C’è un tassello che ancora manca nella composizione degli usi di energia italiani. E’ la certezza della continuità della distribuzione gas nelle città affidata a società concessionarie specializzate. Le concessioni sono in gran parte scadute, in proroga di fatto, con il settore che non riesce ad elaborare strategie di lungo periodo. Le concessioni, attraverso nuovi contratti di servizio, dovevano essere messe a gara per ambiti territoriali (177 in tutta Italia) ma hanno accumulato un ritardo di molti anni. In principio era la riforma generale del mercato del gas, unica in Europa a separare attività commerciali e tecniche. Il tassello che manca vale complessivamente circa 20 miliardi di euro, graffiato per ora dalla sola gara per l’ambito di Milano, aggiudicata ad A2A. I ritardi nel resto d’Italia sono di varia natura. In parte dovuti alla complessa macchina delle procedure necessarie ad espletare le gare vere e proprie.
In questo scenario poco rassicurante per le aziende e il loro indotto, si è fatta avanti l’Associazione dei Comuni, l’Anci. Ha avviato il progetto GareGas Planet, costola del programma europeo Pon Governance. L’Anci Lombardia è stata assunta come punto di riferimento per trasferire sul territorio le metodiche per affrontare le gare competitive. Un sistema che ha già aiutato alcuni Comuni per agevolare sia la parte politica delle amministrazioni che quella tecnico- burocratica. In sintesi – spiega l’Anci – lavoriamo sulla co-progettazione tra Comuni e stazione appaltante delle gare d’ambito per avere efficacia nella raccolta dei dati, nella conoscenza sistematica degli asset e delle implicazioni per i successivi massimi 12 anni di gestione.
Dopo l’esperienza iniziale al Nord, il progetto sta mettendo radici al Sud. Catania, Bari, Pizzo Calabro, Vibo Valentia inizialmente si raccoderanno con Varese ed altre città nel GareGas PlaNet per entrare nel Pon Governance. Un tentativo utile per organizzare le attività, iniziando a stimare il valore economico degli impianti realizzati nel Mezzogiorno grazie agli interventi coordinati dello Stato e di aziende storiche del gas. Si faranno i conti con un piano partito più di trent’anni fa che ha accompagnato la diversificazione delle fonti di energia in questa parte d’Italia, oggi in grado di affrontare le sfide della compresenza tra fossili e rinnovabili. E non è accidentale che l’altro ieri a Bruxelles a margine dell’ennesimo documento M5S sfavorevole al gasdotto Tap, sia stato ricordato che la Commissione europea ha riconosciuto al gasdotto l’aiuto nella ulteriore diversificazione delle rotte di approvvigionamento energetico in regioni vulnerabili come il Meridione in Italia.
Al gas naturale – con un gasdotto transfrontaliero del costo di 4 miliardi di euro – viene riconosciuto un prezioso ruolo nella decarbonizzazione con implicazioni ambientali e di risparmi per famiglie e industrie italiane. Una visione avanzata dei bisogni che dovrebbe accantonare polemiche ed opposizioni, tenendo insieme nell’arco di tempo stabilito a livello europeo, fonti rinnovabili e tradizionali. L’accelerazione dei nuovi affidamenti per la gestione delle reti gas nelle città, non è fuori da questo contesto.