Continua l’esodo dei palestinesi dal Nord della Striscia di Gaza e la risposta israeliana ai sanguinosi raid di Hamas. Già in 600mila avrebbero lasciato il Nord per andare al Sud, dopo che lo Stato ebraico ha lanciato il suo ultimatum in vista di un “attacco integrato e coordinato via aria, mare e terra”. Tuttavia, Israele darà il via a “operazioni militari significative” solo dopo che i civili avranno lasciato Gaza: lo ha detto alla Cnn il portavoce delle Forze di Difesa Israeliane (Idf). Israele ha anche smentito la notizia delle bombe sul convoglio palestinese nel “corridoio sicuro”, con vittime donne e bimbi: “Bugie di Hamas”, ha replicato. Intanto, la comunità internazionale, preoccupata che il conflitto possa allargarsi, cerca di contenere la crisi. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken oggi, lunedì 16 ottobre, è in Egitto e domani tornerà in Israele. “Nessuno deve gettare benzina sul fuoco”, ha dichiarato il segretario di stato. Ma gli Usa temono il coinvolgimento dell’Iran – alleato di Hamas e di Hezbollah in Libano – con una possibile escalation. Sul conflitto interviene anche la Cina che chiede “un cessate il fuoco” ma “sostiene i Paesi islamici nella causa palestinese”. E come in tutte le guerre sono i civili innocenti a perdere tutto. Il bilancio dei morti a Gaza è drammaticamente salito a quota 2.750 con oltre 9.700 feriti e 1.000 dispersi sotto le macerie, mentre Israele piange 1.300 morti e 3.200 feriti e 199 ostaggi che si trovano ancora a Gaza. Lo ha reso noto il portavoce militare Daniel Hagari, in una conferenza stampa.
Nonostante Israele abbia ordinato l’evacuazione di oltre un milione di persone dal Nord della Striscia, “non c’è per il momento un cessate il fuoco né l’ingresso a Gaza di aiuti umanitari in cambio della fuoriuscita di cittadini stranieri”, ha dichiarato l’ufficio del premier Benyamin Netanyah commentando notizie diffuse in precedenza circa l’apertura del valico di Rafah (fra Egitto e Gaza) alle 9 del mattino ora locale, le 8 in Italia.
Israele e Libano: cosa sta succedendo?
La tensione sta aumentando pericolosamente anche tra Libano e Israele, dove si moltiplicano gli scontri tra il gruppo paramilitare radicale libanese Hezbollah e l’esercito israeliano. Hezbollah è sostenuto dall’Iran con armi e finanziamenti e sostiene a sua volta numerosi gruppi radicali islamisti, non solo Hamas. Alcuni miliziani del gruppo radicale libanese hanno tentato di infiltrarsi in territorio israeliano e sono stati intercettati, e ci sono stati da entrambe le parti lanci di razzi e missili: Israele ha annunciato che evacuerà tutti i civili che abitano entro due chilometri dal confine con il Libano, per timore di nuovi attacchi. “Abbiamo aumentato le nostre forze al confine settentrionale e rispondiamo in modo aggressivo a qualsiasi attività contro di noi”, ha detto il portavoce dell’esercito israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari aggiungendo che “se Hezbollah osa metterci alla prova, la reazione sarà mortale”. Nel frattempo, il ministro della Difesa Guido Crosetto è preoccupato per il razzo che ha colpito il quartier generale di Unifil a Naqoura, soprattutto per i mille soldati italiani che si trovano al confine tra Libano e Israele. Motivo per cui pensa al ritiro del contingente italiano, come per i carabinieri da Gerico. Ma si attende un accordo con l’Onu per decidere i prossimi passi.
Gaza allo stremo: un milione di sfollati
Migliaia di persone hanno lasciato le proprie abitazioni a Gaza City e si stanno dirigendo nella zona meridionale di questa striscia di terra lunga 40 chilometri abitata da due milioni di persone, mentre “quasi 400mila si trovano in strutture dell’Unrwa”, ha riferito l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa) nel suo ultimo report sulla situazione a Gaza e in Cisgiordania. Un numero spiega l’agenzia, “molto al di sopra della nostra capacità di assistere in modo significativo, anche con spazio nei nostri rifugi, cibo, acqua o supporto psicologico”. Per il quinto giorno consecutivo, “Gaza è rimasta senza elettricità, portando sull’orlo del collasso i servizi vitali, compresi quelli sanitari, idrici e igienici, e aggravando l’insicurezza alimentare”. L’agenzia afferma che 14 membri del suo staff sono stati uccisi, ma “il numero è probabilmente più alto”, e che ci sono 23 segnalazioni confermate di installazioni colpite da attacchi aerei israeliani. E poi la drammatica affermazione: “Non ci sono abbastanza sacchi per i morti a Gaza”.
La Cina chiede “un cessate il fuoco” ma sostiene i Paesi islamici
Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha chiesto ’’un cessate il fuoco’’ sottolineando che israeliani e palestinesi devono tornare al ’’tavolo dei negoziati’’ per ’’evitare un ulteriore disastro umanitario’’. Nel corso di una conferenza stampa congiunta a Pechino con il capo della diplomazia russa Sergei Lavrov, Wang Yi ha aggiunto che ’’il Consiglio di Sicurezza dell’Onu deve agire e le maggiori potenze dovrebbero svolgere un ruolo attivo”. Nel corso di una telefonata avuta con l’omologo iraniano Hossein Amir -Abdollahian, Wang Yi ha però detto che “Israele con le sue azioni è andato oltre l’autodifesa” e che la Cina “sostiene i Paesi islamici nella causa palestinese”.
Sullo sfondo la minaccia iraniana
“Se gli attacchi del regime sionista contro i cittadini indifesi e il popolo di Gaza continuano, nessuno potrà garantire il controllo della situazione e la ‘non espansione’ dei conflitti”, ha avvisato Hossein Amir -Abdollahian durante il suo incontro con l’emiro del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamad Al-Thani. Da qui la cautela degli Usa: Il presidente americano, Joe Biden, ha affermato che Hamas deve essere “eliminato”, ma allo stesso tempo ha avvertito che una occupazione di Gaza da parte di Israele sarebbe un “grave errore” Israele si difenda da Hamas ma poi cercare la strada di uno stato palestinese”.