiedere.

Il fronte ucraino

Sul fronte ucraino l’armata russa sta tentando una serie di attacchi contro le linee delle forze di Kiev. Zelensky fa fatica a controllare l’intero fronte del fiume Dnepr ad Est nonostante l’annunciata controffensiva  che tarda a manifestare i suoi effetti e nonostante l’avvio anticipato dell’operatività degli F16 e dei sistemi missilistici Atacms a lunga gittata.

Per ora l’unica buona notizia che il presidente  Zelenskyj può vendere come un successo agli ucraini è l’inizio dei negoziati per l’adesione di Kiev alla Ue nonostante il veto dell’Ungheria  che ha gelato l’entusiasmo ponendo il veto a un nuovo pacchetto di aiuti da 50 miliardi di euro per l’Ucraina.

76 paesi all’elezioni nel 2024

Il 2024 potrebbe tuttavia riservare qualche sorpresa che si spera positiva. Sarà l’anno con più elezioni di sempre: 76 Paesi che rappresentano il 60% del pil globale e una popolazione di oltre 2 miliardi di persone. Ma se alcune elezioni hanno già un esito scontato come quelle russe che porteranno in marzo nuovamente alla guida della Federazione russa Vladimir Putin l’attenzione maggiore si concentra inevitabilmente sull’esito della sfida negli Stati Uniti tra Joe Biden e Donald Trump in novembre.

Già in giugno c’è molta attesa anche per l’esito delle elezioni europee che chiameranno alle urne 400 mln di elettori nei 27 Stati membri. Si voterà nel 2024 anche a Taiwan, in Iran Portogallo, India e Regno Unito. Non è mistero se l’attenzione degli osservatori è tutta concentrata su Washington e Bruxelles.

Un maggiore ruolo di Stati Uniti e Unione europea nella crisi ucraina e in quella di Gaza viene sollecitata da più parti ma finora non si è mai andati al di là di generici appelli per risolvere la grave crisi umanitaria a Gaza e per trovare una via d’uscita possibile al conflitto russo-ucraino. 

L’ascesa del Global South

Sembra quasi che Washington e Bruxelles restino condannati a una progressiva irrilevanza nella soluzione delle grandi crisi globali mentre cresce l’attivismo e il ruolo delle monarchie del Golfo (prima fra tutte il Qatar) e dell’Egitto come mediatori riconosciuti per un cessate il fuoco che consenta il rilascio degli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi.

Più in generale è il cosiddetto Global South nella nuova e più larga accezione che sembra assumere un ruolo crescente non più solo per l’aumento progressivo del Pil mondiale che produce (mentre quello del vecchio G7 sta diminuendo) ma per lo spessore politico sempre più marcato e per inedite alleanze che sembrano possibili come quella tra Indonesia e India che metterebbe da parte ogni eventuale conflitto religioso.

Come ha osservato di recente Guido Bolaffi per Fondazione Leonardo “Il Global South è destinato ad essere non una comparsa ma un attore dei futuri equilibri economici mondiali e della grande trasformazione che sta ridisegnando la geografia politica internazionale”. Ecco perché secondo Bolaffi è riduttivo, se non addirittura sbagliato, sostenere che i Paesi del Global South sono reticenti a prendere posizione ad esempio sulla crisi russo-ucraina.

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