Saipem e Gruppo Maire, aziende di casa, hanno firmato nei giorni scorsi negli Emirati Arabi Uniti contratti per 18 milioni di euro per estrarre gas. È il più grande contratto sottoscritto con italiani per prendere combustibile ad alte profondità negli Emirati e costruire 300 chilometri di condotte sottomarine. Le due imprese lavoreranno sia onshore che offshore.
È una grande opportunità in quanto la domanda di gas nel mondo è aumentata e i paesi produttori si preparano a rafforzare l’offerta per i prossimi anni. Nuove condotte: gli sceicchi sono della partita, Italia li aiuta. Certo ha poco o nulla a che fare con il Piano Mattei così caro a Giorgia Meloni.
Report IEA: 140 miliardi di metri cubi entro il 2025
Secondo l’ultimo report dell’IEA, la richiesta di gas nel mondo aumenterà di 140 miliardi di metri cubi entro il 2025. Il gas naturale è anche la fonte che accompagnerà la transizione energetica nei paesi industrializzati. Il mix di rinnovabili e fossili è una costante di tutti gli scenari. USA ed Europa sono l’esempio concreto di un’aspirazione green rallentata dalle necessità della grande industria manifatturiera di avere ancora petrolio o gas. Le ragioni di un investimento così grande sono tutte nella dimostrazione di leadership dei paesi “alternativi” alla Russia. L’orgoglio italiano per le tecnologie offerte coincide con una visione complementare a quella only green.
Verso Cop Dubai 2023
Una conferma delle previsioni della domanda di gas si avrà alla conferenza Onu sul clima di Dubai negli Emirati a novembre. L’annuncio verso le imprese italiane è strategico? Ci si affida a chi ha esperienza per avere certezza competitiva nel medio periodo. Secondo molti la conferenza a Dubai è una contraddizione molto seria tra il pianeta da salvare e le ciminiere fumanti come ai primordi dell’industrializzazione. Ma abbiamo già visto come nei summit internazionali vengono gestite le situazioni al limite del paradosso.
È evidente, a questo punto, che tutti i giacimenti di gas noti nel mondo vanno sfruttati. Il contratto delle imprese italiane negli Emirati sono il riflesso di un business incredibile in epoca di transizione energetica.
Lo sviluppo dei giacimenti di Hail e Ghasha è una piccola medaglia che gli Emirati Arabi si mettono al petto, mentre diversificano il comparto energetico. Ad ottobre 2022 hanno assicurato all’Austria 0,1 miliardi di metri cubi di gas liquefatto pari all’1% di tutto il gas consumato nel paese. Nello stesso periodo alla Germania è stata garantita un’eguale fornitura e sempre per sopperire alle importazioni dalla Russia.
Mix energetico a lungo termine
Il ruolo delle fonti fossili in arrivo dagli sceicchi sui mercati internazionali é pressoché stabile. Le nuove forniture assegnano loro un ruolo crescente nella geopolitica perché secondo stime recenti della IEA, negli Emirati Arabi ci sono riserve per sei trilioni di metri cubi di gas. Ciò nonostante non intendono più essere criticati per la decadenza climatica vendendo fonti inquinanti.
In sintesi, loro non fanno altro che soddisfare la domanda globale di energia con ciò che hanno in abbondanza. Chi non farebbe lo stesso? Per questa ragione bisogna tenere alta l’attenzione sul potenziale economico e finanziario. Il motivo? Un paradosso epocale: i paesi che pompano petrolio e gas potrebbero rivelarsi i più efficaci nella transizione assicurando equilibrio alla “miscela“ di energie tradizionali e rinnovabili. Con imprese italiane al centro di un processo non voluto dove eccelle la loro bravura.